Il M5S verso le elezioni europee in bilico tra nazionalismo e federalismo

, di Nicola Vallinoto

Il M5S verso le elezioni europee in bilico tra nazionalismo e federalismo

Intervista a Michele Ballerin, militante eurofederalista e saggista, che ha recentemente pubblicato l’e-book ’Gli Stati Uniti d’Europa spiegati a tutti’. Si tratta di una reazione alla video intervista a Nigel Farage, leader dell’UK Indipendence Party e co-presidente dell’ELD (gruppo europeo della libertà e della democrazia), pubblicata sul blog di Beppe Grillo.

[NV] Sono diversi mesi che Grillo e Casaleggio stanno seguendo le evoluzioni di Nigel Farage. A maggio in un’intervista rilasciata all’emittente inglese CNBC Beppe Grillo ha affermato di non aver mai incontrato Nigel Farage ma di seguirlo online. “È uno straordinario oratore - continua il leader del M5S - e usa parole violente al Parlamento europeo. Ha fondato un proprio movimento, che sta andando molto bene. È un vero euroscettico”. E parlando del referendum Grillo ha detto alla CNBC che "Cameron non sbaglia a sostenere un referendum per chiedere se gli inglesi vogliono restare in Europa perché per loro non è conveniente”. E aggiunge “Hanno la loro Borsa, la loro Sterlina, il loro paradiso fiscale; è chiaro che hanno tutto da perdere se restano in Europa”. Ed ora arriviamo all’intervista realizzata dallo staff di Beppe Grillo, che pare una vera e propria scelta di campo. La lunga video intervista al leader dell’UKIP intitolata “La sovranità dei popoli europei” sembra rivelare un patto tra il duo Casaleggio-Grillo e Farage in vista delle prossime elezioni europee. I punti di contatto ci sono: entrambi chiedono il referendum sull’Euro (Farage ha lasciato i Tories per la questione referendum) e mostrano una certa contrarietà rispetto ai diritti dei migranti. Grillo si è espresso più volte contro lo ius soli e Farage vuole ridurre i flussi migratori verso la Gran Bretagna. Tra nove mesi ci saranno le elezioni europee e il M5S deve trovare una sua collocazione tra le famiglie europee. Scartando a priori le due famiglie più grandi (PPE e PSE) che vedono già coinvolti i partiti di governo (PDL e PD) restano i Verdi Europei, la Sinistra Europea e il gruppo Europa per la libertà e la democrazia (EFD). Il gruppo EFD ha due copresidenti: lo stesso Nigel Farage (UKIP) e Francesco Speroni (Lega Nord) che corrispondono alle due delegazioni più importanti del gruppo. Ne fanno parte anche il LAOS (Grecia), il Partito Popolare Danese, il Movimento per la Francia, il SGP olandese, i Veri Finlandesi, il Partito Nazionale Slovacco, e Amo l’Italia di Magdi Allam. La scelta dei Verdi Europei sarebbe in linea con il programma del M5S su ambiente ed energia. Al momento però la bilancia sembra pendere verso l’EFD, che sostiene l’Europa delle Nazioni. Chiediamo a Michele Ballerin quali possono essere le motivazioni di questa scelta.

[MB] Entrare nella testa di Grillo o di Casaleggio è un esercizio per il quale non mi sento qualificato… ma per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, io credo che debba stare molto attento a come si muove sul terreno dell’Europa, perché una presa di posizione sbagliata sulla questione europea potrebbe costituire una gaffe politica semplicemente fatale, un autentico suicidio. La storia non perdona simili errori. Accodandosi a personaggi come Farage il M5S si infilerebbe in un cul de sac dal quale non potrebbe più uscire. Ho l’impressione che la base e gli attivisti del movimento siano in generale più saggi dei loro leader in materia di Europa. Io non credo che la maggioranza dei 5 Stelle sia davvero contraria al progetto europeo. Credo che lo conosca poco – questo sì – e che nutra diffidenza nei confronti dell’euro, soprattutto a causa di una certa pubblicistica di secondo o terz’ordine che impazza sul web. Ma penso che in generale stia ancora cercando di orientarsi in una problematica che è forse la più complessa del nostro tempo, oltre che la più decisiva per la vita politica di qualsiasi nazione europea. Dobbiamo augurarci che faccia la scelta giusta. Quanto alla convenienza della Gran Bretagna a restare nell’UE, noto una strana disinvoltura, sia da parte di Grillo che di Farage, nel negarla. Anche perché l’evidenza dice esattamente il contrario. Lo stesso Cameron ha disposto una verifica sulla questione, e il governo britannico ha prodotto un documento dal quale si deduce che l’appartenenza al mercato unico porta molti più benefici che costi alla Gran Bretagna. In particolare, si è stimato che il PIL britannico debba almeno un 6,5% all’appartenenza all’UE. Stiamo parlando di uno studio commissionato dal leader euroscettico del Partito conservatore. D’altra parte, i laburisti hanno identificato almeno dieci valide ragioni per cui la Gran Bretagna dovrebbe restare nell’UE. Dunque, non si capisce a nome di chi Grillo e Farage affermino il contrario, né su che basi. Certo in Gran Bretagna hanno dei validi alleati, che non perdono un’occasione per attaccare l’UE e mobilitarle contro l’opinione pubblica. Il più agguerrito è il magnate dei media Rupert Murdoch, il quale è un monopolista e fa semplicemente i suoi interessi, un po’ come il nostro Berlusconi.

[NV] Entriamo nel merito dell’intervista a Nigel Farage per provare a smontare alcuni degli assiomi ideologici del leader UKIP, che tanta presa sembrano avere su Casaleggio e Grillo, partendo da un’affermazione che si può certo condividere, ovvero della mancanza di legittimità democratica del mandato di Herman Van Rompuy. Ritieni anche tu che l’unico obiettivo del Presidente del Consiglio europeo sia di “lavorare per l’abolizione degli stati nazionali in Europa” e che sia “uno degli uomini più pericolosi che abbiamo mai visto in Europa da tanti anni"?

[MB] Questa è davvero un’argomentazione tipica dell’euroscetticismo militante, soprattutto nel suo carattere approssimativo e fuorviante. Se il fatto che il Presidente del Consiglio europeo non è stato eletto dai cittadini o dai parlamentari vuol dire che il suo ruolo è illegittimo da un punto di vista democratico, allora non vedo molti governi in Europa che possano dirsi legittimi. In Italia, per fare solo un esempio, né il Presidente del Consiglio né gli altri membri del governo sono eletti. Questo vuol dire che non viviamo in una democrazia? Certamente Farage non vuol dire questo. Ma il punto è che, non dicendo questo, non dice nulla… Il vero problema non è il povero Van Rompuy, i cui poteri tutti sanno essere limitatissimi, per non dire solo apparenti. Esiste un deficit di democrazia in Europa, e i federalisti europei – non gli euroscettici, che vengono buoni ultimi su tutto ciò che riguarda l’Europa – sono stati i primi a denunciarlo. Ma questo problema dipende principalmente dalla debolezza politica del Parlamento europeo, che non ha tutte le prerogative di un parlamento sovrano, pur essendo l’unico organo rappresentativo dell’UE. È l’eccessivo potere del Consiglio europeo (nel quale dominano gli stati più forti, oggi la Germania, e non certo il Presidente) a sbilanciare l’architettura politica dell’Unione a favore dei governi e a scapito del Parlamento e dei cittadini. Ma per uscire da questa situazione si deve superare l’assetto intergovernativo e realizzare quello pienamente federale, nel quale il potere legislativo è detenuto da un parlamento bicamerale che rappresenta i cittadini e gli stati, e che può esprimere un governo politico. Mi sembra che Farage abbia in mente, piuttosto, di sciogliere il Parlamento europeo insieme a tutto il resto dell’Unione, ritornando all’Europa come puro e semplice mercato comune; oppure di uscire semplicemente dall’UE. Ma questo è qualcosa che non si può neppure definire una “politica”: è un atto di distruzione che non dà una sola risposta al benché minimo problema.

[NV] In un altro passaggio dell’intervista Nigel Farage afferma che a volere gli Stati Uniti d’Europa sono una piccola minoranza dei cittadini europei. Ritieni valida questa affermazione anche in considerazione del fatto che sono in aumento in tutta Europa le forze nazionaliste ed euroscettiche? Anche in vista delle elezioni europee è possibile, secondo te, invertire questa tendenza? E come?

[MB] Nessuno può affermare che gli europei non vogliono gli Stati Uniti d’Europa, per il semplice fatto che nessuno glielo ha mai chiesto... I dati dell’Eurobarometro sull’europeismo negli stati dell’UE non suggeriscono affatto che la maggioranza dei cittadini europei è ostile al progetto europeo, ma solo che le politiche deboli e inconcludenti dell’UE nel gestire la crisi hanno accresciuto il numero dei cittadini euroscettici, il che era abbastanza prevedibile. Tutto dipende da che cosa esattamente si vuole “chiedere”. Chiedere se si vogliono gli Stati Uniti d’Europa ha senso a patto di spiegare, prima, che cosa si intende con questa parola e quali potrebbero essere le conseguenze, in termini ad esempio di sviluppo economico. Ora, il punto è che il 95% di coloro che usano l’espressione “Stati Uniti d’Europa” (Farage in testa) non ha la minima idea di che cosa significhi. Per questo, tra l’altro, ho scritto di recente Gli Stati Uniti d’Europa spiegati a tutti: perché mi sono reso conto (con un brivido) che l’opinione pubblica europea si sta presentando concettualmente disarmata all’appuntamento con una scelta storica di proporzioni colossali che non sarà possibile dilazionare ancora per molto: quella tra un’Europa debole, divisa e condannata al declino e un’Europa unita e forte, in grado di ridare un futuro di sviluppo ai suoi cittadini – l’Europa federale. Ciò che le forze politiche potrebbero fare in vista delle elezioni europee del 2014 è presentare un programma di rilancio del progetto europeo, come ha suggerito di recente il presidente francese Hollande: un’agenda per la trasformazione dell’UE in una vera unione politica nel più breve tempo possibile, al servizio dello sviluppo economico e sociale, dell’occupazione, del diritto e della democrazia. Non vedo altra strada. O così, o... Farage, con tutto quello che ne conseguirebbe.

[NV] In che modo, concretamente, pensi che l’Europa potrebbe favorire lo sviluppo?

[MB] Nell’unico modo in cui oggi sarebbe possibile: varando un grande piano europeo di investimenti per mettere in campo un nuovo modello di sviluppo, che sia ecologicamente e socialmente sostenibile. L’Europa potrebbe fare ciò che ai singoli stati è negato, perché potrebbe disporre delle risorse necessarie e impiegarle nei settori strategici dell’economia: energie rinnovabili, nuove tecnologie, infrastrutture materiali e immateriali, formazione e valorizzazione del capitale umano, ambientale e culturale. Le condizioni per riuscirci, però, sono almeno due: che si doti di un governo federale, perché un’Europa intergovernativa non potrebbe mai realizzare un nuovo New Deal, come non avrebbe potuto Roosevelt negli anni Trenta se avesse dovuto affidarsi alla buona volontà dei suoi governatori; e che si dia un bilancio abbastanza consistente (almeno il 5% del PIL rispetto all’attuale 1% scarso) con risorse proprie e la capacità di emettere debito.

[NV] La realizzazione di un New Deal europeo potrebbe consentire all’UE di superare una delle crisi peggiori dopo quella del 1929, e di affiancare alle politiche di sola austerità imposte dai governi con il Fiscal Compact un piano europeo per lo sviluppo sostenibile e per l’occupazione in grado di rilanciare la debolissima economia europea con l’utilizzo di risorse proprie derivanti dalla tassa sulle transazioni finanziarie e dalla carbon tax, e con investimenti garantiti da euro project bonds. Le forze europee genuinamente progressiste si stanno già orientando in questa direzione usando lo strumento dell’ICE (l’Iniziativa dei cittadini europei prevista dal Trattato di Lisbona) per chiedere alla Commissione l’attuazione di un piano europeo straordinario per lo sviluppo e l’occupazione. La mobilitazione di un milione di cittadini europei intorno a questi temi sarà uno strumento importante per battere l’euroscetticismo di chi vuole addebitare tutte le colpe all’UE e per far smuovere i governi sulla strada di un’Europa federale. Nell’intervista rilasciata allo staff di Beppe Grillo, invece, Nigel Farage spara a zero sulle istituzioni europee. In diversi passaggi afferma la necessità di un’altra Europa. Qual è l’Europa a cui pensa il leader dell’UKIP? Potrebbe aiutare i cittadini europei ad uscire dalla crisi in cui ci troviamo?

[MB] Ciò che Farage ha in comune con tutti gli altri euroscettici è l’assoluta incapacità di offrire una valida alternativa al progetto europeo. A che cosa si riduce la sua proposta? “Questo sistema non può essere riformato,” afferma, “è stato scritto e progettato nei trattati proprio per non essere riformato e se ritenete, come me, che quello che vogliamo è un’Europa in cui possiamo commerciare insieme, essere amici, cooperare, non possiamo farlo con le attuali strutture dell’Unione europea, il tutto deve essere sostituito da qualcosa di completamente diverso”. Che cosa, esattamente?... Tutto questo dimostra una mancanza di cultura storica addirittura disarmante. Quello che Farage “vuole” è l’Europa del passato, ciò che abbiamo avuto come minimo dall’epoca di Westfalia e che ha finito per produrre (inevitabilmente) la prima e la seconda guerra mondiale. Se siamo faticosamente emersi da quell’inferno (grazie a uomini come Jean Monnet, davanti al quale ogni europeo dovrebbe togliersi il cappello) ci sono ottimi motivi: preferiamo la pace alla guerra, lo sviluppo alla miseria, la libertà all’oppressione. Farage dovrebbe spiegarci come si potrebbe ottenere un’Europa di nazioni “amiche, che cooperano”: quale miracolo obbligherebbe le nazioni europee ad andare d’amore e d’accordo, se non hanno mai saputo farlo nella loro storia prima della nascita delle comunità europee? Farage non ha nessuna risposta. La risposta, l’unica possibile, è quella che diede Monnet: mettere in comune la gestione delle risorse fondamentali obbligherà le nazioni europee a cooperare amichevolmente. E così è stato. Ogni altro tentativo sarebbe illusorio. Gli interessi delle nazioni europee non potranno mai collimare del tutto, ogni genere di conflitto sarebbe inevitabile e il risultato, in assenza di autorità sovranazionali in grado di impedirlo, sarebbe la guerra. Abbiamo già vissuto il fallimento della Società delle Nazioni, e nessuno, tranne forse il signor Farage, vuole tornare agli anni Trenta del secolo scorso. Perciò, prima di riavvolgere sessant’anni di storia europea pensiamo bene a che cosa ci porterebbe. Solo gli sciocchi non imparano dall’esperienza.

[NV] Proseguendo nell’intervista Nigel Farage afferma che “il nuovo muro di Berlino è di fatto l’euro”, e rincara la dose dicendo che “il nord e il sud dell’Europa sono irriconciliabili nell’unione economica monetaria”, azzardandosi a prevedere l’impossibilità politica degli Eurobond. Ritieni corretta l’interpretazione dell’Euro come nuovo fattore di divisione del continente europeo, avvalorando così la necessità avanzata da alcuni economisti di due valute per la zona euro, oppure esistono altri fattori che non consentono all’UE di avanzare verso l’integrazione politica?

[MB] Il tema dell’euro è in assoluto uno dei più fraintesi nel dibattito pubblico, specie in quello che ha luogo quotidianamente sui social network. L’euro è un problema e un fattore di divisione perché non ha alle spalle un governo federale e democratico e un bilancio federale adeguato. E’ la mancanza di un’Europa compiutamente federale a farne un vincolo doloroso per gli stati economicamente più deboli. Se l’euro fosse inserito in un quadro politico federale non rappresenterebbe un problema per i cittadini europei più di quanto il dollaro lo rappresenti per i cittadini americani: gli stati finanziariamente in affanno, che condividendo la moneta non possono ricorrere al trucco della svalutazione (perché la svalutazione non è che un trucco), sarebbero soccorsi dal bilancio federale, come avviene in tutte le federazioni. Nessuna Grecia fallirebbe con esiti disastrosi, come non lo hanno fatto la California e l’Illinois. È semplice, tutto sommato. È l’uovo di Colombo. Completa la costruzione europea e l’euro sarà un punto di forza e un vantaggio per tutti. E’ la posizione in cui ora l’Europa si trova, a metà strada tra l’associazione di nazioni sovrane e la creazione di una vera federazione, a generare tutti i suoi problemi, perché le impedisce di ricorrere agli strumenti della politica e di realizzare tutte le sue potenzialità, che sono immense. Un’Europa federale sarebbe più forte e più ricca degli Stati Uniti d’America. I suoi cittadini, ma soprattutto i suoi governi, devono solo avere l’accortezza di capirlo.

[NV] Ormai non ci sono elezioni nazionali ed europee che non mettano al centro il tema del futuro politico del Vecchio continente. La crisi dei mutui subprime sembra aver giocato un ruolo in questa nuova fase. Volenti o nolenti, europeisti o nazionalisti, i partiti non possono più negare il ruolo dell’Unione europea.

[MB] Con l’Europa succede in effetti una cosa strana. Per sei decenni il progetto europeo è andato avanti per la sua strada nel disinteresse e nella disinformazione generali. Fino allo scoppio della recessione – dunque fino a pochissimi anni fa – se ne parlava il meno possibile e solo pochi specialisti se ne occupavano. Ma la crisi ha portato l’Europa alla ribalta, e da un giorno all’altro tutti hanno preso a occuparsene. Il risultato è che il più delle volte lo si fa senza sapere bene di che cosa si sta parlando. È inevitabile: dipende dall’estrema complessità del tema, che richiede un approccio fondato su solide conoscenze e su un’altrettanto solida prospettiva storica. Chi è più qualificato a parlare di Europa oggi sono i federalisti europei, per il semplice fatto che se ne occupano, estesamente e intensivamente, dalla bellezza di settant’anni. Il Movimento federalista europeo fu fondato nel 1943 da Altiero Spinelli e altri antifascisti italiani, e da allora non ha cessato di esplorare tutte le implicazioni del tema europeo, e soprattutto le enormi potenzialità che contiene.

[NV] Concludiamo questa carrellata sull’intervista rilasciata allo staff di Beppe Grillo con la domanda sulle prossime elezioni europee, in cui Farage afferma che sarà importante il giudizio degli europei sull’euro e auspica una grande alleanza di tutte le forze euro-scettiche pro-democratiche che vogliono poter dire la loro sul processo europeo, a cominciare da un referendum sull’euro. In questo passaggio è chiaro l’invito del co-presidente dell’EFD al M5S. Cosa ritieni di poter dire a quei militanti del M5S - penso ad esempio al gruppo Meet up Europa a 5 Stelle - che sono favorevoli a una Europa diversa da quella attuale, ma sinceramente democratica e federalista, e che sono contrari alla deriva nazionalista impressa da Casaleggio e Grillo? Invece che guardare in Europa al leader nazionalista e populista Nigel Farage i pentastellati potrebbero entusiasmarsi per un altro leader, europeista e federalista, come Daniel Cohn Bendit (vedi l’intervento di Daniel Cohn Bendit al Parlamento europeo sulla crisi greca) e prefigurare un avvicinamento del M5S ai Verdi Europei il cui programma ha molti punti in comune con le richieste della formazione politica di Grillo in campo ambientale ed energetico. La collocazione europea del M5S non è stata ancora decisa e sarà oggetto di una discussione, speriamo approfondita, tra gli attivisti a 5 stelle. In fondo si tratta di capire se “la sovranità dei popoli europei”, riprendendo il titolo della video intervista a Farage, possa essere recuperata con un’Europa delle Nazioni oppure con un’Europa federale.

[MB] Sono perfettamente d’accordo. Il grande equivoco circa la sovranità nazionale è che gli euroscettici credono che sia stata “scippata” dall’Europa, mentre la verità è che è stata scippata dalla storia. È la globalizzazione, bellezza... È il XXI secolo. Adesso l’unico modo di recuperarla è condividerla mettendo in comune le risorse politiche, economiche e sociali degli stati europei, quel gigantesco capitale che aspetta solo di essere messo a frutto, e che può esserlo solo se si scommette sull’unità. Chi si aggrappa all’idea ormai obsoleta della sovranità nazionale assoluta mi fa pensare al naufrago che va a fondo pur di non mollare il malloppo: perché in entrambi i casi si tratta di capire quali sono i nostri veri interessi e qual è il modo migliore per tutelarli; e, in entrambi i casi, ne va della nostra vita... Nutro anch’io la speranza che il M5S alla fine faccia la scelta giusta, voltando le spalle alla visione miope e suicida di un Farage e abbracciando, piuttosto, quella costruttiva e lungimirante di un Cohn-Bendit. Anch’io penso che la giusta collocazione europea dei 5 Stelle sia con i verdi europei. Non vedo alternative ragionevoli. Nigel Farage? Non posso credere che stiano per prendere un granchio così grosso...

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