Perché ricordare il 9 maggio

, di Lorenzo Berto

Perché ricordare il 9 maggio

In giorni come questi si giunge alla fortunata consapevolezza del valore delle commemorazioni; giornate convenzionali, in cui si ricorda un fatto avvenuto svariati lustri prima e del quale spesso si è messa in dubbio l’utilità.

Ognuno, almeno una vola nella vita, avrà pensato che forse queste giornate servono a poco, e che in regime di austerity (indubbiamente attuale) la prima modifica da effettuare consiste nell’eliminazione delle giornate di festa legate a eventi laici e politici, in nome della produttività.

E invece la stretta attualità suggerisce il contrario: mai come ora occorre ricordare, riscoprire, apprezzare un messaggio lungimirante.

Nella fattispecie il 9 maggio si ricorda la Dichiarazione Schuman, quel discorso tenuto dal Ministro degli Esteri del Governo francese nel 1950 in cui per la prima volta traspare l’idea di un’ Europa unita, pronta a parlare con una voce sola su temi tanto importanti quanto interconnessi a livello mondiale.

Sessantadue anni dopo ci troviamo ad un preoccupante bivio: la crisi economica e politica che dilaga genera tensioni e sempre maggiormente si fomenta quel fuoco distruttore che è dato dall’ancorarsi allo Stato nazionale sovrano, ormai un mito tramontato. O si prosegue nel senso dell’integrazione, valida risposta a problemi che coinvolgono in modo inscindibile più soggetti politici, o si abbandona questa strada con tutte le conseguenze del caso.

Lo scontro pare ora radicale, in seno all’opinione pubblica europea; da più parti si invoca l’uscita dall’Euro, la miopia politica imperversa e si cela dietro la deriva populista e protezionista.

Ecco dunque confermate le premesse dell’inizio: le celebrazioni servono per ricordare i meriti di una classe politica degna di questo nome, ovvero in grado di amministrare la cosa pubblica verso il bene comune, comprendendo più di mezzo secolo fa quello che noi ora fatichiamo ad apprezzare: il vantaggio dell’esser uniti.

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