Chi ha paura della Lega Nord

, di Fabio Ferri

Chi ha paura della Lega Nord

Si potrebbe dire, parafrasando Humphrey Bogart, “è la democrazia, baby, e tu non ci puoi fare niente”, per rispondere a chi definisce sbagliato il voto ai leghisti: ma capire da dove vengono i voti alla Lega significa anche poter neutralizzare eventuali derive di intolleranza, in chiave realmente federalista.

La Lega è l’unico vero partito che ancora esiste in Italia, partito nel senso etimologico del termine: una parte che difende democraticamente alcune idee più o meno popolari, ancorata territorialmente, che ha programmi, progetti ed una visione, o ideologia, pragmaticamente politici. A differenza dei partiti classici è sostanzialmente interclassista. Le ultime elezioni hanno determinato una vittoria della Lega rispetto ad altri partiti più piccoli, ma anche all’interno della sua coalizione visto che l’incremento del PDL non è stato così ampio come per i nordisti di Bossi.

Ma è veramente una questione di Nord contro Sud? Decisamente no; se si analizza a fondo il voto, molti, tanti, troppi, voti sono venuti dal Sud dell’Italia, persino da Lampedusa; e Lampedusa è forse la metafora più esplicativa per capire il voto di alcuni italiani. Un’isola “invasa” dagli stranieri, questa percezione genera un complesso comune a molte isole: sentirsi assediati e lontani da tutto, e questo poi permette a concezioni economiche, ma non solo economiche, quali il protezionismo di andare per la maggiore.

quello alla Lega è stato un voto di pancia, che descrive un’Italia depauperata di una visione costruttiva del futuro

Quello alla Lega è stato un voto di pancia, gli esponenti del partito hanno fatto appello alle paure degli elettori, spingendo verso gli stimoli più bassi, come il razzismo. La recessione economica internazionale, la crisi culturale e sociale dell’Italia assieme alle contraddizioni della politica hanno fatto da accelerante per questo exploit elettorale. La Lega non è solo Bossi, Calderoli, Maroni o Borghezio, sono le persone comuni, cittadini che non si riconoscono più nelle loro città, vittime di una globalizzazione che non riescono ad interpretare. Gli onorevoli di cui sopra, invece di fornire gli strumenti necessari per farlo, si rifugiano in uno pseudo localismo, alzando i ponti levatoi e costruendo muri di cinta.

Questo rifugio nelle paure descrive un’Italia depauperata di una visione costruttiva del futuro. Il coraggio, ha detto qualcuno, non significa non avere paura ma riuscire a superarla. Non si può stigmatizzare la volontà politica di una parte della nazione; pur se non condivisibile è allo stesso tempo comprensibile avere paura delle conseguenze politiche e soprattutto sociali di questa volontà di voto. Il problema, tra i tanti, è che non c’è stata in campagna elettorale una reale alternativa a chi cavalcava l’ansia degli italiani, è mancato chi sapesse spegnere i focolai di intolleranza. E’ mancata una scelta ideologica forte a chi nel buio della notte si spaventa e corre a rinchiudersi in casa, rifiutando il dialogo e incoraggiando la chiusura e l’autarchia.

inconcepibili, oltre che inammissibili, azioni e dichiarazioni a cui ci hanno abituato alcuni esponenti della Lega

Non si può cedere a questi istinti, neanche nei confronti della stessa Lega Nord: si può giudicare il voto ma non averne paura, si deve commentare senza offendere chi per una ragione o l’altra crede in quel voto, rispettarne la volontà. Il rispetto però, come la fiducia, ha bisogno di due poli: è un meccanismo attivo di interdipendenza tra due soggetti; così è lecito aspettarsi da parte di un partito politico cresciuto in maniera considerevole delle responsabilità maggiori, nei confronti dei propri elettori come del resto degli italiani. Sono assolutamente inconcepibili, oltre che inammissibili, azioni e dichiarazioni a cui ci hanno abituato alcuni esponenti del verde partito, poi difesi da altri come slogan coloriti. Inammissibili perché vanno contro alcune leggi dello Stato che dovrebbero governare, inconcepibili perché prive di responsabilità politica: su tutti, come si possa usare la bandiera della Repubblica verso cui si presta giuramento anche come carta igienica è una bella contraddizione.

I punti della campagna elettorale della Lega sono stati sostanzialmente due: federalismo fiscale e una legge contro gli immigrati, in virtù di ciò ha saputo capitalizzare il disagio di un ampio strato di cittadini. Più che un caso la Lega ha messo in campo un progetto politico, non un’idea di federalismo ma piuttosto quella di separatismo, o secessionismo che dir si voglia, visto che non si vuole riconoscere alcun centro o altro potere al di fuori dei propri confini inventati. Questa è una delle peggiori risposte che si possano dare alla glocalizzazione, e se a metterle in pratica sono regioni che dell’export hanno fatto negli ultimi anni il loro modello di benessere, come la Lombardia, oppure il Friuli (Venezia-Giulia) che il multiculturalismo lo ha nel dna sociale, data la sua storia di territorio di confine e di porto levantino, è chiaro che non possa resistere a lungo.

il federalismo è qualcos’altro che costruire recinti intorno al proprio orticello, ma piuttosto è allargarlo condividendo risorse, intelligenze e anche rischi con i vicini

Il buio passerà presto se qualcuno con il coraggio della ragione accenderà un lume, spiegando ad esempio che gli immigrati non sono un pericolo ma una risorsa, o che il mondo è cambiato e che non si può fermarlo per scenderne. Dire che il federalismo è qualcos’altro che costruire recinti intorno al proprio orticello, ma piuttosto è allargarlo condividendo risorse, intelligenze e anche rischi con i vicini. Essere preoccupati è un diritto ma aver paura della Lega è uno sbaglio, si può correre il rischio di una eccessiva chiusura e della fine di qualsiasi dialogo futuro con quegli elettori che non si sentiranno ascoltati da altri se non dal partito padano, e ciò non potrà che rendere ancora più forte quelle ansie e quei timori che ne hanno favorito la crescita.

Dal mare non vengono i saraceni solo per conquistare ma anche per condividere conoscenze e scambiare merci: dal mare si può partire per conquistare e scambiare merci, e se non si aspetta tremanti cercando all’orizzonte di scorgere una vela nera si possono condividere saperi e idee diverse.

Fonte immagine: Flickr

Tuoi commenti
  • su 23 aprile 2008 a 23:05, di ? In risposta a: Chi ha paura della Lega Nord

    ciao ho abbastanza paura della lega nprd e delle sue idee.. sono del sud e questo federalismo nn ci fa bene.. anke con il massimo impegno nn riusciremo a a d accorciare la distanza ke c’è tra il sud e il nord,,

  • su 24 aprile 2008 a 00:07, di Jacopo S. Barbati In risposta a: Chi ha paura della Lega Nord

    Io ho paura della Lega Nord. Tanta. Tantissima.
    Sì, perché il razzismo, il secessionismo nell’Italia del 2008 è palesemente fuori contesto storico. Non può e non deve esistere. E perché l’Italia è un paese multietnico (ciò non toglie che riforme sulla sicurezza e sul controllo degli immigranti siano magari da farsi ancora) e perché l’Italia è un paese unito, dal 1861 ormai. Dividerlo ora sarebbe folle.
    E non venitemi a dire che l’unico obiettivo della Lega Nord è quello di architettare per l’Italia un innocuo sistema federale come quello tedesco. Sono solo dichiarazioni di facciata. Le realtà è che la Lega Nord vuole la secessione: la Padania vs il resto d’Italia.
    Da cosa lo si evince? Dal fatto che si siano dati una bandiera, un inno (che in realtà si riferisce al popolo di Israele – una storia abbastanza diversa dai “padani”), un concorso di bellezza, una rete televisiva, una stazione radio, un quotidiano. Dal fatto che il leader indiscusso del partito, l’On. Umberto Bossi, si reca annualmente a bere l’acqua che sgorga dalle sorgenti del “fiume sacro” della Padania, il Po; che abbia addirittura chiamato suo figlio Eridaneo; che sia stato condannato in via definitiva per vilipendio dopo aver più volte denigrato la bandiera italiana e dopo aver dichiarato di aver ordinato della carta igienica tricolore. Dal fatto che alcuni tra i massimi esponenti del partito, gli Onorevoli Borghezio e Calderoli si siano resi responsabili di atti deprecabili, quali la pulizia di un vagone di un treno a causa della presenza di alcune persone di colore, l’arresto a Bruxelles (dopo aver partecipato a una manifestazione promossa dal gruppo “Stop all’islamizzazione dell’Europa”), la riproposizione in pubblico di vignette satiriche che avevano indispettito il mondo islamico, dichiarazioni del tipo “Il Kosovo si è reso indipendente. Ora tocca alla Padania”, oppure “Libereremo il nostro popolo”. Dal fatto che lo slogan del partito sia “Più lontani da Roma”.
    È una lista esauriente? In realtà ci sarebbe molto altro da aggiungere.
    Farei un esempio: se voi foste il presidente di una società sportiva, assumereste un allenatore che ha dichiarato più volte di odiare la vostra società? Non credo. Eppure con i leghisti sarà così: “alleneranno” l’Italia, ma la odiano. Non la considerano legittima. Per loro, di legittimo, c’è solo lo “Stato padano” che deve rendersi indipendente da “Roma ladrona” eccetera eccetera. Quindi verrebbe da chiedersi: il 38% dei sondrini, e oltre il 30% dei bergamaschi, dei padovani, dei veronesi, trevigiani e veneziani che hanno apposto la loro croce sul simbolo di questi qua, odia anch’esso l’Italia? Parrebbe di sì. Se qualche leghista sta leggendo questo commento, per favore, clicchi su “rispondi all’articolo”, qua in basso, e mi dica, per favore, PERCHÉ odia l’Italia. Io non l’ho mica capito.
    È vero che ci sono parecchi problemi, ma la secessione non li risolverebbe. Anzi. Primo: perché i problemi (droga, prostituzione, criminalità organizzata, etc) sono diffusi sul tutto il territorio nazionale. Mica solo al sud.
    Poi, è vero, c’è da ammettere che magari il meridione è meno efficiente del settentrione. Ma la differenza è minima, l’Italia intera è inefficiente, sostanzialmente. Ma la cosa più importante da sottolineare, è che questa differenza dipende più dal contesto che dalle persone in sé stesse. Io sono abruzzese, e a volte mi è capitato di sentirmi dire “voi siete del sud e non lavorate”. Mica vero. Richiamiamo al sud tutti i lavoratori meridionali emigrati al nord, e vediamo un po’ che faccia farà Bossi quando il “produttivo Nord” si ritroverà senza gran parte della forza lavoro.
    Ma Bossi di certo non è il peggiore in tutto questo. La vera cosa sconvolgente è rappresentata dall’altra faccia della Lega, come ricordava anche l’articolo, gli elettori. E ricordiamo che nelle liste della Lega Nord ci sono candidati nati in Puglia, Campania, Sicilia. Come se un serbo di Priština supportasse gli indipendentisti kosovari.
    E mi (vi) chiedo ancora: come è possibile che un elettore del sud abbia votato per la coalizione del Popolo delle Libertà ben sapendo che quel voto avrebbe contribuito ai due ministeri detenuti dalla Lega Nord? Eppure l’unica regione del mezzogiorno ove la lista capeggiata dal Cavaliere non ha otteno il maggior numero di voti è stata la Basilicata.
    Inquietante.
    Sia chiaro, la secessione non avverrà. Appunto perché è una cosa troppo decontestualizzata. Ma il fatto che esista qualcuno che la riproponga, e che questo qualcuno abbia ricevuto più di 3 milioni di voti, è qualcosa di pericolosissimo.
    Se è vero che «chi è causa del suo mal, pianga sé stesso», prepariamoci a piangere. Tanto.

  • su 26 aprile 2008 a 15:07, di fabio In risposta a: Chi ha paura della Lega Nord

    Sono concorde nello stigmatizzare l’espressione del voto delle ultime elezioni alla Lega Nord, non sono certo soddisfatto nel vedere che tanti, troppi, pensano che la Lega possa concretamente fare del bene all’Italia. La vittoria del Pdl è stata in buona parte ottenuta grazie ai voti dati a Bossi & compagni, è un dato di fatto. Il problemma ora è capire perchè in tanti hanno votato un partito sicuramente xenofobo, probabilmente reazionario che vorrebbe attuare una serie di politiche economiche protezionistiche; io non credo si tratti solamente di uno zoccolo duro che condivide una certa, forzata, identità. In quelle schede elettorali c’è il risentimento per una certa politica e la paura di affrontare le sfide del presente: non si può farne una colpa, bisogna invece arginare queste derive mettendo in campo le migliori intelligenze di cui si dispone. Dire semplicemnete «hanno sbagliato a votare per la Lega» è, a mio avviso, un atteggiamento assai pericoloso: deliggittimare il voto che non si condivide è un gioco al massacro che si potrebbe in ogni momento ritorcersi contro, e, molto più grave, non permette di capire le reali intenzioni di voto dei cittadini. Il futuro è alquanto buio, per l’Italia e per l’Italia in Europa, concordo: ma bisogna aspettare queste scelte future, anche se le premesse le conosciamo, per giudicare. Per questo non mi sembra il caso arrendersi al disfattismo. Chi ha votato per la Lega ha paura, di un’economia sempre più canaglia, dell’invasione di «stranieri», di identità liquide, scendere sullo stesso campo è inutile: si deve combattere la paura non con altra paura, e nemmeno con facili speranze di un domani migliore. Aprendo dei dibattiti in cui onestamente si cerca di capire e si accetta la discussione, non potrà che far emergere le idee migliori. La mia non vuole essere affatto una difesa alla Lega o a qualsiasi altra posizione pre-costituita, semplicemente difendo il diritto di avere paura, con l’intenzione di spiegarmi queste paure per superarle. Mi spiace che nel precedente articolo non sia venuta fuori questa mia intenzione, che continuo a ritenere l’unica possibile per poter veramente cambiare in meglio l’Italia e l’Europa, credo che ci sia bisogno di una reale presa di coscienza e non semplicemente una acquiescenza per poter realizzare quelle riforme necessarie al nostro Paese. E allora che ben venga il dibattito....

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