Dopo giorni di pressione politica e mediatica, nonché di dichiarazioni volte a sostenere la propria estraneità ai fatti e la volontà di rimanere saldamente alla testa della Cancelleria austriaca, Kurz ha poi deciso di rassegnare le dimissioni, proponendo al contempo Alexander Schallenberg, suo fidato collaboratore, come successore. In effetti, il giuramento del nuovo Cancelliere è arrivato già nella giornata di lunedì 11 ottobre alla Hofburg, secondo la formula di rito alla presenza del Presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen.
In meno di una settimana, si è così aperta e chiusa una crisi di governo e ora l’Austria prova a guardare avanti con la nuova cancelleria di Schallenberg, considerato da molti un intransigente, soprattutto rispetto alla sempre delicata questione della politica migratoria, nonché un forte sostenitore di Israele. In realtà, il governo guidato da Schallenberg, ex Ministro federale degli affari esteri, ha ben poco di nuovo, reggendosi difatti sulla medesima coalizione di governo tra Partito Popolare e Verdi, nata nel gennaio 2020 con la seconda cancelleria Kurz. Ed è proprio la figura di quest’ultimo, il più giovane Cancelliere nella storia austriaca e al mondo, che con ogni probabilità continuerà, nonostante l’attuale passo indietro, ad attrarre i principali interessi nel panorama politico austriaco.
Difatti, quanto avvenuto in Austria è interessante soprattutto se sviluppato secondo due diverse direttrici di analisi: una direttrice interna, volta a considerare il ruolo di Kurz all’interno della politica austriaca che, a detta di alcuni, non può certo dirsi concluso nonostante le attuali accuse di corruzione; e una direttrice esterna, la quale, travalicando i confini austriaci e proiettandosi all’interno del continente europeo, mira a considerare lo stato di salute dei partiti conservatori in Europa.
Procedendo con ordine, la scelta di Kurz di rassegnare le dimissioni, sconfessando così le dichiarazioni fatte nei giorni precedenti, è stata certamente vincente dal punto di vista della tattica politica: difatti, l’alternativa per il giovane Cancelliere sarebbe stata quella di affrontare una mozione di sfiducia in Parlamento che, certo di perdere, avrebbe poi scatenato una reazione a catena tale da lasciare il suo partito all’opposizione. È evidente che una nuova coalizione, comprendente i principali avversari politici dell’ex Cancelliere, avrebbe setacciato ogni angolo della struttura politica costruita da Kurz negli ultimi anni, al fine di fare emergere significativi elementi dall’indagine. Da quando nel 2017 Kurz è divenuto Cancelliere per la prima volta, allora all’età di 31 anni, egli ha proceduto ad assicurarsi alleati in tutte le istituzioni chiave del Paese, dal servizio pubblico di informazione alla Corte costituzionale, strutturando così un apparato che sarebbe certamente nelle principali mire di un qualsiasi Governo comprendente gli attuali partiti di opposizione. Ed ecco che, invece, il Partito Popolare è ancora alla guida della Cancelleria austriaca in coalizione con i Verdi, peraltro tramite la figura di Schallenberg, un fedelissimo di Kurz.
Ora, è chiaro che la minaccia più immediata per il futuro politico di Kurz è l’indagine per corruzione. Al momento non è stato ancora incriminato, e tanto meno processato, il che suggerisce, come spesso accade, che il processo legale potrebbe richiedere anni per svolgersi. La strategia finora adottata da Kurz sembra richiamare, nemmeno troppo lontanamente, il tema della “caccia alle streghe” tanto caro a qualcuno oltreoceano, pertanto l’ex Cancelliere, professando la propria innocenza, punta a presentarsi come vittima di pubblici ministeri eccessivamente zelanti. Ovviamente, la politica ha poi le sue regole, che ben differiscono dalle dinamiche della giustizia: difatti, Kurz è di gran lunga il politico più popolare della sua generazione e il suo percorso politico è visto sotto una luce positiva da gran parte del Paese. Pertanto, occorrerà vedere fino a che punto gli elettori austriaci si lasceranno condizionare dai recenti avvenimenti, specialmente se le indagini dovessero trascinarsi, eventualità quest’ultima assai probabile. Oltre a ciò, va evidenziato che non solo Kurz piace, ma anche che l’opposizione è al momento piuttosto debole, rendendo così difficile l’emersione di una reale e credibile alternativa. [1]
Il sostegno al disegno politico di Kurz non si limita però ai soli confini austriaci, giacché vi fu chi, fin dalla sua prima Cancelleria, lo celebrò come il volto nuovo dei conservatori europei. L’ex Cancelliere austriaco è sempre stato visto ovunque in Europa, ma specialmente in Germania, come colui in grado di rappresentare in modo dinamico una nuova ondata di conservatorismo e, per tale ragione, le sue dimissioni sono suscettibili di dispiegare effetti anche in Europa. Difatti, la crisi politica austriaca è giunta in un momento in cui il panorama politico europeo si caratterizza per un forte grado di frammentazione, laddove i partiti tradizionali di centrosinistra e centrodestra, un tempo trainanti nelle dinamiche politiche, hanno progressivamente ridotto la propria influenza a favore di nuove realtà partitiche che, non di rado, si posizionano agli estremi della dialettica politica. In tutta Europa, i partiti tradizionali di centrodestra hanno mostrato una certa difficoltà a reinventarsi, condizione che in alcuni casi li ha sospinti verso l’assunzione di posizioni ancora più a destra: alla luce di ciò, è evidente che il modello elaborato da Kurz era considerato da molti, a livello internazionale, come una possibile risposta ai populisti di estrema destra.
La crisi dei partiti conservatori è dunque sotto gli occhi di tutti, tuttavia, gli analisti sottolineano che, anche se i vecchi partiti di centrodestra si sono ridotti, molte delle loro politiche sono ancora dominanti in Europa. La tradizionale divisione tra destra e sinistra ha ormai perso ogni significato e non è dunque più valida nello scenario europeo, laddove si assiste, così come affermato da Dominique Moïsi, scienziato politico e consigliere presso l’Institut Montaigne di Parigi, ad un centrodestra che si sposta progressivamente verso il centro, con l’estrema destra che è sempre più estrema, mentre la sinistra o è implosa come in Francia o lotta per la sopravvivenza con i Verdi. Da qui la frammentazione dell’attuale panorama politico, che ha indotto molti a cercare modi per resuscitare il passato e a guardare all’Austria di Kurz come modello. Dopo quanto avvenuto a Vienna nelle ultime settimane, vi è chi già annuncia il collasso di una nuova narrativa per i partiti conservatori in Europa. [2]
Cosa comporteranno realmente le dimissioni di Kurz è ancora difficile da dirsi, anche perché, al netto del passo indietro alla Cancelleria, il trentacinquenne austriaco è ancora leader del Partito Popolare austriaco e siede in Parlamento. Alla luce della nomina di Schallenberg, vi è chi ritiene che egli continuerà di fatto a detenere le redini del Governo, seppur indirettamente. Nondimeno, non è neanche la prima volta che Kurz è costretto, nella sua precoce carriera politica, a rimboccarsi le maniche e a reinventarsi, dopo che due anni fa il suo primo Governo era imploso, salvo poi vincere nuovamente le elezioni aumentando peraltro la percentuale di voti del suo partito. Come si è detto, ciò dipenderà dalla piega che prenderanno le indagini che lo vedono coinvolto, così come dalla reale intenzione dell’elettorato austriaco di mettere in discussione il proprio sostegno verso un esponente politico che è certamente tra i più apprezzati. Quel che è certo è che Kurz rimane un politico assai divisivo, soprattutto in Europa, laddove le lodi provenienti dagli ambienti più conservatori si sono di frequente scontrate con l’opinione di chi ha sempre guardato con sospetto, e un certo timore, talune scelte politiche della Vienna di Kurz, tra cui il boicottaggio del Patto mondiale sulla migrazione promosso dalle Nazioni Unite nel 2019 e la riduzione delle prestazioni a favore dei richiedenti asilo in Austria, tracciando così un parallelismo con l’omologo ungherese Viktor Orban.
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