Da Macron a Schulz: dall’Europa che protegge agli Stati Uniti d’Europa entro il 2025. E l’Italia?

, di Nicola Vallinoto

Da Macron a Schulz: dall'Europa che protegge agli Stati Uniti d'Europa entro il 2025. E l'Italia?

Due giorni dopo le elezioni tedesche Emmanuel Macron ha fatto il celebre discorso alla Sorbona lanciando la sfida alla Germania e all’Europa per riavviare il processo di integrazione continentale con proposte precise in ambiti diversi: economia, difesa, ambiente. Tutte proposte per rilanciare l’idea di un’Europa che protegge i suoi cittadini. Dopo aver affossato per due volte il progetto europeo nei momenti importanti per la storia europea, nel 1954 bocciando la CED e nel 2005 votando no al referendum sul trattato costituzionale, per la prima volta la Francia ha rilanciato la palla al centro del campo di gioco dell’UE lasciando la Germania in una fase di stallo.

Dopo due mesi le trattative per una coalizione Giamaica sono fallite grazie all’uscita del partito liberale, fautore della politica di austerità a livello europeo, il cui leader ha affermato, rompendo le trattative con la CDU/CSU e con i Verdi, come sia meglio nessun governo che un brutto governo.

Di fronte allo spettro di nuove elezioni e dopo il forte intervento del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier l’SPD ha cambiato radicalmente posizione accettando il tentativo di formare un governo di grande coalizione (GroKo) con la CDU-CSU il partito della Merkel con una condizione: rispondere alle proposte di Macron per rilanciare il progetto politico europeo con una agenda precisa che porterebbe agli Stati Uniti d’Europa entro il 2025.

Durante la convenzione SPD del 7 dicembre che ha segnato il cambio di passo Martin Schulz ha detto chiaramente che vuole gli Stati Uniti d’Europa indicando i passi necessari. «Gli stati membri dell’UE devono mettersi d’accordo per scrivere un nuovo trattato costituzionale che crei un’Europa federale. Un’Europa che non rappresenti una minaccia per i suoi stati membri ma un complemento», o come direbbe Macron “un’Europa che protegge”.

“Il trattato costituzionale – prosegue Schulz – deve essere scritto da una convenzione che coinvolge la società civile e i cittadini. Questo trattato costituzionale deve essere sottoposto agli stati membri e quelli che non l’approvano dovranno automaticamente lasciare l’UE". Le proposte di Schulz non si fermano alla riforme istituzionali ma riguardano anche i contenuti soprattutto quelli economici. Il leader della SPD ha infatti avanzato una svolta drastica della posizione tedesca sulla riforma dell’eurozona in linea con le richieste avanzate dal presidente francese. Schulz, in netto contrasto con l’ex Ministro Schauble, ha affermato che non è più tempo di politiche di austerità e, anzi, sono necessari un piano di investimenti in un bilancio della zona euro e un ministro delle finanze europeo con una politica fiscale che ponga fine all’elusione fiscale e proponga un salario minimo. Con questa agenda politica sull’Europa Martin Schulz si presenterà ai colloqui con Angela Merkel per la formazione del nuovo governo.

Il dibattito pre-elettorale in Germania aveva lasciato il tema europeo sullo sfondo anche perché la Merkel ha dovuto smaltire la preoccupazione dei suoi cittadini per aver integrato nella società tedesca in pochi mesi oltre un milione di profughi. Grazie alle proposte di Macron lanciate dalla platea universitaria della Sorbona e al fallimento della coalizione Giamaica l’Europa torna pesantemente sul campo di gioco tedesco.

Dopo la Francia dove la contesa elettorale è stata vinta da chi sosteneva un’Europa unita, sovrana e democratica contro le forze che appoggiavano il ritorno all’Europa delle Nazioni, è auspicabile che anche in Germania si formi un governo con una coalizione di forze politiche che abbia al primo punto del proprio programma la formazione degli Stati Uniti d’Europa.

Sappiamo che il motore franco tedesco è necessario per far ripartire la macchina europea ma non è sufficiente per affrontare il lungo e impervio viaggio per arrivare all’approvazione di una Costituzione federale. Occorre che anche l’Italia, uno dei paesi fondatori, faccia la sua parte. A questo proposito le elezioni della prossima primavera saranno di fondamentale importanza: non possiamo permetterci il lusso di avere un governo che proponga soluzioni naif. La situazione europea e mondiale è complessa e la risposta non può essere semplicemente un ritorno a un’epoca che non c’è più e che, forse, non c’è mai stata, quella di un’Europa chiusa e divisa in Stati nazione non comunicanti. Potrebbe essere l’ultima vera occasione per rimettere in piedi il continente europeo. E’ bene che le forze politiche mostrino le proprie carte sull’UE e che formulino proposte chiare e senza inganni per il futuro dei cittadini italiani ed europei. Abbiamo davanti agli occhi il disastro provocato dalle bugie pre-referendum inglese sulla Brexit dove nessun sostenitore dell’uscita dall’UE aveva un piano B. E ancora oggi, a un anno e mezzo dal referendum, il segretario della Brexit David Davis ha ammesso candidamente che il governo non ha effettuato studi per valutare l’impatto della Brexit nei diversi settori dell’economia inglese.

Da questo punto di vista è un bene che il M5S stia chiarendo la sua posizione sull’Europa in vista delle prossime elezioni: in un dibattito organizzato da eunews il 6 dicembre il candidato premier Luigi Di Maio ha affermato che «l’Europa ha un futuro davanti a sé». E ha proposto di cambiare il sistema decisionale dell’UE per renderla funzionale con un maggiore coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali. Tra le proposte istituzionali indicate dal leader pentastellato segnalo quella di attribuire più poteri al Parlamento europeo, con un conseguente ridimensionamento del ruolo del Consiglio e del metodo intergovernativo, e una maggiore capacità decisionale dell’UE nelle politiche sociali (fiscalità, occupazione e livelli retributivi minimi). In soldoni Di Maio afferma che l’Europa ha tanti problemi e che solo “se li affrontiamo insieme come Europa ne usciremo vincitori”. Per il M5S si tratta di un bel cambio di paradigma: a questo punto, per essere coerenti fino in fondo e confermare la svolta, i pentastellati dovrebbero uscire dal gruppo ultranazionalista al Parlamento europeo.

Nel frattempo aspettiamo che il programma di governo della Grosse Koalitione indichi al primo punto gli “Vereinigten Staaten von Europa”.

Fonte immagine Flickr

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