L’idea di un grande Piano europeo per lo sviluppo ha a che vedere con quella che è stata definita la necessità di un big bazooka per l’Europa (anche se, in quest’ultimo caso, la tesi era quella di incrementare le risorse a favore dell’EFSF) o, in termini più legati alla letteratura economica, di un Big Push capace di restituire dinamismo ed energia – e dunque capacità di progresso e trasformazione – al sistema economico europeo. Di seguito alcuni effetti auspicabili del Piano:
(1) Inversione delle aspettative: la realtà della stagnazione e della disoccupazione, combinata con le politiche restrittive (la cosiddetta “austerità”) adottate dai governi europei con l’obiettivo di ridurre il rapporto debito/PIL ed i deficit pubblici, hanno generato un clima sociale ed economico pessimistico; l’orizzonte della ripresa appare lontano o assente e questo – insieme alle limitazioni reali del credito alle imprese da parte di un sistema bancario a rischio solvibilità – impedisce la ripresa dell’offerta e, di conseguenza, anche quella della domanda. Il Piano, proponendo una strategia complessiva e sistematica per la crescita, si presenterebbe agli occhi dell’opinione pubblica come un New Deal europeo e, come l’originale progetto statunitense, contribuirebbe a riaprire prospettive positive di redditività degli investimenti e a ristabilire un sentimento condiviso di positività nel futuro.
(2) Effetto moltiplicatore-acceleratore di consumi e investimenti. Connessa al punto (1) è la previsione di un effetto positivo sulla crescita economica, di puro stampo keynesiano, rafforzata dalla considerazione di grandi economie di scala derivanti dall’applicazione dei progetti finanziati dal Piano ad un mercato di dimensioni continentali. Se da un lato sono innegabili la semplificazione che il concetto di moltiplicatore porta con sé ed il rischio sia dell’anticipazione da parte degli agenti economici che del crowding-out dell’iniziativa privata, la tesi a favore di un effetto moltiplicativo del Piano sta proprio nell’analisi delle attuali aspettative negative e nella possibilità di una loro inversione a seguito di un efficace “effetto d’annuncio”, prodotto dal lancio del Piano.
(3) Propagazione dei benefici alle economie circostanti. Rafforzando i fondamentali dell’economia europea, il Piano permetterebbe di mettere in moto processi di sviluppo anche in altre aree del mondo: la sponda sud del Mediterraneo e forse ancora di più i Paesi dell’est e la Russia ad alto potenziale di domanda per i prodotti knowledge-intensive delle imprese europee. Al contrario della logica del beggar-thy-neighbor, il Piano europeo per lo sviluppo sostenibile darebbe uno slancio positivo e reale – non fondato cioè su svalutazioni competitive delle valute – alla ricostruzione della complessa rete di interscambio globale di beni e servizi, colpita duramente dalla crisi economica.
(4) Impulso riformatore: per quanto riguarda gli effetti politico-istituzionali del Piano, l’idea è quella di combattere l’azzardo morale a cui sono oggi sottoposti i Paesi virtuosi come la Germania con un gioco a somma positiva; inoltre, l’onda d’urto provocata dal lancio di un New Deal europeo avrebbe come effetti attesi i) un rafforzamento della necessità di ristrutturare in modo permanente il bilancio dell’Unione in modo da garantire un sostegno continuo agli investimenti continentali, ii) la creazione del primo framework istituzionalizzato di una politica industriale europea unica, dunque di una strategia continentale per la promozione dello sviluppo economico e iii) l’introduzione di nuove fonti di disequilibrio e di conflitto di attribuzione di poteri e legittimità a livello europeo, aprendo la strada per nuove vie di regolazione politica e democratica dei paradossi europei.
Riprendendo il titolo del presente articolo, le “aspettative sulle aspettative”, ovvero gli effetti auspicabili del Piano sull’attuale assetto di atteggiamenti economici, politici e sociali verso il futuro in termini di disincentivo agli investimenti e di impossibilità di finanziamento di politiche per la crescita, sono condivisibili e ben fondati.
Affinché il Piano non si configuri come una generalizzata iniezione di denaro nel sistema economico europeo è però necessario individuare sin dalla fase di proposta e progettazione gli scopi prevalenti ed i settori più meritevoli di beneficiare delle risorse del Piano. Ovviamente, meritevoli è qui inteso nel senso di realistica capacità di alcuni settori e progetti di produrre benefici generalizzati sulla popolazione, di far avanzare la frontiera tecnologica europea e di elevare lo standard di vita dei cittadini tutelando le peculiarità del cosiddetto Modello Sociale Europeo, ovvero la natura di economia sociale di mercato dell’Unione.
Questo contributo rappresenta la seconda parte dell’articolo. Se vuoi leggere la prima parte clicca qui.
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