Le dimissioni del governo Ratas II
Era necessario uno scandalo riguardante la coalizione EKE-EKRE-Isamaa affinché il governo cadesse: il 13 gennaio scorso, il Premier Ministro Jüri Ratas, leader di EKE, ha annunciato le sue dimissioni.
Questa decisione radicale è stata presa in seguito all’apparizione dello scandalo corruzione che coinvolgeva il suo partito e la società privata Porto Franco.
Mentre la società immobiliare avrebbe ricevuto un grande prestito dallo Stato attraverso l’Agenzia di credito nazionale KredEx, il padre del manager di Porto Franco avrebbe fatto una generosa donazione al partito EKE.
Il prestito di 39,4 milioni di euro accordati nel 2020 da KredEX farebbe parte del programma governativo finalizzato ad aiutare le imprese colpite dalla crisi del Covid.
Il 14 gennaio, l’uomo d’affari Hillar Teder e l’ex consigliere del Ministro delle finanze Kersti Kracht sono stati presi sotto custodia. Inoltre, il 12 gennaio, il Servizio di sicurezza interna estone (KaPo) aveva annunciato che il partito EKE sarebbe stato accusato di corruzione in seguito a diverse indagini. Molti dei suoi membri, tra cui l’ex ministro dell’educazione Jaak Aab, negano questa accusa.
Tuttavia, spetterà ai giudici decidere sulla colpevolezza degli accusati, così come sulla loro parte di responsabilità.
L’investitura del governo Kallas- un nuovo inizio al femminile
Il 14 gennaio la Presidente dell’Estonia, Kersti Kaljulaid, ha incaricato il leader del Partito Riformatore, Kaja Kallas di formare il nuovo governo entro 14 giorni.
Avendo del tutto escluso una coalizione con i partiti Isamaa ed EKRE, sono i due partiti ERE ed EKE a formare il nuovo governo. Quest’ultimo è composto da 14 ministri e dalla Prima Ministra, nominata il 26 gennaio dalla Presidente dell’Estonia.
La divisione dei Ministeri sembra essere equa tra le due parti: mentre ERE detiene i Ministeri di Giustizia, della Difesa e delle Finanze; ad EKE sono stati assegnati quello delle Relazioni Estere e dell’Amministrazione Pubblica.
Risulta quindi notevole che, per la prima volta, il più settentrionale dei paesi baltici sia guidato da due donne: la Presidente Kersti Kaljulaid e la Prima Ministra Kaja Kallas. Inoltre, la parità all’interno del governo sembra essere stata raggiunta con la presenza di sette donne su un totale di 15 membri.
Notizia alquanto incoraggiante in un Paese con il più grande divario salariale di genere nell’UE.
Secondo i dati Eurostat del 2018, la discrepanza si è attestata a 21,8 punti, molto più avanti della Francia con i suoi 16,7 punti.
Le priorità del governo Kallas approvate l’11 febbraio
Come di consueto, quando un nuovo governo entra in carica, deve adottare delle priorità per i suoi primi cento giorni di mandato. Il governo Kallas l’ha fatto l’11 febbraio e le sue ambizione sono notevoli.
Tralasciando la classica priorità di risolvere i problemi legati al Covid, le misure riguardano la mobilitazione dei fondi del Piano di rilancio europeo, lo sviluppo di un programma per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050, e la creazione di un piano sulla promozione e l’insegnamento della lingua estone. Infine, un’ultima priorità deve essere analizzata più in dettaglio: quella di un «paese attivo e protetto».
L’Estonia deve rafforzare i legami con i suoi partner strategici come gli Stati Uniti, la Polonia, la Francia e i paesi baltici e nordici. Inoltre, il 18 febbraio la Ministra degli Esteri Eva-Maria Liimets - membro del partito EKE - ha dichiarato di voler ratificare il trattato russo-estone firmato nel 2014 riguardante i confini, per risolvere l’ultima disputa territoriale tra un paese dell’UE e il gigante russo.
La questione spinosa delle frontiere risale al trattato Tartu firmato nel 1920, vantaggioso per l’Estonia da momento che le concedeva delle terre amministrate attualmente dalla Russia.
In seguito ad un periodo nell’Unione Sovietica, i confini previsti nel 1920 sono leggermente cambiati.
L’ultimo trattato firmato dai due paesi nel 2014, risulta essere il terzo tentativo di risolvere la questione dell’indipendenza dell’Estonia.
Tuttavia, i due parlamenti nazionali devono ratificare questo accordo di scambio di terre, che entrerà in vigore 30 giorni dopo la sua doppia approvazione democratica.
Risulta essere proprio questo uno dei punti critici, dal momento che la ratifica unilaterale non condurrà ad alcun cambiamento.
La diplomazia dovrà fare la propria parte, ma in seguito all’intervento di Josep Borrell a Mosca e le sue ripercussioni, sarà difficile per i diplomatici europei trovare un’intesa con Sergej Lavrov, il Gargantua che governa gli affari esteri della Russia dal 2004.
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