Da Zagabria a Bruxelles: la Croazia è pronta all’Unione Europea?

, di Simone Scannella

Da Zagabria a Bruxelles: la Croazia è pronta all'Unione Europea?

Dopo anni di dubbi e incertezze, la Croazia entrerà a far parte dell’UE. Dal primo luglio 2013, il neo membro dovrà dimostrare di poter intrattenere i giusti rapporti con gli altri Stati europei e di voler continuare a perseverare nel proporre nuove soluzioni alle proprie problematiche interne.

Nazione dalle molte controversie, la Croazia, nel suo cammino verso l’ Unione, ha dimostrato di poter essere una valida aggiunta ai 27 Paesi già membri: dal primo giugno 2004 , vi sono state numerose trattative richieste dall’UE atte a modificare parte della legislazione croata affinché la nazione potesse avere i requisiti adatti per entrare nell’Unione. Sono state varate infatti misure anticorruzione concordate con il Consiglio Europeo. I negoziati hanno avuto esiti positivi, al punto che la Croazia ha collaborato con il Tribunale Internazionale sui crimini nella ex- Jugoslavia (una delle condizioni imposte dall’UE come necessarie per l’adesione): la nazione ha dovuto estradare alcuni cittadini (come il generale Gotovina, nel 2005) e li ha consegnati al tribunale penale.

Inoltre il Paese, spinto anche dall’UE, sta compiendo molti progressi in campo giuridico a favore della protezione delle minoranze: ne è un valido esempio la Riforma della Legge Costituzionale sulle Minoranze nazionali (datata 18 giugno 2010), che conferisce personalità giuridica ai Consigli delle Minoranze nazionali e assicura il diritto di partecipazione politica tramite il principio del doppio voto per i gruppi che rappresentino meno del 1,5% della popolazione. Riforme del genere hanno permesso la formazione di nuovi equilibri politici, avvantaggiando sempre più le rappresentanze delle minoranze, garantendo in maggior misura un sistema politico più democratico.

Gli esiti positivi delle trattative fra l’UE e la Croazia hanno portato al Trattato di Bruxelles (o di adesione) del 2011 approvato e firmato dalle nazioni europee e al referendum di adesione del 2012, il cui quesito è stato accolto con quasi il 70% dei voti a favore. Una buona maggioranza, ma probabilmente non troppo compatta: negli anni l’Europa si è preoccupata delle mosse economiche, sociali e politiche croate; la “piccola” Repubblica di Croazia, per esempio, è decisiva nei rapporti commerciali con gli stati confinanti. Il timore di eventuali azioni sfavorevoli della Croazia erano tali da provocare una possibile “clausola di monitoraggio” pensata inizialmente pre-adesione, poi post-adesione.

Paura per il futuro, paura per un’impossibilità per l’Unione di espandersi a tutti gli Stati dei Balcani occidentali per dei capricci croati. Alcuni Paesi, come l’Italia e la Slovenia, hanno ritenuto inopportuno adottare tali misure di monitoraggio. Molti deputati europei si sono opposti, giudicando questa scelta inappropriata: i requisiti per l’adesione raggiunti, nonostante le grandi difficoltà dalla Repubblica (da quelle economiche a quelle sociali), rafforzerebbero la sua credibilità internazionale.

Le opinioni di Stati come la Germania (che non ha ancora ratificato l’ingresso croato) saranno decisive nel giudizio dei comportamenti da adottare nei confronti della Croazia. Nella speranza che venga raggiunto un verdetto equo nei riguardi della Repubblica di Croazia, si registra la risoluzione dei problemi con la Slovenia, che dovrebbe dipanare gli ultimi dubbi sulla questione.

1. L’autore di questo articolo studia presso il Liceo Da Vinci di Pescara, ed assieme ad alcuni suoi compagni ha collaborato attivamente alla redazione del dossier sull’ingresso della Croazia nell’Unione europea che vi proponiamo su Eurobull.

2. Fonte immagine Commons.wikimedia

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