Alcune parole sull’Euro

, di Jacopo Barbati

Alcune parole sull'Euro

L’Eurozona conta circa 333 milioni di abitanti (sui circa 503 milioni dell’intera UE). Pertanto, una vasta maggioranza usa la moneta unica e sta affrontando questo difficile momento di crisi economica il quale, secondo alcuni partiti e analisti, è imputabile all’esistenza stessa dell’Euro. Se questi partiti riusciranno a ottenere un buon numero di voti alle imminenti elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, un gran numero di seggi sarà destinato a parlamentrari il cui unico obiettivo è quello di ridiscutere il futuro della valuta europea. Una simile situazione influirebbe sui lavori dell’intero Parlamento, e quindi sull’intera UE. Ecco spiegato perché le questioni che riguardano l’Euro sono di fondamentale importanza per tutti, in Europa.

La posizione dei federalisti a riguardo è sempre stata chiara: creare una moneta comune senza avere uno Stato comune (e quindi un Governo unico e politiche fiscali, bancarie, economiche e monetarie comuni) è stato un errore, una assurdità, un controsenso: è molto improbabile che una costruzione simile possa funzionare. E infatti non sta funzionando molto bene.
Secondo alcuni economisti, l’Eurozona non può neanche essere considerata una area valutaria ottimale, dato che la mobilità dei lavoratori è comunque limitata e non esiste un federalismo fiscale. Questa situazione fa sì che sia ancora il Dollaro la valuta di riferimento mondiale, anche se l’Euro ha un valore maggiore e l’Eurozona è comparabile agli USA, sia demograficamente che economicamente.

La verità è che gli USA sono visti come “affidabili” e “potenti” e, soprattutto, stanno mostrando segni di ripresa economica dopo la crisi. È chiaro che tutto questo sia una conseguenza diretta dell’essere una federazione.
Alcuni mesi fa, molti tra blog e webzine hanno riportato delle mappe nelle quali si paragonava il PIL degli Stati che formano gli USA con quelli di altri Paesi del mondo (un esempio). Come si può vedere, a parte alcuni grossi Stati come California, Texas, New York, molti altri hanno PIL paragonabili a Paesi come Vietnam, Siria, Cuba, Marocco, che di certo non sono tra i mercati più appetibili del mondo (ovviamente, i fattori che definiscono quali mercati siano “interessanti” o no sono complessi, ma in ogni caso questa osservazione ha una sua validità). Questi Stati USA, però, non devono preoccuparsene: la dimensione federale garamtisce per loro, insieme formani gli Stati Uniti d’America, probabilmente lo Stato più evoluto e potente del mondo.

Perché negare questa opportunità agli Stati europei? Perché sono giudicati singolarmente e non insieme? Perché in realtà sono divisi, e non si può essere ottimisti su una integrazione ulteriore (perlomeno nel breve periodo). Per questo si può pensare che i detrattori dell’Euro abbiano torto.

Alcuni tra gli economisti “no-Euro” in Italia sostengono che la situazione attuale favorisca il primo concorrente dell’Italia, vale a dire la Germania, che è il primo Stato in Europa per numero di occupati e perché la contrazione dei salari fa espandere i profitti. Inoltre, il valore dell’Euro rispetto al Dollaro è troppo alto, e ciò penalizza le esportazioni dei Paesi dell’Eurozona. La loro soluzione è quindi quella di tornare alla Lira, avendo la libertà di svalutarla, per poter rilanciare le esportazioni e riguadagnare competitività nei confronti di USA e Germania.

Si può discutere per sempre sulla svalutazione competitiva in sé, se sia il modo migliore per rilanciare l’economia o no, ma voglio andare oltre. Indipendentemente da quella che può essere considerata la migliore soluzione possibile, l’unica maniera di implementarla è farla a livello federale. Anche se si vuole svalutare: perché si deve tornare alla Lira per farlo? Perché si considera la Germania come la prima concorrente e non come il primo partner? In una federazione europea (che ovviamente deve avere una valuta unica) si ha il totale controllo delle politiche fiscali e monetarie condivise. Se si vuole svalutare, si svaluta. Con il significativo vantaggio, però, di essere parte di un’area economica più vasta che può veramente competere con le altre nel mondo, sommando i tuoi valori a quelli di coloro che ora vengono considerati “concorrenti”, e che può garantire per te grazie a una moneta “politicamente” solida e ad altrettanto solidi rapporti diplomatici e di politica estera (così come fanno gli USA con gli propri Stati federati più “deboli”). Tornando alla Lira, la competitività probabilmente aumenterà nel brevissimo periodo, ma questo vorrebbe dire stare fuori da una UE forte. E dopo il primo periodo di ripresa, quando la Cina sarà la prima potenza economica mondiale e altri grandi Stati come Russia, India e Brasile saranno competitivi abbastanza per presentarsi come concorrenti seri a livello mondiale, cosa si potrà fare da soli con una Lira debole e una politica estera inevitabilmente debole anch’essa?

Ovviamente si riconosce l’inefficienza dell’attuale UE nei confronti della crisi economica e l’urgenza di trovare una soluzione; ma questa non può essere altro che il superamento dell’attuale UE con la creazione di una federazione, non la dissoluzione della stessa, che ci riporterebbe indietro di 100 anni: il mondo adesso è globalizzato e il concetto stesso di “Stato nazionale” dovrebbe essere rivisto.

1. Articolo originariamente scritto in inglese e pubblicato su opendemocracy.net.

2. Fonte immagine Flickr

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