Salta l’incontro per l’ingresso della Bosnia ed Erzegovina

, di Jacopo Barbati

Salta l'incontro per l'ingresso della Bosnia ed Erzegovina

Il commissario competente Štefan Füle annulla il terzo incontro del Dialogo di Alto Livello sul Processo d’Adesione, previsto a Mostar per l’11 aprile, per cercare di risolvere il caso Sejdić-Finci che si trascina da tempo.

Premesse necessarie

L’attuale Costituzione della Bosnia ed Erzegovina è un allegato dell’Accordo di Dayton del 1995, che riconosce la Bosnia ed Erzegovina come nazione libera e indipendente al termine delle guerre jugoslave, al fine di metter pace tra i gruppi dominanti del Paese – bosgnacchi, croati e serbi (fino al censimento jugoslavo del 1991, l’etnia dei cittadini era determinata dalla religione che professavano: i cristiani ortodossi costituivano il gruppo dei “serbi”; i cristiani cattolici erano definiti “croati”; infine era previsto il riconoscimento dei musulmani, o bosgnacchi nel caso dei musulmani in Bosnia ed Erzegovina) – con la costituzione di tre entità territoriali: la Federazione di Bosnia (a maggioranza musulmana) ed Erzegovina (a maggioranza cattolica); la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (a maggioranza ortodossa); il Distretto di Brčko (che gode di autonomia speciale e costante supervisione internazionale).

Oltre all’ordinamento amministrativo, la Costituzione definisce, nel proprio preambolo, due categorie di cittadini: il “popolo costituente” – bosgnacchi, serbi e croati – e tutti gli “altri”. Un ulteriore articolo della Costituzione e la legge elettorale del 1991 vietano a questi ultimi di candidarsi alla Camera dei Popoli della Bosnia ed Erzegovina, composta da 5 bosgnacchi e altrettanti croati e serbi. Analogamente, anche cariche più alte sono precluse agli “altri”: tre Presidenti si suddividono la Presidenza della Repubblica (uno per ognuna delle già elencate etnie), che esercitano a rotazione per 8 mesi a testa, e che nominano un Presidente del Consiglio dei Ministri di etnia diversa dalla propria.

Il fatto

In questo complicato quadro, due tra gli “altri”, il rom Dervo Sejdić e l’ebreo Jakob Finci hanno presentato dei ricorsi che nel 2006 sono stati formalizzati in una causa, presso la Corte Europea dei Diritti Umani, contro la Bosnia ed Erzegovina, appellandosi agli articoli 3 (proibizione di trattamenti inumani e degradanti), 13 (diritto a un ricorso effettivo), 14 (proibizione della discriminazione) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU), all’articolo 3 del Protocollo n°1 (diritto a libere elezioni) e all’articolo 1 del Protocollo n°12 (proibizione di discriminazioni generali).

La Corte ha ammesso il ricorso in quanto la Costituzione della Bosnia ed Erzegovina è sì un trattato internazionale, ma è modificabile a livello nazionale; inoltre, i due ricorrenti sono effettivamente parte lesa in quanto eminenti esponenti politici (all’epoca dei fatti, Sejdić era osservatore della condizione dei rom in Bosnia ed Erzegovina per conto dell’OSCE e Finci era ambasciatore della Bosnia ed Erzegovina in Svizzera) che avrebbero concrete possibilità di poter ricoprire gli incarichi a loro proibiti. La Corte ha dato loro ragione con una sentenza del dicembre del 2009, considerando che la Bosnia ed Erzegovina fa parte dell’ONU e del Consiglio d’Europae che ha ratificato la CEDU.

Le conseguenze

Sono passati oltre tre anni e la Bosnia ed Erzegovina non ha ancora effettuato alcun cambiamento alla propria Costituzione, preservando quindi lo status quo che ha portato al caso Sejdić-Finci. In gran parte, questo è dovuto alle resistenze espresse dal Partito d’Azione Democratica (Stranka Demokratske Akcije, SDA), rappresentante i bosgnacchi, che teme una diminuzione della propria influenza politica qualora altre minoranze etniche entrassero in gioco.

La situazione è precipitata nei primi mesi del 2013, con l’UE evidentemente spazientita (per quanto i comunicati ufficiali lo neghino) con i riluttanti politici locali: se la questione non sarà risolta, lo status di candidato ufficiale all’ingresso nell’UE è a serio rischio. In questo contesto, il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica Europea di Vicinato Štefan Füle ha deciso di annullare il terzo incontro del Dialogo di Alto Livello sul Processo d’Adesione, previsto a Mostar per l’11 aprile, per raggiungere Sarajevo e cercare di ottenere perlomeno un accordo verbale.

Jakob Finci è comunque ottimista e prevede nuove elezioni, aperte a tutti, per l’ottobre del 2014. Certamente in gioco c’è molto più di una (o tre) poltrone.

L’immagine affiancata all’articolo ritrae il panorama della Baščaršija di Sarajevo ed è stata scattata da Anja Bošković.

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