Il 14 maggio i cittadini turchi sono stati chiamati al voto per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica di Turchia: almeno 55 milioni di loro si sono recati alle urne.
Dopo lunghe ore di attesa, che hanno alimentato una suspense quasi insopportabile, il Consiglio elettorale supremo turco ha pubblicato i risultati ufficiali: il Presidente in carica, Recep Tayyip Erdoğan, ha ottenuto il 49,50% dei voti contro il 44,9% per il principale candidato dell’opposizione, Kemal Kiliçdaroglu.
I risultati sono stati una sorpresa per coloro che stavano religiosamente seguendo i sondaggi elettorali. Per esempio, il MAK Institute aveva dato Kemal Kiliçdaroglu per vincitore con più del 50% dei voti. Lo stesso vale per l’istituto Konda, annunciando vincitore il candidato dell’opposizione. Secondo Erdoğan, questo dimostra chiaramente come i media occidentali abbiano fallito nel tentativo di influenzare l’opinione pubblica. Entrambi i candidati sono passati al secondo turno e sono distanti solamente di pochi punti percentuali, anche se questa minima differenza rappresenta alcuni milioni di voti…
Nonostante si trovi in un contesto caratterizzato da tensioni economiche e sfide umanitarie dovute al terremoto, la popolazione turca continua a mostrare un forte attaccamento all’attuale Presidente. Però, questa volta la sua “vittoria” è un po’ meno ovvia rispetto alle elezioni precedenti: infatti, nelle scorse elezioni del 2014 e del 2018, il candidato del partito AKP [1] vinse le elezioni presidenziali al primo turno con più del 50% dei voti. Se i risultati dimostrano un solido attaccamento al Presidente, questi riflettono anche una leggera perdita di fiducia nei suoi confronti. Gli eventi di questo secondo turno sono quindi una situazione inedita.
Sinan Oğan, la terza via
Sebbene non abbia la stessa popolarità dei suoi due avversari, Sinan Oğan ha comunque ottenuto il 5,17%, che rappresenta quasi 3 milioni di elettori. Con una retorica anti-migrante e il sostegno alla teoria del “grande rimpiazzo”, il candidato di estrema destra è stato capace di convincere i cittadini turchi che non si vedevano nel discorso di Erdoğan né in quello di Kiliçdaroglu. È anche vero che in un Paese che sta soffrendo economicamente, l’ultranazionalismo di Oğan dilaga: è sostenitore di una Turchia unitaria ed è totalmente contrario ad alleanze con i partiti curdi.
La geografia del voto in Turchia
Un giorno dopo l’uscita dei risultati del primo turno, il New York Times pubblicò una mappa dei risultati delle elezioni presidenziali. Come si può vedere, Kemal Kiliçdaroglu aveva conquistato le città turche più importanti: Istanbul, Ankara, Adalia, Smirne. Però, Gaziantep e Şanlıurfa - sebbene duramente colpite dal terremoto - votarono per lo più Erdoğan. Stessa cosa per la regione anatolica, che costituisce un bastione conservatore leale.
Secondo la Jean Jaurès Foundation, le attuali condizioni economiche hanno avuto poca influenza sul voto degli islamici-conservatori, visto che anche le questioni identitarie sono una priorità per la popolazione turca, la quale tiene alla figura di Erdoğan per la difesa dei valori tradizionalisti.
Un nuovo Parlamento, soprattutto di destra
Oltre ad eleggere il nuovo Presidente, il 14 maggio i turchi sono stati invitati a scegliere i 600 futuri membri del Parlamento. La People’s Alliance - una coalizione di partiti di destra, incluso l’AKP - dominerà la Grande Assemblea Nazionale turca, ottenendo 322 seggi. Dall’altro lato, l’Alleanza della Nazione (che rappresenta partiti liberali) ha ottenuto 213 seggi. Nonostante gli alti punteggi del “Table of Six”, Erdoğan detiene ancora una maggioranza assoluta nel Parlamento, con più della metà dei seggi.
Tuttavia, è importante sottolineare che dal 2017 la Turchia non ha più un sistema parlamentare. Pertanto, il Parlamento ha un minore potere nella presa delle decisioni.
Che cosa possiamo aspettarci dal secondo turno?
Dal 20 maggio la diaspora turca intorno al mondo si è diretta ai seggi per votare. Le elezioni nazionali avranno luogo il 28 maggio e, nel frattempo, i due avversari organizzano discorsi e dichiarazioni per tentarle tutte e portare a casa la vittoria.
Il discorso radicalizzato di un candidato “liberale”?
In un video pubblicato il 17 maggio su Twitter e intitolato «Türkiye için» o “Per la Turchia”, il candidato dell’opposizione ha optato per un discorso più radical-nazionalista, il che dimostra un vero e proprio cambio di tono in questa pausa elettorale. Infatti, nel video, accusa indirettamente il governo di aver lasciato entrare “10 milioni di rifugiati” in Turchia, gonfiando di alcuni milioni il vero numero di rifugiati arrivati nel paese. Se questa è chiaramente una strategia elettorale per porre fine all’era di Erdoğan, ci si chiede se sia quella giusta per salire al potere.
La missione del Presidente del Partito Popolare Repubblicano è conquistarsi la lealtà di un elettorato e attrarne un altro che non è ancora convinto.
Da Erdoğan… a Erdoğan?
Dopo alcuni giorni di riflessione, Sinan Oğan, il candidato del terzo posto, ha lanciato un appello ai suoi elettori, invitandoli a votare per Recep Tayyip Erdoğan. Visto che il Presidente in carica aveva già superato Kemal Kiliçdaroglu di alcuni punti, questa decisione garantirà la vittoria al candidato dell’AKP? Il 5% dei votanti che aveva scelto la terza strada, è pronto a dare la propria fiducia a Recep Tayyip Erdoğan per i prossimi 5 anni? Solamente i risultati del 28 maggio saranno capaci di rispondere a questa domanda. Nonostante il gruppo conservatore sia in testa, non si può dare una risposta avventata, sapendo che il primo turno è già stato pieno di sorprese!
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