Lo sguardo nazionale del ‘giovane’ Renzi

, di Nicola Vallinoto

Lo sguardo nazionale del ‘giovane' Renzi

Da osservatore esterno ho letto con molta curiosità i contenuti innovativi della proposta programmatica elaborata dall’assise convocata dal sindaco di Firenze Matteo Renzi alla Stazione Leopolda. Ho cercato, in particolare, di trovare alcune idee che potessero mostrare una possibile via di uscita dalla crisi economica, politica, sociale e ambientale in cui versa la nostra cara e vecchia Europa.

Il continente europeo e il mondo intero stanno, infatti, vivendo una crisi economica peggiore di quella del 1929; la crisi finanziaria originata dai subprime iniziata negli Usa nel 2008 si è ora allargata all’intero pianeta. A tre anni di distanza tocca al Vecchio continente pagarne le conseguenze. I costi della non Europa, ovvero di una Unione europea con una moneta unica ma senza una politica fiscale e una politica economica veramente europee, si stanno riversando sui cittadini europei e, in particolare, sui giovani che non hanno più serie prospettive di crescita di miglioramento della propria condizione e, anzi, per la prima volta cominciano a rimpiangere lo stile di vita dei propri genitori verso i quali sono debitori dell’unico welfare che li consente di porre, finchè dura, un argine a un processo di globalizzazione neoliberista senza freni né controlli. Il welfare familiare si sta esaurendo e le conseguenze le vediamo manifestarsi con le iniziative degli indignati che dalla Spagna si sono replicate in tutti i paesi europei.

La lettura dei 100 punti programmatici della Leopolda evidenzia la mancanza del tema europeo e si concentra sul nostro paese come se vivessimo in un mondo a parte. Se da un lato è pur vero che per innovare occorre partire dai luoghi più vicini al cittadino - dalla città, dalle regioni e dal nostro paese in primis - dall’altro non si può prescindere dai livelli decisionali sovranazionali a cominciare dall’Europa. Come cittadini europei responsabili non possiamo non fornire il nostro contributo per innovare l’Europa, oltreché l’Italia. La costruzione di una democrazia nazionale non sarà mai possibile senza la realizzazione di una democrazia globale.

Ebbene di tutto questo non v’è traccia nei cento punti della Leopolda. Potrebbe essere semplicemente una dimenticanza oppure potrebbe indicare una lacuna culturale macroscopica che non è riuscita a porre nella giusta dimensione, quella sopranazionale e cosmopolita, le articolate proposte per rinnovare l’Italia.

Pare incredibile che di fronte alla grave situazione in cui si trovano il nostro Paese, la Grecia e l’intera Europa, ovvero il rischio di insolvenza dei debiti sovrani e il conseguente crollo dell’Euro, non trovi spazio nelle ben 100 proposte, neanche per errore, un punto che affronti il tema Europa e offra una soluzione al livello opportuno.

Eppure il titolo del primo dei temi trattati faceva ben sperare: “Riformare la politica e le istituzioni”. In questa prima parte delle 100 proposte l’orizzonte è quello nazionale. Le proposte vanno dalla fine del bicameralismo, all’abolizione del Porcellum ma nulla viene detto sull’Unione europea eppure più del 70% della legislazione italiana è una derivazione di quella europea. L’Unione europea è la nostra casa. Noi tutti siamo cittadini europei come ha sottolineato in una recente intervista a Otto e mezzo Eugenio Scalfari. E come tali non possiamo esimerci da esprimere il nostro punto di vista sulle istituzioni europee e su come vorremmo fossero riformate per completare il processo di democratizzazione dell’UE. Come ha fatto, per altro, Nicola Zingaretti nel suo manifesto politico con il quale ha indicato dieci mosse per cambiare l’Italia. La prima mossa riguarda proprio l’Europa: lanciare una campagna per l’elezione diretta del presidente dell’Unione europea, per rispondere alla richiesta di un nuovo spazio politico e costituire un punto di riferimento unico per portare le nostre esigenze con più forza in tutte le sedi internazionali. Zingaretti ha creato un ponte con i giovani indignati che in tutta Europa chiedono ‘democrazia reale’ affermando che “Quelle piazze pongono alla politica un grande interrogativo: chi è che decide? Come si decide? E dove? Emerge il tema della conquista di un nuovo spazio decisionale visibile, efficace, democraticamente controllato.” La sua risposta sottolinea come “L’Europa economica non basta più, ma l’Europa politica non ci sarà mai se non sarà Europa democratica: nell’era della comunicazione globale le persone vogliono giustamente sapere chi decide e controllare direttamente l’iter delle scelte”. E conclude ponendo la sfida del”l’elezione diretta del presidente degli Stati Uniti d’Europa e di un governo europeo che, sulle grandi questioni globali, possa imporsi con autorevolezza sull’impotenza delle trattative estenuanti e i veti dei governi nazionali.”

Ed anche i temi successivi (dei 100 punti della Leopolda) dedicati a crescita, ricerca e sviluppo potevano dar spazio a soluzioni europee invece di focalizzare le proposte nel solo ambito nazionale. Di diverso tenore, giusto per fare un confronto, il documento programmatico del PD intitolato “Italia-Europa. Un progetto alternativo per la crescita" dove vengono indicate quattro linee di policy tutte europee per uscire dalle prospettive di stagnazione ed elevata disoccupazione strutturale: 1. Un’agenzia europea per il debito per acquistare i titoli dei paesi aderenti ed emettere titoli di debito europei (eurobonds) garantiti in modo collettivo; 2. Un piano europeo di investimenti per l’occupazione, l’ambiente e l’innovazione, alimentato dalle risorse raccolte attraverso l’emissione di eurobonds, l’introduzione di specifici strumenti fiscali a livello europeo, tra i quali la Financial Transaction Tax ed il rafforzamento della tassazione ambientale, 3. Uno «standard retributivo» europeo per coinvolgere i paesi in surplus nel processo di aggiustamento delle bilance commerciali. 4. Una più equilibrata distribuzione del reddito da lavoro capace di restituire potere d’acquisto e sicurezza alle famiglie.

Tornando ai 100 punti della Leopolda – come già ribadito - non vi è spazio alcuno dedicato all’Europa. Gli innovatori che hanno risposto alla chiamata del giovane Renzi non hanno formulato neanche una proposta su come uscire dalla crisi europea dei debiti sovrani che rischia di far fallire non solo la moneta unica ma l’intero edificio europeo.

Gli unici due punti in cui vengono sfiorati temi che superano i confini nazionali sono la razionalizzazione delle missioni italiane all’estero e la strategia per il Mediterraneo in trasformazione. Purtroppo per entrambi le soluzioni indicate sono sempre e solo nazionali.

E’ pur vero che qualcuno potrebbe rispondere che l’Europa e’ uno spazio troppo grande ed esogeno alla prospettiva concreta di un sindaco ma è anche vero che chiunque abbia la mira di candidarsi alla leadership di un partito, che voglia indicare un percorso di rinnovamento e fornire una speranza a milioni di giovani precari, non può omettere del tutto la dimensione europea della politica e della democrazia. Nel mondo globalizzato del XXI secolo locale e globale si intersecano vicendevolmente. Chi opera a livello locale, come un sindaco, non può prescindere dagli effetti di decisioni che vengono prese a livello globale a cominciare da quello europeo.

Il sindaco Renzi e i partecipanti della Leopolda per contribuire in modo efficace all’innovazione e al progresso del nostro Paese oltrechè alla costruzione di una democrazia glocale (dal locale al globale e viceversa) dovranno adottare quello che il sociologo Ulrich Beck chiama lo sguardo cosmopolita, l’unico che consente una visione complessiva, e non deformata dalle lenti nazionali, del mondo in cui viviamo.

Con tale sguardo sarà possibile restituire alla politica il primato sull’economia e su una finanza che si muove a livello globale e specula sulle debolezze e sulle divisioni dei singoli governi nazionali.

Fonte immagine: Flickr

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