Il Quirinale parlerà europeo?

I profili dei «papabili» preparati da Eurobull

, di Claudia Muttin, Giulia Spiaggi, Jacopo Barbati, Matteo Sabini

Il Quirinale parlerà europeo?

In occasione dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, vi proponiamo una rassegna dei profili di alcune delle personalità che potrebbero essere chiamate a ricoprirne il ruolo. Potrete leggere una breve descrizione dei “papabili” e soprattutto una presentazione delle loro opinioni in materia di Europa politica.

GIULIANO AMATO (Torino, 13 maggio 1938)

Presidente del Consiglio dei Ministri dal giugno 1992 all’aprile 1993 e dall’aprile 2000 al giugno 2001, Ministro del Tesoro nel biennio 1987-1989 e dell’Interno nel biennio 2006-2008, Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato dal 1994 al 1997. Socialdemocratico esponente di spicco del Partito Democratico. Nel gennaio del 2002 è stato nominato vicepresidente della Convenzione europea, all’interno della quale ha manifestato tendenze più europeiste che federaliste. Gli ultimi anni sono invece stati segnati da quello che appare come un deciso cambio di rotta, un ripensamento delle proprie opinioni sull’architettura istituzionale europea. Alcune sue recenti prese di posizione ben trasmettono il suo ritrovato spirito federalista: “L’errore supremo dell’Europa è stato aver fatto la moneta unica senza la federazione tra gli Stati, rimanendo un ibrido che oggi non piace e non serve quasi a nessuno e che è capace solo di dettare politiche di austerity che impediscono la crescita" [1], e ancora “l’euro poggiato sul coordinamento intergovernativo dei bilanci nazionali è intimamente fragile e dobbiamo trovare il coraggio di ancorarlo a un bilancio federale europeo (…) Una situazione del tutto nuova rispetto al passato, perché trasforma quello che era un tempo l’ideale dei visionari alla Spinelli in una necessità tanto ineludibile quanto conveniente” [2].

EMMA BONINO (Bra, 9 marzo 1948)

Commissario europeo per gli aiuti umanitari e per la tutela dei consumatori dal 1995 al 1999, Ministro del Commercio Internazionale e delle Politiche Europee dal 2006 al 2008. Leader dei Radicali Italiani, attiva promotrice della lotta per i diritti umani su molteplici fronti. Il suo profilo personale, la sua storia politica ed il suo operato quotidiano – il suo pensiero e la sue azione – valgono ad ascriverla tra i più preziosi alleati del federalismo organizzato. Ha in più occasioni esplicitato le proprie convinzioni sul futuro politico dell’Europa: “Non è meglio allora passare a un governo politico a livello federale, a Bruxelles, con un mandato e dei poteri definiti e circoscritti per legge? Un governo cui tutti hanno ceduto un pezzo della propria sovranità su un piede di parità, che può tassare e spendere cifre non enormi – una “Federazione leggera” – ma significative. Sono ormai sessant’anni che l’Europa elude la soluzione del suo problema politico” [3], “Penso che ritenere lo stato nazionale come l’unico contenitore possibile entro il quale esercitare la democrazia sia un grande abbaglio, oltre che un’affermazione antistorica” [4], e ancora “La domanda oggi non è più tanto se l’Europa federale sia l’unica via d’uscita. La domanda oggi è: quanto manca all’Europa federale?” [5].

ANNA MARIA CANCELLIERI (Roma, 22 Ottobre 1943)

Entra nel 1972 nell’amministrazione del Ministero dell’Interno. Viene nominata prefetto nel 1993. Nel 1994 ricopre l’incarico di commissario straordinario a Parma. Nel corso della sua carriera è stata prefetto di Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania, Genova, Parma e Bologna. Nel 2011 è stata nominata Ministro dell’Interno con il governo Monti. Le posizioni espresse in Europa dal ministro si sono finora limitate alla richiesta di un maggior impegno comune dei paesi dell’Unione sul fronte del problema dell’immigrazione. Il ministro considera inoltre fondamentale rafforzare la collaborazione e le politiche europee di sostegno ai paesi dell’altra sponda del Mediterraneo. Le sue posizioni e dichiarazioni non sono mai andate oltre l’ambito comunitario, non esprimendosi né a favore né contro una piena integrazione politica dell’Europa.

GIOVANNI “GIANNI” LETTA (Avezzano, 15 aprile 1935)

Laureato in giurisprudenza, all’attività forense preferisce il giornalismo. Collaboratore de “Il Tempo” sin dal 1958, nel 1973 ne assume la direzione, che lascerà nel 1987 per occupare ruoli dirigenziali per il gruppo Fininvest. Si guadagna così la stima di Silvio Berlusconi, che lo vuole con sé nella propria esperienza politica: Letta diviene infatti Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, carica che mantiene in tutti e quattro i Governi presieduti finora dal Cavaliere, che nel 2006 lo propone come Presidente della Repubblica. Difficile tracciare un profilo sulle attitudini europeiste di Letta, dato che durante i suoi mandati la sua attività si è concentrata più sui rapporti tra il Governo e il Presidente della Repubblica (ricevendo il plauso di Giorgio Napolitano) e sui rapporti tra il Governo italiano e quello statunitense (nel maggio del 2005 a preso parte al controverso colloquio tra le autorità statunitensi e quelle italiane sull’omicidio di Nicola Calipari).

MILENA JOLE GABANELLI (Nibbiano, 9 giugno 1954)

È una giornalista e conduttrice televisiva. Attraverso la trasmissione «Report» (a cui è approdata dopo una lunga carriera, durante la quale ha ricoperto anche il ruolo di inviata di guerra in più Paesi) ha raggiunto la popolarità tra il grande pubblico ed è da molti anni impegnata in prima linea per la promozione e la tutela dei diritti dei cittadini, del «buon governo», della trasparenza e della legalità. Le «quirinarie» del Movimento 5 Stelle l’hanno scelta come primo nome da far sostenere ai propri parlamentari in fase di elezione del Presidente della Repubblica. Barabara Spinelli ha sostenuto che «è chiaro che non sarà lei il Presidente della Repubblica» ma ha anche dichiarato: «ha una storia di assoluta indipendenza nell’informazione ed essendo la crisi dell’informazione al centro della crisi della democrazia in Italia mi sembra un segnale molto forte» [6]. Milena Gabanelli si è occupata di Unione europea, ma mai con un approccio «politico», dunque non è semplice ricostruire la sua posizione in tema di Europa politica e federalismo.

FRANCO MARINI (San Pio delle Camere, 9 aprile 1933)

Si laurea in giurisprudenza ed è attivo nelle ACLI e nella CISL, della quale diventa Segretario generale nel 1985, ricoprendo tale incarico fino al 1991, anno in cui viene nominato Ministro del Lavoro nel settimo governo Andreotti. Da questo momento in poi riveste un ruolo di primo piano inizialmente nella DC, nel PPI – del quale è segretario dal 1997 al 1999 – ed infine nella Margherita (esperienza durante la quale si oppone alla proposta di Prodi per la creazione di un’unione dei partiti del centrosinistra italiano). Nonostante le divergenti opinioni, è proprio in concomitanza con il governo Prodi che, nel 2006, diviene Presidente del Senato e poi entra a far parte del Partito Democratico, di cui è ancora oggi un’esponente di rilievo. Alle ultime elezioni, Marini è stato uno degli esclusi più illustri: la sconfitta del PD nella circoscrizione abruzzese del Senato, infatti, non ha permesso la sua rielezione a Palazzo Madama. È stato parlamentare europeo dal 1999 al 2004 e ad esclusione di qualche dichiarazione pronunciata da Presidente del Senato, nella quale si rimarcava l’importanza della creazione dell’Unione con l’auspicio di un rafforzamento del suo ruolo politico [7], si hanno scarse tracce del suo pensiero europeista.

ROMANO PRODI (Scandiano, 9 agosto 1939)

Laureato in giurisprudenza ma specializzato in economia – con studi alla London School of Economics – materia nella quale intraprende la carriera accademica. Nel 1978 Andreotti lo chiama a ricoprire, per pochi mesi, il ruolo di Ministro dell’industria nel suo quarto governo. Dal 1982 al 1989, e poi nel 1993 e 1994, è alla guida dell’IRI, del quale avvia un massiccio ciclo di privatizzazioni. Nel 1995 crea il movimento de L’Ulivo, l’unione progressista tra il PDS, il PPI ed i verdi, con il quale vince le elezioni nell’anno successivo. Il suo governo, ricordato per gli sforzi compiuti dall’Italia per entrare nell’euro, dura però solo fino al 1998; tornerà a Palazzo Chigi nel 2006, guidando ancora una coalizione fondata sui valori de L’Ulivo, sulla base dei quali promuoverà la nascita del Partito Democratico. Anche questa esperienza di governo si conclude prima del termine naturale della legislatura, nel 2008, a causa delle frizioni tra gli alleati della coalizione. Dal 2008 presiede il gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa. Tra i “papabili” per il Quirinale, è forse quello che più ha avuto a che fare con le istituzioni europee: è stato infatti Presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004, il periodo in cui è entrato in circolazione l’euro, si è verificato il più grande allargamento dell’UE ed è stata firmata la “Costituzione europea”. Strenuo sostenitore di una maggiore integrazione politica, Prodi si è distinto anche per aver sempre difeso la scelta di adottare la moneta unica, auspicando anzi più solidarietà tra gli Stati ed ammonendo la Germania per il suo comportamento rigido nei confronti dei membri in difficoltà.

STEFANO RODOTÀ (Cosenza, 30 maggio 1933)

Deputato nel 1979 come indipendente del PCI e membro della Commissione Affari Costituzionali. Rieletto nel 1983 diventa presidente del Gruppo Parlamentare della Sinistra Indipendente. Deputato per la terza volta nel 1987, confermato nella commissione Affari Costituzionali. Diventa il primo presidente del Partito Democratico della Sinistra. Nel 1992 torna alla Camera dei deputati con il PDS e diventa Vice Presidente della Camera. Dal 1983 al 1994 è stato membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Nel 1989 è stato eletto al Parlamento europeo. È tra gli autori della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Convinto europeista sostiene che «L’Europa non può essere ridotta alle sole politiche dell’economia», ma deve impegnarsi nella difesa dei diritti sociali dei suoi cittadini (infatti l’Europa costituisce un modello sociale dei diritti per il resto del mondo quindi deve tutelarlo maggiormente). Critico verso l’atteggiamento europeo dell’Italia che «politicamente non attribuisce all’Europa il valore che meriterebbe» con il conseguente allontanamento dei cittadini dalle istituzioni europee. Dal punto di vista federalista sostiene la necessità di dotare l’Unione di una Carta Costituzionale ma ritiene sia «faticoso il percorso di costruzione di un soggetto politico davvero unitario».

GUSTAVO ZAGREBELSKY (San Germano Chisone, 1 giugno 1943)

Dopo la laurea in giurisprudenza si afferma come giurista costituzionalista. Docente di diritto costituzionale presso le Università di Torino e di Sassari, nel 1995 viene nominato Giudice della Corte Costituzionale dall’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, rivestendo anche l’incarico di Presidente della Corte nel suo ultimo anno di mandato, il 2004. Zagrebelsky si occupa anche, come giurista, delle istituzioni europee e della possibilità della creazione di una Unione federale e della sua Costituzione. Autore, nel 1979, con altri, dell’opera «Parlamento europeo, forze politiche e diritti dei cittadini», in tempi più recenti approccia questioni molto prossime a quelle dei federalisti europei, pubblicando e curando opere come «Diritti e Costituzione dell’Unione europea» e «Il federalismo e la democrazia europea», dove viene dato ampio spazio alle teorie federaliste.

Questo articolo è stato redatto per Eurobull da: Jacopo Barbati (profili di Gianni Letta e Gustavo Zagrebelsky), Claudia Muttin (profili di Giuliano Amato, Emma Bonino e Milena Gabanelli), Matteo Sabini (profili di Franco Marini e Romano Prodi) e Giulia Spiaggi (profili di Anna Maria Cancellieri e Stefano Rodotà).

Fonte immagine Commons.wikimedia

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