Ecocidio, presto riconosciuto come crimine dal Parlamento europeo

, di Quentin Samier, tradotto da Giulia Zappaterra

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Ecocidio, presto riconosciuto come crimine dal Parlamento europeo
© European Union 2021 - Fonte : EP

Come parte della politica di sviluppo per affrontare la perdita di biodiversità nei paesi in via di sviluppo, l’Unione europea finanzia progetti in questi paesi. Uno dei più emblematici è sicuramente la Grande muraglia verde: 8000 chilometri di terre riqualificate e alberi piantati per lottare contro il riscaldamento globale. Tale sostegno ammonta a 700 milioni di euro all’anno fino al 2025.

Tuttavia, questa politica deve ancora dotarsi di nuove linee guida per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) previsti per il 2030 [1]. Dal momento che queste regioni sono quelle più interessate dal degrado della biodiversità, la strada da percorrere è ancora lunga, con una prima tappa nella relazione d’iniziativa adottata il 6 ottobre 2021 dal Parlamento europeo. L’idea centrale di questo testo, di cui è relatrice l’eurodeputata Michèle Rivasi (Gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea) è incitare l’UE a prendere in considerazione le questioni legate al clima e alla biodiversità in tutti gli accordi commerciali che stringe con i paesi partner, andando a presupporre in special modo l’istituzione del crimine di ecocidio in seno al Tribunale penale internazionale.

È dimostrato che la distruzione delle foreste tropicali è generata da prodotti consumati regolarmente dagli Europei, come la carne di manzo (responsabile del 10% della deforestazione importata dall’UE), l’olio di palma (24%) e la soia (31%), così come prodotti derivati dal legno, cacao e caffè. Secondo uno studio del WWF [2], l’UE è responsabile del 16% della deforestazione nelle regioni tropicali e subtropicali, per un equivalente di 203000 ettari e 116 milioni di tonnellate di CO2. È anche il secondo importatore di materie prime provenienti da questi paesi, appena dietro alla Cina (24%). Il WWF ha oltretutto identificato 24 fronti principali in cui le foreste tropicali e subtropicali vengono abbattute per lasciare spazio a un’agricoltura intensiva, per piantare alberi a crescita rapida destinati all’industria e per attività di estrazione.

Diventa allora facile capire perché i deputati europei esortano l’UE a cominciare a integrare clausole vincolanti in materia ambientale e climatica negli accordi di libero scambio o di collaborazione. Negli accordi del CETA, per esempio, non è stato previsto nulla per limitare l’aumento delle emissioni di CO2 nel trasporto internazionale marittimo e aereo indotto dall’incremento dei flussi commerciali [3]. È dunque necessario integrare gli obblighi di conservazione e utilizzo sostenibile delle risorse e di recupero degli ecosistemi nelle politiche e negli accordi di cooperazione per lo sviluppo estero.

A marzo 2021, rappresentanti di popolazioni autoctone dell’Amazzonia brasiliana e colombiana, oltre a una decina di ONG francesi e americane, hanno citato in giudizio il gruppo Casino, accusato dell’appropriazione delle loro terre. È la prima volta che una catena di supermercati viene citata per fatti di deforestazione e violazione dei diritti umani nella filiera di rifornimento. Infatti la deforestazione non danneggia soltanto la biodiversità, ma anche le condizioni di vita delle popolazioni autoctone: le foreste forniscono servizi essenziali all’ecosistema (purificano l’aria, regolano i corsi d’acqua, catturano il carbonio, resistono al cambiamento climatico, ecc.). Quindi, per conservare o ripristinare condizioni di vita decenti, la relazione Rivasi richiede l’introduzione del “diritto a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile” nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Invita inoltre l’UE a difendere la causa affinché il concetto venga riconosciuto in tutto il mondo come diritto dell’uomo. A questo proposito, la relazione chiede anche all’UE di partecipare in maniera costruttiva ai lavori del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite, relativo all’elaborazione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per regolare, nel quadro del diritto internazionale relativo ai diritti dell’uomo, le attività di società transnazionali e di altre imprese, il quale dovrebbe prevedere norme specifiche per la protezione delle popolazioni autoctone.

Basta un esempio per convincersi dell’importanza di adottare un tale strumento: i danni causati dalle fuoriuscite degli oleodotti della compagnia petrolifera Shell nel delta del Niger, prima regione produttrice di petrolio in Africa. Il gigante petrolifero aveva poi dichiarato di aver ripulito le aree fortemente inquinate, affermazione peraltro smentita da Amnesty International e dal Centro per l’ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (CEHRD) [4]. Le fuoriuscite di petrolio hanno un impatto devastante su campi, foreste e attività di pesca, da cui gli abitanti del delta del Niger dipendono per nutrirsi e vivere. La relazione Rivasi insiste dunque con forza sulla necessità di riconoscere penalmente questo tipo di azione criminale come ecocidio nel diritto internazionale relativo all’ambiente, e invita la Commissione europea e gli Stati membri a stanziare risorse finanziarie e umane necessarie a prevenzione, indagini e azioni legali in materia di crimini ambientali. Tale pietra miliare sul cammino verso l’orizzonte 2030 rientra in un contesto globale di giurisdizionalizzazione crescente delle lotte climatiche e ambientali.

A ogni buon conto, nel momento in cui la comunità scientifica è d’accordo sull’esistenza di un legame intrinseco tra l’epidemia di Covid-19 e il degrado degli ecosistemi [5], gli sforzi dell’UE per assicurare una coerenza tra politiche di sviluppo e politiche di commercio e investimento sono più che mai opportuni. La relazione Rivasi è arrivata proprio al momento giusto, quando la Cina si preparava ad accogliere, dall’11 al 15 ottobre 2021, la COP15 [6] sull’attuazione del Piano strategico 2011-2020 per la biodiversità.

Panoramica delle proposte dei gruppi politici.

Anche se il 4 ottobre 2021 la Sala plenaria brillava di un assenteismo accecante, e verosimilmente cronico, si è potuta apprezzare l’inventiva dei gruppi politici presenti. Le proposte formulate a complemento della relazione sono testimoni di un grande consenso nell’assemblea plenaria, pur con le varianti di ogni gruppo. A seguire, una lista non esaustiva.

Renew: Adottare un rapporto annuale sull’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in Parlamento, com’è stato fatto per la prima e ultima volta nel 2019.

Verdi/ALE: Attuare un approccio decoloniale per la preservazione dell’ambiente, mettendo al centro le popolazioni autoctone, le comunità locali, i contadini e i piccoli pescatori; Agire in favore dell’emancipazione delle popolazioni locali e autoctone, per esempio per proteggere la biodiversità degli oceani nel rispetto dei diritti dell’uomo.

Identità e Democrazia: Mobilitare le nuove risorse finanziarie per lo sviluppo sostenibile oltre la soglia dell’aiuto internazionale; Accelerare il processo di approvazione delle nuove tecniche di allevamento per rendere altre specie più resistenti e contribuire al mantenimento della biodiversità; Realizzare una valutazione d’impatto per misurare le esigenze che l’UE impone agli altri paesi.

Conservatori e riformisti: Utilizzare l’esperienza delle popolazioni autoctone per arginare il degrado dell’ambiente; Perseguire penalmente i crimini contro l’ambiente.

GUE/NGL: Costruire una vera e propria cooperazione e solidarietà esigendo l’instaurazione di rapporti fondati sul rispetto della sovranità, l’indipendenza dello Stato, e diretti non verso il profitto ma verso la soddisfazione del bisogno dei popoli, riducendo la loro dipendenza e favorendo la produzione all’interno di questi paesi.

Socialisti et Democratici: Rinforzare i rapporti con i paesi a basso e medio reddito e fornire loro finanziamenti e assistenza tecnica; Accordare un’importanza particolare alle regioni più remote e ai territori d’oltremare che sono fragili e vulnerabili all’influenza umana e naturale.

Note

[1Programma che comporta 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), che nel 2015 193 Stati membri delle Nazioni unite si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.

[2“Deforestation fronts : Drivers and responses in a changing world report”, Relazione del World Wide Fund for Nature (WWF), gennaio 2021.

[3Relazione del Primo ministro: “L’impact de l’Accord Économique et Commercial Global entre l’Union européenne et le Canada (AECG/CETA) sur l’environnement, le climat et la santé”, 7 settembre 2017, p. 7.

[4“Clean it up : Shell’s false claims about oil spills in the Niger Delta”, Relazione del CEHRD e di Amnesty International, 3 novembre 2015.

[5Sonia Shah, “Contre les pandémies, l’écologie”, Le Monde Diplomatique, marzo 2020, pagine 1 et 21.

[6Da distinguere dalla COP26 che tratta dei cambiamenti climatici e che si è tenuta dall’1 al 12 novembre 2021 a Glasgow, Scozia.

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