Eurafrica

Una proposta, una speranza, una realtà

, di Stefano Pasta

Eurafrica

Eurafrica è un nome strano, non usato frequentemente; eppure è un modo semplice per dire che l’Europa non può fare a meno dell’Africa e l’Africa non può vivere senza l’Europa; può sembrare scontato,eppure non è una visione che va che va di moda oggi, anzi.

LA REALTÀ

Da una parte, dopo la decolonizzazione, l’Europa ha preferito ritirarsi e non ha saputo ritagliarsi un ruolo nel nuovo mondo globale. Dall’altra, l’Africa si è trovata sola di fronte all’eredità del colonialismo: così l’indipendenza per molti paesi africani ha finito per significare, soprattutto dopo l’89, l’isolamento e la perdita di rilevanza politica, l’indebolimento dello Stato a vantaggio dell’etnia, l’asservimento a un crudele materialismo e alle logiche del mercato internazionale.

LA SPERANZA

Di fronte a questo Eurafrica è il segno di un’alleanza segnata dalla storia e dalla geografia; è l’intuizione profonda di un futuro comune possibile; è una realtà conveniente se ci si sa investire, se si guardare all’Africa con speranza e non solo come ad un luogo di tragedie planetarie, come le guerre, le carestie, l’Aids. L’Africa è il nostro dirimpettaio sul Mar Mediterraneo, è il nostro vicino di sempre, è un continente ricco di giovani, vera speranza

... Eurafrica è il segno di un’alleanza segnata dalla storia e dalla geografia ...

per l’Europa che invecchia, è un territorio ricco di sogni che potrebbe contagiare quest’Europa arida e rassegnata. Sì, contrariamente a quanto si può pensare, l’Africa è terra di giovani pieni di speranza come Yaguine e Fodè, due quindicenni guineani partiti per l’Europa il 29 luglio 1999 con un appello agli “Illustri Responsabili dell’Europa”: chiedevano di poter studiare, in Africa, per migliorare la loro vita e quella dei loro connazionali. Ma nella nostra Europa sono arrivati solo il loro appello e i loro corpi assiderati: si erano nascosti nel carrello di un aereo ed erano morti a causa del freddo che invade i vani non pressurizzati degli aerei in alta quota. L’Africa è anche la terra di donne con risorse straordinarie come le attiviste di Dream (il programma di lotta all’Aids in Africa della Comunità di Sant’Egidio): sono donne madri malate che mentre si curano danno speranza a tanti, insegnando con la loro testimonianza che essere sieropositivi in Africa non è una condanna a morte e che con l’Aids si può convivere se ci si sottopone al test e alla terapia.

Fingere che i problemi dell’Africa non siano anche i nostri è una finzione pericolosa per entrambi. Spesso sembra più comodo ignorare i problemi dell’Africa: l’Italia è piccola, sovraffollata, ha già i suoi problemi, non può caricarsi quelli degli altri… Eppure questo pensiero comodo ha già contribuito a stragi come la Shoah: così si giustificavano gli svizzeri quando rimandavano indietro gli ebrei condannandoli allo sterminio nazista. Abbandonare l’Africa al suo destino, chiudere le frontiere, isolarsi non è una scelta responsabile: questa strada non fa che accrescere la disperazione di tanti esclusi dal benessere in Africa e rischia di accrescere i flussi migratori in modo realmente insostenibile. Un’ipotesi che costringerebbe sì l’Europa a contrastare l’immigrazione con la forza e a negare se stessa quale terra di democrazia e di diritti. Di questa deriva ci si accorge sempre meno; eppure, man mano che i diritti perdono di universalità, scenda la protezione di cui ognuno di noi può avvalersi di fronte ai soprusi.

LA SPERANZA

Non essere in grado di integrare le forze necessarie a mandare avanti il nostro paese è segno di una grande miopia che oltre a essere politica è culturale. Gli immigrati in Italia sono meno che altrove: a Francoforte, ad esempio, c’è un immigrato ogni tre abitanti. Ciononostante, non si è capaci di dar loro prospettive: li si marginalizza invece che aiutarli a diventare nuovi cittadini, italiani come gli altri ma con origini diverse. È il dramma delle seconde generazioni: quei bambini con il colore della pelle diverso ma che si sentono italiani perché nati e cresciuti in Italia, educati alla nostra lingua e alla nostra cultura. Di fronte a queste problematiche si fa urgente una collaborazione fra tutti coloro che hanno a cuore, se non il destino delle popolazioni africane, almeno l’anima profonda di quel continente europeo da sempre (con i suoi pregi e ai suoi difetti), aperto al mondo e caratterizzato da una democrazia inclusiva, espansiva e attenta ai diritti umani. Vivere Eurafrica oggi vuol dire seguire la crisi in Kenia, Darfur, Zimbabwe e Ciad; le trattative di pace difficili ma che fanno sperare in Nord Uganda; la pace firmata recentemente in Costa d’Avorio, grazie alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio.

... Eurafrica non è una finzione letteraria, è una proposta segnata dal destino ...

È quanto è accaduto all’Università Statale di Milano, Facoltà di Scienze Politiche, il 23 aprile scorso durante l’incontro “Viva l’Africa Viva”. L’incontro è stato promosso dal movimento Genti di Pace-j (il nostro blog è http://mondomisto.blogspot.com, è uno spazio in cui continuare la riflessione su queste tematiche) una rete di opinione che nasce dall’amicizia con molti ragazzi africani, da tante conversazioni in cui ci si è scambiati conoscenze e confidenze, in cui si è vissuta veramente la realtà di Eurafrica. L’incontro è stato l’occasione per parlare dell’Aids in Africa e per mettere in circolo le esperienze e le diverse sensibilità che si sviluppano fra chi decide che l’altro gli interessa. Perché Eurafrica non è una finzione letteraria, è una proposta, un percorso, un destino.

Fonte dell’immagine: Flickr.com

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