I 40 Anni del Coccodrillo: Una Chiacchierata con il “Lone Conservative” Stanley Johnson

Il Progetto Spinelli, la riforma delle istituzioni comunitarie, le politiche ambientali e infine la Brexit. Mr Johnson ci parla di che cosa è cambiato in questi 40 anni in Europa e nel Regno Unito

, di Cecilia Gialdini

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I 40 Anni del Coccodrillo: Una Chiacchierata con il “Lone Conservative” Stanley Johnson
Spinelli di fronte al ristorante Au Crocodile (fonte: sito del Movimento Federalista Europeo) | Stanley Johnson (fonte: Wikipedia)

Il 9 luglio 1980 un gruppo di parlamentari europei si riunirono nel ristorante dell’Hotel Crocodile a Strasburgo, per discutere della riforma delle istituzioni europee. L’antefatto fu la denuncia di Altiero Spinelli del blocco decisionale delle allora istituzioni comunitarie il 21 giugno (come ci ha raccontato Mario Leone). Così Spinelli aveva descritto la situazione europea davanti Parlamento:

l’esistenza dei problemi comuni è ammessa; la necessità di apportarvi delle risposte comuni è riconosciuta; la capacità di formulare queste risposte in una entità politica europea e un’entità amministrativa europea esiste, ma la procedura rende difficile se non impossibile l’elaborazione della concezione europea e la formazione del consenso europeo mentre tale procedura esalta le preparazioni nazionali e favorisce la formazione di consensi interni sui problemi [1]

Il gruppo, che prese il nome di “Club del Coccodrillo”, inizialmente contava un nucleo ristretto, soli nove membri, ma si allargò progressivamente fino a raccogliere decine di parlamentari e fu cruciale nella stesura del “Progetto Spinelli”. Su pressione degli europarlamentari del Club, il Parlamento Europeo recepì le istanze di immobilismo decisionale e approvò finalmente creazione di un Comitato, il 9 luglio del 1981, un anno esatto dopo la prima riunione. Spinelli stesso assunse il ruolo chiave di relatore generale. Il compito di questo comitato fu di stilare il progetto di trattato sull’Unione Europea, anch’esso recepito dal Parlamento Europeo con notevole entusiasmo (237 voti favorevoli, 31 voti contrari e 43 astensioni). Sfortunatamente, però, questa spinta federalista si dovette poi scontrare con le logiche intergovernative in sede di Consiglio europeo, e la proposta di Spinelli venne svuotata del suo contenuto e della sua efficacia rivoluzionaria. Dalla montagna di lavoro del Club del Coccodrillo e del Parlamento europeo, venne partorito dai governi europei il “miserabile topolino” (così lo definisce lo stesso Spinelli) dell’Atto Unico.

Ciononostante, lo spirito del Club contribuì in altri passaggi fondamentali del processo di integrazione, come il Trattato di Maastricht. Il messaggio portato avanti da quegli europarlamentari e le loro battaglia parlano ancora al nostro presente e sono cruciali per dare una guida nel nostro percorso futuro. Riprendendo le parole di Pier Virgilio Dastoli “Ciò rende più che mai evidente, a quarant’anni dalla nascita del Coccodrillo, la necessità di avere al più presto una nuova iniziativa costituente del Parlamento europeo, per compiere un salto verso un sistema federale senza attendere che i governi escano dal pantano confederale [2]

Dunque, in occasione del quarantesimo anniversario della fondazione del Club, ho deciso di fare due chiacchere con uno di quei nove partecipanti, l’unico membro del partito conservatore britannico tra gli eurodeputati che avevano risposto all’invito di Spinelli, Stanley Johnson.

Forse la mia generazione (classe ’92), lo ricorda principalmente per essere il padre dell’attuale Primo Ministro inglese Boris Johnson, ma Mr Johnson Senior ha giocato un ruolo fondamentale nel processo di integrazione europea. Incuriosito e intrigato dall’invito (“Altiero Spinelli vi invita a cena da lui martedì 9 Luglio 1980 al Ristorante Au Crocodile alle 20.00. Tenue: informelle"), Mr Jonhson non ha soltanto partecipato a quella prima riunione ma nei giorni successivi ha anche convinto l’allora leader conservatore Scott-Hopkins a incontrare Spinelli e Dastoli (“Deve aver pensato che un uomo che aveva servito per dieci anni in un carcere fascista e altri sei in prigione, come minimo meritasse un’udienza”). Dopo quell’incontro i 61 Tories europei hanno deciso di votare in blocco a favore della proposta di Spinelli. Non solo, Stanley Jonhson è stato molto impegnato nelle politiche ambientali europee e di protezione degli animali, stilando anche il regolamento dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. In un discorso davanti al Parlamento Europeo, Johnson parla della proposta del Club di istituire la Commissione per la riforma istituzionale come di un “mechanism. A quite straightforward mechanism! (“un meccanismo. Un meccanismo molto diretto”) [3]. Incuriosita dal personaggio, mi appresto quindi a questa telefonata Regno Unito - Grecia (ironicamente, sono proprio io quella che fissa il cielo gonfio di pioggia di Belfast).

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Grazie per dedicarci un po’ del suo tempo. Guardando indietro a quel giorno, che cosa l’ha spinta ad unirsi al gruppo? E come è stato essere l’unico conservatore britannico al tavolo? Sì, ho molto apprezzato la lettera di Spinelli e hai ragione, sono stato l’unico conservatore britannico a partecipare a quella particolare occasione della cena al ristorante Crocodile. C’erano nove eurodeputati in tutto, compreso lo stesso Spinelli. Per la cronaca, gli altri otto erano Hans Lücker, Karl von Wogau, Paola Gaiotti de Biase, Bruno Visentini, Silvio Leonardi, Richard Balfe, Brian Key e io. C’erano altri inglesi, altri due inglesi, erano del partito laburista (Proprio per questo motivo, Christopher Booker e Richard North nel “The Great Deception”, del 2003, lo hanno definito il “lone Conservative”, il «conservatore solitario» del Crocodile Club NdR). Durante la cena Spinelli ci ha raccontato il suo piano per migliorare il lavoro di Jean Monnet e «ricostruire l’architettura dell’Europa» [4].

Ecco, a proposito del suo partito: lei come conservatore ha fatto parte progetto di revisione istituzionale proposto da Spinelli. Adesso invece lo stesso partito è promotore dell’uscita del Regno Unito dall’Europa…Che cosa è cambiato in questi 40 anni? Questa è una domanda molto interessante. Intanto bisogna tornare nel 1973, al governo di Edward Heath [5], il PM che ha portato il Regno Unito nell’Unione [6]. Heath non aveva una grandissima maggioranza allora e per far passare l’atto di adesione in Parlamento non poteva basarsi solo sui voti dei Conservatori e anche allora aveva un bel po’ di euroscettici nel partito. Se si guardano le cifre, e se la ragione per cui la Gran Bretagna è stata in grado di entrare nell’EEC è stata perché persone come Roy Jenkins e un discreto numero di parlamentari laburisti e dell’opposizione hanno deciso di schierarsi col Primo Ministro. Ora, tornando alla domanda, perché le cose sono cambiate. Penso che sia necessario riguardare a tutta la “faccenda” Spinelli. C’è stato l’Atto Unico Europeo, e il famoso Libro Bianco del 1993, ma penso che fin dall’inizio Mr Heath non avesse ben capito che cosa significasse la maggioranza qualificata. Probabilmente penso che la situazione sia cambiata con la realizzazione che all’interno dell’Unione un paese non è davvero sovrano, nel senso che può sempre essere messo in minoranza da un voto a maggioranza qualificata. Questo elemento è venuto fuori in modo molto forte durante il dibattito per Maastricht: la sovranità era un tema assolutamente cruciale per i deputati conservatori e in qualche modo questo sentimento è cresciuto nel corso degli anni.

Facendo un bel salto in avanti. Qual è la sua visione sul futuro dell’Europa? Pensa che ci stiamo avvicinando al progetto di Spinelli o stiamo sempre più ritornando verso gli stati nazionali?

Per quanto riguarda il Regno Unito, la mia posizione è questa: anche se ho fatto una campagna elettorale per il Remain in vista del referendum del giugno 2016, e ho partecipato attivamente, creando anche il gruppo «Parlamentari per l’Ue», il risultato del referendum è stato ciò che ha tracciato la linea. Il popolo britannico ha espresso la sua opinione nel giugno 2016 e l’ha rimarcata alle ultime elezioni, nel 2019. Cosa penso del futuro… credo che, dal punto di vista del Regno Unito, sarà estremamente importante continuare ad avere legami molto forti con l’Unione Europea. Ci sono alcune aree, in particolare la politica ambientale, dove l’Unione Europea ha dimostrato di aver fatto la differenza. E i buoni risultati non si sono visti soltanto in materia di ambiente nei singoli stati membri, ma anche nel modo in cui l’Unione Europea si è posta sulla scena internazionale, per esempio, durante le negoziazioni di Parigi nel 2015. Quindi penso che i paesi europei, uniti, costituiscano un attore estremamente importante sulla scena mondiale e per questo motivo -anche se non solo per questo- penso che sia molto cruciale che il Regno Unito rimanga con l’UE pur lasciando l’Unione. Naturalmente molto dipenderà dai negoziati che si stanno svolgendo.

Ha parlato dell’ambiente, anticipando in realtà un’altra mia domanda. C’è un grande dibattito sull’European Green Deal, quali sono le sue prospettive sul futuro della cooperazione ambientale europea? Penso che l’European Green Deal sia un’iniziativa estremamente importante. Penso che la cooperazione in materia ambientale per combattere il cambiamento climatico e l’impegno per le Zero Emission siano cruciali. Credo che sia necessario ricordare la protezione della natura e lo dico essendo stato coinvolto in prima persona nella stesura della Direttiva Habitat ( La Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche NdR). Queste tematiche mi stanno molto a cuore e non vorrei in alcun modo che venissero messe da parte quando il Regno Unito lascerà l’Unione.

Le pongo ora una domanda un po’ provocatoria: riguardo al processo di integrazione nell’UE, pensa che il Regno Unito abbia un ruolo nel tirare all’indietro invece di avanzare verso una maggiore integrazione? È una bella domanda. Direi che il Regno Unito è sempre stato sospettoso verso movimenti forti in direzione di un’integrazione europea, credo che uno dei problemi sia che ci siamo resi conto - e molti altri se ne sono resi conto - che è molto difficile realizzare un’integrazione economica senza integrazione politica e credo che questo sia probabilmente un abisso troppo grande per quanto riguarda il Regno Unito, non siamo pronti per l’integrazione politica. Ma adesso che siamo fuori, che abbiamo uno status di “osservatore amichevole”, penso che non sia molto utile per l’Unione lo spingersi sempre più velocemente e con forza verso obiettivi federalisti - questa è la mia opinione personale. Credo piuttosto che la formula migliore -e che ha provato di aver funzionato- non debba necessariamente includere una struttura sovranazionale con un governo europeo, un cabinet europeo. Si può continuare ad operare in modo molto efficace come un raggruppamento di nazioni senza essere un super stato europeo, se capite cosa intendo.

Quindi andando verso un’integrazione più forte ma senza l’aspetto federalista Esatto. Ci sono politiche comunitarie per cui c’è un forte bisogno di cooperazione europea – ho menzionato prima le politiche ambientali ma anche la politica agricola ricade in questa categoria. O la salute, come è emerso chiaramente con il Covid-19. Per questo motivo vorrei che anche il Regno Unito rimanesse comunque coinvolto nei programmi Europei, ad esempio l’Agenzia Europea dell’Ambiente che ammette la partecipazione anche di paesi non membri. O anche il Consiglio d’Europa (l’organizzazione per i diritti umani che ha sede a Strasburgo, non l’organo dell’UE NdR). Ecco, mi piacerebbe vedere il Regno ricoprire un ruolo importante in queste organizzazioni, perché alla fine siamo tutti europei. Anche io, personalmente, ho così tanti legami con l’Europa: mia madre è nata in Francia, mio nonno era francese, la mia intera famiglia ha radici francesi e tedesche. Questi legami sono tremendamente importanti e sarebbe immensamente triste recidere. Per questo non possiamo allontanarci politicamente, economicamente e emotivamente dal continente europeo. Non credo che possiamo, e non penso che sia necessario farlo. Quindi sono sicuro che non lo faremo. I don’t think we can, and I don’t think we need to do it. So I am sure we shan’t do it


Stanley Johnson mi lascia così, alludendo al fatto che il Regno Unito stia abbandonando il progetto europeo sbattendo la porta ma ammiccando già adesso alla finestra. E proprio per questo voglio mantenere viva la speranza che questi ponti di cui parla si possano continuare a costruire. I tempi del Progetto Spinelli e dei Conservatori britannici che votano per la riforma delle istituzioni europee sono purtroppo molto lontani, è vero. A 40 anni da quell’incontro viviamo oggi in un’Europa dove gli stati membri sono sempre più arroccati nei loro animi nazionali e guardano con sospetto tutto ciò che viene al di fuori dei loro confini, spesso non comprendendo che condividere la sovranità in un mondo globalizzato è spesso il solo modo per mantenerla. Ci sono questioni che non conoscono frontiere e di fronte alle quali da soli siamo impotenti, come il cambiamento climatico, la miseria che porta alle ondate migratorie, le malattie. Ci sono ancora tante sfide da cui si può ripartire, tante occasioni per ricreare nuovi progetti sempre più ambiziosi. Ci sono ancora tanti coccodrilli che sognano un’Europa davvero inclusiva, sostenibile, e federale.

Questo articolo rappresenta solo una parte di una chiacchierata molto più lunga. Alcune citazioni sono estrapolate dal secondo volume del memoir “Stanley I Resume” a cura dello stesso Stanley Johnson

Note

[1L’estratto del discorso di Spinelli al PE, assieme a un approfondimento sul Club del Coccodrillo è disponibile a questo link

[2Estratto da Dastoli, Pier Virgilio, La crisi dell’Ue a quarant’anni dal “Coccodrillo” , Rivista Il Mulino

[3Tratto dal secondo volume del Memoir, “Stanely I Resume”, a pagina 51

[4La citazione in virgolette è estrapolata dal sopracitato Memoir di Stanley Johnson, a pagina 54

[5Edward Richard George Heath, è stato Primo Ministro del Regno Unito dal 1970 al 1974 e leader del Partito Conservatore dal 1965 al 1975. Ha guidato le negoziazioni per l’ingresso del Regno Unito nell’allora Comunità Economica Europea

[6L’atto di adesione è stato approvato dal Parlamento inglese nel 1972 e il Regno Unito è diventato ufficialmente parte della CEE il primo Gennaio 1973

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