La crisi libica, la NATO, e la politica estera europea

, di Federico Chiopris

La crisi libica, la NATO, e la politica estera europea

È sotto gli occhi di tutti che la tragica vicenda libica sta assumendo, nel Vecchio Continente, contorni grotteschi. La coalizione dei “volonterosi” è infatti sembrata più un’accozzaglia di alleati di fresca creazione che un gruppo di Stati che da 60 anni condividono l’esperienza di un alleanza politico-militare.

I francesi, con la loro notoria spocchia, prendono l’iniziativa e calcano la mano, gli USA intervengono perché proprio devono, gli unici che noncuranti sparano Cruise senza battere ciglio sono gli Inglesi, l’Italia non sa probabilmente neanche da che parte stare(bbe), la Germania addirittura pone le sue navi sotto proprio comando tedesco, ritirandole dalla coalizione.

Era stato paradossalmente preveggente il belga francofono Jean Thiriart, fondatore nei primi anni ’60 della Jeune Europe, movimento nazional-europeista, nato di estrema destra ma che allo scioglimento vide i suoi membri riconciliarsi con i loro “colleghi” eurocomunisti, tantoché alcuni dei suoi membri italiani aderirono addirittura alle Brigate Rosse. Quelli che per intenderci hanno introdotto la celtica come simbolo politico, prima che gli ultras neofascisti se ne appropriassero (indebitamente, a questo punto). Il programma della Jeune Europe sul punto era molto semplice: scioglimento contemporaneo di NATO e Patto di Varsavia, al fine di dare il via ad una Grande Alleanza Europea che avrebbe portato alla creazione dello Stato Europa, indipendente, “terzo”, svincolato dalle due grandi potenze del tempo, USA e URSS. Quello di cui avremmo bisogno oggi.

La crisi libica, e la sua pessima gestione da parte europea, hanno evidenziato l’inadeguatezza della struttura NATO ad assolvere compiti di questo tipo, perlomeno quando in gioco ci sono interessi europei. Al di là della facile constatazione del venir meno oggi, caduto il Muro, della necessità della NATO stessa, intesa come patto di reciproca difesa ed alleanza, si noti che con la sola eccezione del Kosovo nel ’99 la Nato altro non è servita negli ultimi 20 anni che, di fatto, a coordinare in larga parte le esperienza belliche americane, in cui gli alleati europei spesso più nolenti (o comunque per sentito dover morale) che volenti, hanno partecipato.

La frammentazione delle posizioni dei vari governi europei infatti giunge proprio nel momento più sbagliato. Questa guerra, perché è ipocrita non chiamarla così, non si combatte dall’altra parte del mondo, in Iraq o in Afghanistan, ma proprio dietro casa. O, senza esagerare, in casa. Non dimentichiamo infatti che il Mediterraneo, nonostante la globalizzazione, rimane comunque un’opzione importante e irrinunciabile per il Vecchio Continente.

I personalismi che abbiamo visto in questi giorni trasmettono all’opinione pubblica l’idea di un’Europa tutt’altro che unita, anzi quasi più simile a quella ringhiosa dei primi anni ’20, quando i malumori postbellici inter nationes s’erano tutt’altro che eclissati. E se l’opinione pubblica (i.e. il popolo europeo) perde quest’idea di Europa, il Continente è spacciato. Spacciato, perché è impensabile che Francia, Italia, Regno Unito, Germania come singoli stati siano in grado di affrontare la sfida del futuro (già) globalizzato. Sarà a partire dalla propria politica estera comune che l’Europa costruirà se stessa come un soggetto finalmente credibile sul piano internazionale, senza doversi inchinare innanzi alla potenza di turno (oggi gli USA, domani la Cina, dopodomani chissà). Gli Stati Nazionali europei sono ormai relativamente troppo deboli politicamente per pensare di poter ambire ad una sorta di «autogestione».

Una politica estera unitaria, attenta agli equilibri della nostra zona, fedele osservatrice e obliteratrice dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ma anche attenta allo

...l’inadeguatezza della NATO...

sviluppo e alla prosperità dei suoi cittadini in primis. Una politica estera dunque che sia capace di difendere gli interessi del continente rispetto ai “grandi” che si fanno sempre più insidiosi, ma che al tempo stesso saprà diffondere i suoi valori e le sue idee, per mantenere la tanto auspicata pax mundi. Da qui discende l’ovvia inadeguatezza della NATO a svolgere questo ruolo, alleanza di molteplici stati ma fortemente sbilanciata verso gli USA, che spesso hanno dimostrato di voler usare la mano pesante quando a loro faceva comodo, e, per dirla tutta, all’Europa poco tornava, nonostante la (quasi) cieca obbedienza.

Il nostro continente si trova davanti ad un bivio: continuare nel suo poco lungimirante andare al seguito della potenza americana, sempre più distante (specialmente dopo le presidenze Bush) dagli ideali, valori, idee, modelli socio-economico-culturali che hanno animato e continuano ad animare le nostre terre, o decidere

...l’Europa al bivio...

di riprendere in mano la bussola, e, Uniti nelle diversità, immettersi su un cammino che la riporti al ruolo di “faro” del c.d. modello occidentale. Potrà cosi porsi come unico interlocutore credibile agli occhi del mondo, senza aver nulla da temere né da invidiare all’Obama o allo Hu Jintao del momento.

Fonte dell’immagine: World Wide Web

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Tuoi commenti
  • su 30 marzo 2011 a 10:37, di Gabriele In risposta a: La crisi libica, la NATO, e la politica estera europea

    Sono parzialmente d’accordo, nel senso che vedo la tua riflessione come una lungimirante e affascinante utopia. L’Europa non è autosufficiente dal punto di vista politico, non è autosufficiente dal punto di vista economico, non ha una uniformità di culture (e di cultura) come succede negli Stati Uniti, dove la storia dei popoli non esiste, o in Cina, dove la storia dei diversi popoli è offuscata dal potere centrale. Al giorno d’oggi, l’istituzione UE è, a mio parere, abbastanza inutile, per lo meno per l’applicazione che si è fatta di un concetto nobile e molto avanzato; questo perchè avere una politica monetaria comune è una cosa buona, ma non basta ad unire nazioni in una singola entità. Il sogno europeo è molto bello, ma andando avanti così fra 50 anni saremo a parlare delle stesse cose: del concetto di Europa unita che è difficile da realizzare, del fatto che dovremmo unirci per contrastare economicamente gli altri fronti (Cina, USA, ASEAN, India), del problema di unire popoli con culture diverse... del fatto che non ci si può svegliare in un giorno a caso e iniziare a staccarsi dai propri partner commerciali principali, tenendo conto del fatto che il nostro peso politico internazionale è pari a zero, in quando veniamo molto spesso spontaneamente tagliati fuori da discussioni di grande importanza (è recente l’autoesclusione da un gruppo di discussione sulle reazioni ad una Unione Asiatica, a cui hanno partecipato Cina, India Giappone, Australia e USA, ma non la EU perchè non ha dimostrato alcun interesse in proposito). Detto questo mi sembra assolutamente intelligente dire che la guerra di Libia poteva essere condotta in modo diverso, ma non credo che si arriverà a breve ad una Unione politicamente rilevante.. fino a che non si tolgono sti ruderi pre-bellici dall’ambiente politico internazionale e fino a che non viene dato un ruolo di effettivo potere alle istituzioni europee, non si va da nessuna parte

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