Ma da una dozzina di giorni le cose sembrano cambiate. I bonzi arancioni sono scesi in piazza, copiosi, a migliaia, 100 mila secondo le ultime cifre. Determinati a far sentire la loro voce dopo che la giunta militare aveva nuovamente rincarato i prezzi della benzina, quintuplicato quello del gas compresso, facendo schizzare alle stelle i costi degli alimenti, i monaci sono scesi nelle strade, sfilando davanti alla Pagoda d’Oro, tra la popolazione, riempiendo le vie, nell’ex capitale Yangon, scatenando il timore di una giunta militare paranoica e feroce che ha già mobilitato il suo esercito a contenimento dei manifestanti. I monaci buddhisti in Birmania sono l’unica vera struttura culturale, l’unico vero collante di un paese dove convivono 150 etnie, che parlano diverse lingue, vivono diverse culture, usi e costumi ed il buddhismo è l’unico vero elemento identitario e la sovrapposizione fra nazione e religione è antica.
I monaci buddhisti sono il collante di un paese in cui convivono 150 etnie
Come racconta Gilioli, giornalista dell’Espresso ed autore del libro “Premiata macelleria delle Indie” sul mercato dei bambini tra Indonesia, Europa e States, almeno il 90% della popolazione birmana è stata novizio buddhista, ha vissuto a fianco dei monaci nella Pagode, ha imparato un lavoro da uno dei bonzi, ha imparato a scrivere e a stare nel difficile mondo birmano da uno di questi asceti vestiti d’arancione. Ogni birmano è dentro di sé un monaco buddhista; chi non lo è, è uno della giunta, è un servo dei dittatori. Per questo la mobilitazione fa paura.
L’ultima era stata nel 1988, scatenata dalla crisi finanziaria che imperversava per tutto lo stato, era stata repressa nel sangue, con oltre 3000 morti, ma aveva portato alla convocazione delle elezioni, le ultime, da parte della giunta militare. Aveva vinto il partito di Ms. Aung San Suu Kyi, il Nld (National League for Democracy), ma la giunta non riconobbe il voto. Furono le ultime elezioni democratiche, dopo 30 anni di vita del paese fuori dalla dominazione inglese che aveva imperversato in tutta l’Indocina e che solo il Secondo conflitto Mondiale era riuscito a rompere.
Nel 1988 l’ultima protesta dei cittadini, repressa nel sangue. Il rislutato delle successive elezioni non fu riconosciuto dal regime
Nell’89 il paese divenne Myanmar, l’antico nome Birmania venne disconosciuto dalla giunta militare, che da garante dell’ordine nazionale del paese divenne dittatura. E dal 1990 Aung San Suu Kyi vive reclusa dal mondo, dai figli, dal marito. Tra prigione ed arresti domiciliari, è l’eroina non violenta per la democrazia e la giustizia, ha vinto nel 1991 il premio Nobel per la Pace. «Lei non è sola, i monaci birmani non sono soli, il suo popolo non è solo. Ha – avete - tutta la vicinanza, il sostegno e la determinazione […] di tutta quella comunità internazionale impegnata ogni giorno nella costruzione di un mondo fondato sulla difesa della dignità umana.» Con queste parole si chiude la lettera di Emma Bonino alla donna simbolo della Birmania libera.
L’Unione europea dal 1996 ha imposto l’embargo sulle armi ed il divieto di importare della Birmania, sono inoltre proibiti gli investimenti nella regione e sono state limitate le relazioni diplomatiche. Anche gli USA dal ’97 non investono più in Birmania e dal 2003 sono vietate le importazioni dei prodotti birmani nonché l’esportazione dei servizi finanziari USA. Ma sorprende il recente comunicato congiunto USA – UE (siglato da tutti i 27 paesi dell’Unione) all’ONU in cui si richiede anzitutto l’invio di osservatori in Birmania ed una chiara presa di posizione nei confronti di questo stato dittatoriale, stringendosi sulle sanzioni.
USA e UE chiedono all’ONU una chiara presa di posizione...
Bush lo chiede, il consiglio dei G8, il primo ministro Gordon Brown, Sarkozy che invita le aziende da astenersi dagli investimenti in Birmania, chiedono a gran voce un’apertura alla democrazia, anche il nano demografico del Singapore si è attivato (ora è alla presidenza di turno all’ASEAN); ma come sottolinea Garton Ash, le azioni che si stanno intraprendendo, sulla spinta dell’armonioso lavoro congiunto USA- UE- ONU, non avranno successo se non saranno coadiuvate da chi al Myanmar guarda con pusillanimità (l’India, che sta sempre più investendo per la ricerca sul gas, di cui la Birmania è ricca, e Pechino stessa, che sostiene direttamente e senza falsi veli d’ipocrisia la giunta militare).
Il comunicato congiunto dei monaci e studenti del 1988 esordisce con: “L’intera popolazione guidata dai monaci attua una protesta pacifica per la liberazione dalle generali crisi politiche economiche e sociali recitando la Metta Sutra”. La Metta Sutra è una meditazione sulla virtù buddista del metta, o amore e benevolenza incondizionati (“questo è ciò che deve fare chi conosce la bontà e le vie della pace”). Le manifestazioni commuovono il mondo, su uno striscione si legge “amore e benevolenza devono vincere su tutto”.
...ma la posizione di India e Cina, favorevole al regime, non aiuta certamente
Oggi 28 settembre è stata indetta una giornata a sostegno della Birmania e dei suoi bonzi, indossando un capo di colore rosso a richiamo dei monaci che sfilano per le strade, contro la dittatura, per la democrazia.
Segui i commenti: |