Torniamo a parlare di domande fondamentali per il futuro europeo, ovvero il senso della democrazia nel nuovo secolo

Democracy Under Question: riflessioni sulla democrazia nel 21° secolo

, di Michelangelo Roncella

Democracy Under Question: riflessioni sulla democrazia nel 21° secolo

Io sono democratico e quindi decido solo io!” “Sono per le libere elezioni quando vince il mio partito (o il movimento, la lista - il termine “partito” è brutto).” “Io sono per la libertà! La mia.” “Io sono per la libertà di parola, purché tu stia zitto.” “Io sono contro la violenza, ma quel tipo lo metterei volentieri sotto con un tir.” “Giustizia! Monetine! Manette! Al gabbio! Alla gogna! Al patibolo! Ma per me no, grazie.” “Io sono per la libertà di riunione, basta che non si parli di politica.” “Io sono per la libertà di stampa, però dovete leggere solo il mio giornale (o i miei post)” “Io sono per la pluralità di pensiero. Ma se non la pensi come me, allora Stanza 101.” “Limiti e sanzioni sono importanti, ma meglio a voi che a me.” “Sì, non male questa parità di genere, ma intanto vai a farmi un panino, donna!

Lo scontro tra democrazia e autoritarismo continua.

Non solo - secondo alcuni - in senso bellico, con l’attacco della Russia contro l’Ucraina, ma anche per la “replica” sudamericana dell’assalto alle principali Istituzioni democratiche del Brasile per mano di Jair Bolsonaro e dei suoi sostenitori, a due anni dall’assalto al Congresso negli Stati Uniti, da parte dei “supporter” di Trump. Rispetto al precedente di Capitol Hill, l’episodio brasiliano appare ancora più grave a livello simbolico, poiché oltre al Parlamento, sono stati assaliti anche la sede della Presidenza e la Corte Suprema: un attacco al complesso (ma necessario) sistema di equilibri tra poteri.

Il 2022 è stato un anno denso di tornate elettorali, che hanno visto vittorie di vari schieramenti: In America Latina, la Colombia con Gustavo Petro - primo Presidente di sinistra con un passato nella lotta clandestina - e il Brasile con il ritorno non scontato di Lula, già Presidente per quasi tutti gli anni 2000.

Passando per l’Europa, Orban mantiene il suo decennale dominio in Ungheria, mentre a maggio Emmanuel Macron è stato riconfermato Presidente della Francia, ma indebolito alle ultime legislative.

In Svezia si sono affermati i Democratici Svedesi (di estrema destra) mentre in Italia, le elezioni anticipate hanno avuto come risultato la prima donna Presidente del Consiglio, esponente di un partito erede del Movimento Sociale Italiano - fra l’altro a cento anni dalla Marcia su Roma.

Passando per il Mediterraneo, la Tunisia - dove iniziarono le Primavere Arabe - ha visto le elezioni con una bassa affluenza e le opposizioni sotto torchio [1] , mentre in Israele torna al Governo Benjamin Netanyahu con una coalizione di destra che prosegue con l’occupazione della Cisgiordania e promuove una riforma della giustizia (al momento reinviata) che ha provocato le proteste degli israeliani.

Infine, attraversando l’Atlantico, verso nord, il “quasi-pareggio” delle elezioni di medio termine, che pur avendo indebolito il presidente Biden, non hanno visto il trionfo dell’ala “trumpiana” dei Repubblicani.

A tutto questo si potrebbero aggiungere altri episodi “non-elettorali”:

  • La rielezione del Presidente della Repubblica in Italia;
  • Le proteste delle donne in Iran;
  • Il governo più breve della storia del Regno Unito (anche se non ci sono state elezioni generali), Paese già provato dalla Brexit, dal Covid, dagli scandali di Boris Johnson e dalla scomparsa della Regina Elisabetta II;
  • Il caso Soumahoro e il “Qatargate” [2], che completa “il cerchio” del 2022, iniziato con la scomparsa di David Sassoli: un doppio colpo sia per il Parlamento Europeo sia per il gruppo Socialisti e Democratici;
  • Un episodio non istituzionale, ma a modo suo politico è il sondaggio proposto da Elon Musk sulle sue dimissioni da CEO di Twitter;
  • Più recente, in Italia, il caso del Liceo Michelangelo a Firenze e la reazione del Ministro Valditara verso la preside del Liceo “Leonardi da Vinci” per la sua lettera sul fascismo;
  • Le mobilitazioni di metà marzo 2023 a sostegno di Trump contro un suo possibile arresto.

Tutti questi episodi tracciano un mosaico che include i seguenti tasselli.

Un’annosa crisi dei partiti cosiddetti «tradizionali», diventati incapaci di proporre e dare risposte concrete (e magari basate sulle idee), scoraggiando i cittadini-elettori ad andare a votare, facendo così aumentare l’astensione.

A questo si aggiunge un problema di rinnovamento della classe politica: se si guarda oltre l’Atlantico, mentre negli Stati Uniti sembra (sembra) che il tempo dei leader sia finito (magari con alcune eccezioni, si pensi a Ocasio Cortés), più giù, in Brasile c’è stato lo scontro tra il populismo e il «vecchio usato e sicuro». Problema comunque presente nei Paesi democratici.

Un uso egoista, strumentale, unilaterale e - volendo - “infantile” della democrazia, dettato dai leader - non solo dai populisti - in cui si sbandiera la legittimazione popolare, ma in cui nessuno vuole sottoporsi alle regole, soprattutto quando la situazione non gli è favorevole.

Una crisi dell’associazionismo e dell’attivismo politico, aggravata da poca cultura civica, una scarsa valorizzazione e persino da scandali (questi troppo frequenti in politica).

E qui si va a vedere il «Qatargate», che colpisce la credibilità del Parlamento europeo [3]. Tuttavia ci sono state segnalazioni sulle condizioni di detenzione di Eva Kaili, da parte dei suoi legali e dagli ex-colleghi del gruppo Socialisti e Democratici. La “tangentopoli Europea” e il caso Soumahoro fanno riflettere sul rispetto dei valori, di cui ci facciamo portatori.

A tale proposito, non si può fare a meno di pensare agli Stati Uniti e al loro ruolo internazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale, come riferimento del «mondo libero», alfieri della libertà e della democrazia. Valori usati come bandiera ma non effettivamente applicati: si pensi all’appoggio americano a regimi autoritari in funzione anti-comunista, o all«l’esportazione della democrazia» (attraverso la guerra).

Per non parlare delle relazioni economiche con Paesi (o meglio regimi [4]) etichettati come nemici (o «i cattivi»), perché reprimono i dissidenti, perseguono certi gruppi (persone LGBT o minoranze etniche) non rispettano i diritti, però hanno il gas, che serve per riscaldare e fare metano per la macchina oppure il petrolio con cui si fa la plastica per molte cose e fare benzina. O ancora sono economie forti. Per dirla in parole poverissime gli ideali e i bisogni non sempre vanno d’accordo (per non parlare delle questioni ambientali).

Infine una scarsa educazione civica nonché un impoverimento del dibattito pubblico, le cui caratteristiche sono la spettacolarizzazione, toni aggressivi e accuse reciproche di incapacità, ipocrisia e persino attacchi (e difese) personali, cui si aggiunge la trappola secondo cui si parla in senso tecnico o in termini politici (o ideologici) con stordenti appelli alla razionalità o alla logica. E questa è una caratteristica della “post-democrazia” [5]: ci sono le elezioni e vince chi ha la maggioranza dei voti. Questo è il concetto di democrazia che passa, senza però considerare le garanzie per le minoranze (politiche, ma non solo) e il sistema di pesi e contrappesi volti a tutelare le minoranze politiche e i singoli individui dagli abusi di potere e dalla “tirannia della maggioranza”.

Intanto a livello mondiale si sono diffusi e intensificati fenomeni, alcuni dei quali producono benefici, ma con molti “effetti collaterali” (Internet, le migrazioni, l’economia globale), altri creano invece problemi (i cambiamenti climatici). Mentre la politica è rimasta entro i confini “nazionali”. Siccome è tutto interconnesso e ci sono soggetti che “sfuggono” alle giurisdizioni degli Stati (es., le multinazionali), i governi non riescono a dare risposte adeguate.

Gli stati hanno visto sottrarsi molti poteri sulla regolamentazione dei mercati, sulla produzione, sulle comunicazioni mentre, per altro verso [...], hanno ceduto altri poteri a nuovi organismi sovranazionali. [Hanno] visto restringersi i campi su cui esercitare la propria sovranità. [6]

Questa ridotta capacità di affrontare problemi hanno portato ad un malcontento e a un senso di abbandono (non solo per la rappresentanza ma anche in aspetti socio-economici) e trovano in leader definiti populisti o demagoghi, nuovi riferimenti.

Insomma sembrava una cosa scontata (si pensi a anche come è stato accolto “La Fine della Storia” di Francis Fukuyama). Forse non è da escludere un aspetto di aspettative e delusioni. Probabilmente, dopo l’entusiasmo di una caduta di un regime autocratico [7], è mancato un piano sistematico per affrontare conseguenze ed effetti collaterali, sul piano sociale (anche etnico), politico ed economico. Forse con il rischio di un ulteriore colonialismo, anche se spinto da “buone intenzioni”.

Ma soprattutto, quello che manca è una prospettiva della politica, in particolare delle istituzioni, che vada oltre i confini degli Stati “indipendenti”. L’Unione Europea è un esperimento faticoso e ancora incompleto di democrazia sovranazionale, nonostante ci siano le Elezioni Europee e alcuni strumenti di partecipazione.

Non si deve tornare indietro: i problemi rimangono e si aggravano, per non parlare di una fame di politica manifestata negli ultimi anni: dai Movimenti per una globalizzazione alternativa nei confronti della globalizzazione economica (compresi i fatti di Genova del 2001), agli Indignados; dalle forze pro-europa dopo la Brexit, agli ambientalisti di Fridays for Future (o addirittura Ultima Generazione), alle Carovane della Pace in Ucraina. Per non parlare delle ONG, in particolare quelle impegnate nel Mediterraneo e “criminalizzate” dall’Italia per la colpa di salvare vite umane.

Per concludere, in democrazia non si vive di solo voto. E’ un sistema necessariamente complesso che si è assemblato nel corso del tempo: dalla partecipazione dei membri della comunità (l’antica Grecia e i vichinghi), l’introduzione dei corpi intermedi (i Comuni), la libertà individuale e la divisione dei poteri (sia orizzontale, sia verticale) dell’Illuminismo e infine le garanzie costituzionali dopo l’esperienza dei totalitarismi e la Seconda Guerra Mondiale. Di recente si stanno sperimentando strumenti di democrazia partecipativa, che sembra contrapposta a quella rappresentativa, ma che può essere complementare, perché se le classi dirigenti non riescono ad affrontare tutti i problemi per mancanza di interesse o, più umanamente, non riescono a starci dietro o non gli viene in mente, allora la partecipazione fuori “dal palazzo” deve essere la benvenuta.

Tuttavia la democrazia rimane sempre un regime imperfetto, anche se di tipo partecipativo: * Il degenero populista è sempre in agguato;
 sarebbe necessaria un po’ di preparazione anche tecnica, per portare avanti la propria battaglia, specialmente se si vuole incidere sulle normative;
 è molto improbabile che le Istituzioni accolgano petizioni e proposte, a prescindere dal “farlo di proposito".

Ulteriore spunto di riflessione è la “maturità politica” [8]. Ma come deve essere intesa? Innanzi tutto, capire seriamente cosa sono i valori, quali sono quelli che vogliamo sostenere e come metterli nella pratica, così facendoli rispettandoli con la maggior coerenza possibile. Imparare a convivere con gli altri, non solo per le opinioni diverse, ma anche per le loro storie e la loro appartenenza a gruppi sociali, in passato molto spesso in contrasto tra di loro. Conoscere le istituzioni e gli strumenti e capire come poterli usare. E sono solo alcuni pezzi.

Naturalmente qui non si chiede un impegno politico permanente: garantire i diritti è funzionale anche alla sfera privata e alla vita sociale non impegnata. “Tutti sono necessari, nessuno è indispensabile”. L’espressione è da maneggiare con cura.

Non accettavo la tesi che si dovrebbe abbandonare tutto e lasciare che la politica fosse fatta da “professionisti”, sentivo invece mazzinianamente che la politica l’affare di tutti i cittadini quindi come cittadino sentivo anch’io il dovere di continuare a farla dei limiti delle mie possibilità. [9]

Queste sono le parole di Luciano Bolis. Tutto questo (e altro) potrebbe rendere le persone dei cittadini che forse non saranno convinti idealmente, ma forse più consapevoli. E magari essere anche leader di sé stessi. [10]

Note

[3Anche se non è la prima volta che per le istituzioni dell’Unione Europea: infatti nel 1999 casi simili portarono alle dimissioni della Commissione presieduta da Jacques Santer.

[4E come se non bastasse, quegli stessi paesi autocratici hanno creato presso l’ONU il “Gruppo degli Amici in difesa della Carta delle Nazioni Unite”.

[5Lacerata, svuotata, residuale. La «Postdemocrazia» di Colin Crouch - Pandora Rivista “Combattere la postdemocrazia” di Colin Crouch - Pandora Rivista].

Lo stato di salute della democrazia in alcuni paesi viene descritto anche con le espressioni “democrazie illiberali” (Ungheria e Polonia) e “democrature” (Russia e Turchia).

Come è potuta accadere questa situazione?

Cercando di riassumere il quadro (anche se in modo raccogliticcio e parziale), un punto di partenza può essere la caduta del muro di Berlino e il conseguente crollo del blocco sovietico:

i regimi dittatoriali e autoritari sembravano cedere «naturalmente» il passo alla democrazia e il sistema democratico veniva celebrato come il nostro destino certo e indiscutibile.”[[ Quale futuro per la democrazia? - casadellacultura.it] ]

In molti paesi si è affermata una “democrazia elettorale”[[ Idem.

[6Idem.

[7La caduta del Comunismo sovietico dal 1989 a metà anni ‘90; L’Iraq post-Saddam dall 2003; i regimi nel Nord Africa nel 2011 (le Primavere Arabe) e Victor Janukovich in Ucraina nel 2014.

[8Questo concetto viene trattato ne “Il mio granello di sabbia” di Luciano Bolis (edizione Einaudi, 1995).

[9Idem.

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