La Grecia siamo noi!

, di Antonio Longo

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La Grecia siamo noi!

Ci sono momenti in cui dobbiamo interrogarci non come italiani, francesi, tedeschi, spagnoli ….., ma come europei.

La crisi drammatica della Grecia ce lo impone.

La Grecia non deve uscire dall’Euro, una scelta storica fatta per rendere irreversibile il processo di unificazione europea, per avviarlo verso l’unità politica.

Se cade un qualsiasi Paese vuol dire che l’Europa non è più un progetto politico, ma solo una scelta di mercato.

Se cade la Grecia, cade anche un simbolo: la Grecia è stata la culla della democrazia politica, elemento fondativo della civiltà europea.

La rappresentazione del ‘problema Grecia’ effettuata dalla politica e dai media è stata fuorviante. Il debito pubblico greco era inizialmente alto in termini percentuali, ma, date le dimensioni del Paese, sarebbe stato tranquillamente gestibile se, all’inizio della crisi, i governi nazionali avessero prontamente risposto con la creazione di un’unione fiscale che affiancasse quella monetaria (un governo europeo dell’economia accanto alla BCE).

Ma essi, guidati dal direttorio Merkozy, non hanno voluto rinunciare al feticcio della ‘sovranità nazionale’ in campo economico ed hanno mantenuto la logica (tipica del FMI) del ‘prestito al Paese in difficoltà’, senza alcuna garanzia europea. Di conseguenza, i mercati hanno decretato che il debito pubblico dei Paesi mediterranei non era più ‘credibile’ ed hanno preteso rendimenti sempre più alti. Ciò ha reso sempre più problematico il rimborso del debito, ha strozzato l’economia reale, innescando una recessione senza fine nei nostri Paesi. E contemporaneamente i capitali si sono trasferiti dal sud al nord Europa, verso i Paesi ritenuti credibili. La ‘guerra del debito’ altro non è che una lotta tra Stati volta a reperire le risorse per finanziare la propria spesa pubblica.

Occorre cambiare strada, subito. Con l’obiettivo di giungere nell’immediato ad una finanza federale europea, come fecero gli americani all’inizio della loro rivoluzione, consolidando i debiti degli stati membri. A tal fine e contro la logica e la politica fallimentare imposta dal Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione devono proporre e chiedere l’emissione di titoli europei di debito (eurobonds) in sostituzione di una parte dei titoli di debito nazionale (ad esempio, quella eccedente il 60% del rapporto debito/PIL) e garantiti dai Paesi dell’Eurozona, in forma solidale.

Una precisa manifestazione di volontà politica in tal senso determinerebbe:

a) un’immediata riduzione dei rendimenti dei titoli nazionali di debito, allineandoli gradualmente su quelli del bund tedesco, esattamente come avvenne all’epoca con il tasso dell’euro, che si posizionò presto su quello del D-mark

b) elezioni normali in Grecia, senza il dramma dell’alternativa «subire o uscire», cosa che alimenta la spaccatura del Paese e favorisce le forze nazionaliste ed antidemocratiche

c) la creazione di fatto di un governo europeo in campo economico, cosa che renderebbe inevitabile la richiesta di una sua legittimazione democratica, già con le prossime elezioni europee del 2014.

La responsabilità e la gestione della crisi non può più essere lasciata solo nelle mani dei governi nazionali. Occorre chiedere con forza all’istituzione europea che rappresenta i cittadini (il Parlamento europeo), all’istituzione europea dotata di poteri esecutivi (la Commissione europea) ed ai governi più responsabili di avviare un nuovo corso per giungere ad un governo federale europeo.

Tornare all’Europa pensata a Ventotene, per battere il rischio di una frantumazione dell’Unione.

Di fronte alla paura del futuro invochiamo la forza dell’Unione, della democrazia sovranazionale e la concretezza della solidarietà.

Per far nascere, accanto alla democrazia nazionale, una nuova forma di democrazia: quella europea.

Immagine: il Partenone. Fonte: Flickr

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