Sole, spiaggia e sostanze inquinanti

Il mar Mediterraneo rischia di annegare nella plastica

, di Alina te Vrugt, tradotto da Martina Pizzi

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Il mar Mediterraneo rischia di annegare nella plastica
Una donna mostra rifiuti di plastica trovati su una spiaggia Foto: Unsplash / Brian Yurasits / Unsplash License

È bastato che il Coronavirus cacciasse i residenti e i turisti dalla città di Venezia per qualche settimana perché i suoi canali tornassero limpidi e straripanti di pesci. Sembra che la natura non ci abbia messo molto a riprendersi dai danni del turismo di massa. Tuttavia, non tutte le acque sono in grado di ripulirsi con tale rapidità. Quelle del mar Mediterraneo, per esempio, sono tra le più inquinate della Terra, e le coste veneziane sono solo una delle sue tante popolari mete turistiche. E, si sa, turismo significa anche rifiuti di plastica.

È piena estate, il sole sta sorgendo sul Mediterraneo. La spiaggia è ancora sgombra. I netturbini hanno già iniziato il lavoro di intensa pulizia. Stanno liberando i sottili granelli di sabbia da sacchetti, bottiglie, lattine, accendini, indumenti e rifiuti da imballaggio. Ma non sono solo le spiagge ad esserne disseminate: anche la qualità dell’acqua del mar Mediterraneo parla chiaro.

Diversi tipi di sostanze inquinanti minacciano l’uomo e la natura

La costa mediterranea è densamente popolata. Molte delle città costiere non dispongono di impianti di depurazione, e sono quindi costrette a riversare le acque di scarico direttamente nel mar Mediterraneo. A questo si aggiunge l’inquinamento derivante dalle navi petroliere che rilasciano illegalmente la zavorra in mare aperto. Anche l’industria e l’agricoltura contribuiscono all’inquinamento tramite la produzione di rifiuti e sostanze tossiche che raggiungono il mare attraverso i fiumi. Nel 2018, nella città di Gabès (sud est della Tunisia), si è verificato uno degli scandali ambientali più devastanti che abbiano mai toccato il mar Mediterraneo. L’emittente radio tedesca Deutschlandfunk ha infatti raccontato di uno stabilimento chimico che scaricava rifiuti radioattivi e cancerogeni (derivanti dalla produzione di fosfato) direttamente nelle acque del mare.

La minaccia rappresentata dalle sostanze inquinanti è particolarmente allarmante per il Mediterraneo, perché si tratta di un mare che, a livello di salinità e temperatura, è ben superiore alla media. Questo significa che contiene poco ossigeno, sostanza essenziale per la decomposizione dei contaminanti. Il Mediterraneo, inoltre, non possiede particolari correnti oceaniche, il che significa che l’ossigeno non riesce a raggiungere gli strati d’acqua più profondi. Nemmeno attraverso lo stretto di Gibilterra, punto di contatto con l’oceano Atlantico, avviene un sufficiente “ricambio” di acqua. Ne consegue che ingenti quantità di rifiuti e sostanze inquinanti restano nel Mediterraneo per lunghissimi periodi di tempo. I rifiuti di plastica sono, quindi, il problema più serio di tutti.

Secondo quanto comunicato dal WWF, nell’aprile del 2019 sono stati trovati 22 kg di plastica all’interno dello stomaco di un capodoglio spiaggiato sulle coste italiane. Ma non finisce qui, perché siamo di fronte a un’emergenza che riguarda anche gli animali marini di dimensioni più ridotte. La plastica, infatti, quando entra in contatto con l’acqua, si disgrega in tante piccole particelle che, pur continuando a ridurre le loro dimensioni nel corso del tempo, non arrivano mai a sparire completamente. Ma nel momento in cui queste cosiddette microplastiche finiscono in pasto a pesci e tartarughe entrano automaticamente anche nella catena alimentare degli esseri umani. È vero, gli effetti delle microplastiche sulla salute dell’uomo non sono ancora stati definiti, ma una cosa è certa: con una tale quantità di rifiuti, l’umanità non si sta sicuramente facendo un favore.

La colpa non è di chi abita sulla costa

Durante i mesi estivi sono centinaia i turisti che popolano le spiagge del Mediterraneo, e il loro numero arriva quasi ad eguagliare quello dei residenti stabili. Le acque reflue degli alberghi, l’inquinamento da idrocarburi provocato dalle barche a motore e i resti di crema solare finiscono direttamente nel Mediterraneo. Il problema più urgente restano però i rifiuti di plastica che i turisti si lasciano alle spalle. In estate, la quantità di rifiuti di plastica prodotti dalle località turistiche cresce del 40%. Secondo quanto dichiarato alla MDR (emittente radio tedesca) da alcuni ricercatori, pare che, sulle spiagge della Corsica e del golfo del Leone, siano stati ritrovati circa 300 oggetti di plastica per ogni chilometro quadrato. Se questi rifiuti raggiungessero il Mediterraneo, dopo pochi anni tornerebbero a depositarsi sulle coste - rovinando così lo scenario paradisiaco che tutti i turisti sognano.

Secondo il quotidiano tedesco FAZ, i rifiuti di plastica provengono soprattutto da Spagna, Turchia, Francia, Italia ed Egitto. Ma nonostante ci sia la tentazione di pensare che, per via della sua lontananza dal Mediterraneo, la Germania possa essere esclusa dal discorso, i dati dicono altro: un singolo cittadino tedesco, infatti, produce circa 220 kg di rifiuti da imballaggio ogni anno. La Germania esporta parte dei suoi rifiuti anche all’estero, in paesi come la Turchia. Secondo il WWF, nel 2018 questi rifiuti ammontavano a 50.000 tonnellate, anche se la preoccupazione maggiore è collegata alle discariche a cielo aperto - in cui il vento trasporta la spazzatura verso i fiumi e, quindi, verso il mare.

Servono misure più drastiche

In futuro, la Germania dovrà impegnarsi nella lotta all’inquinamento attraverso una revisione del proprio sistema di gestione dei rifiuti e un intervento sul ciclo di vita della plastica che sia più sostenibile e basato sul riciclo a livello locale. C’è da dire, inoltre, che alcune misure iniziali sono state prese anche a livello europeo: secondo quanto riportato dal Parlamento europeo nel 2015, si stima che 8 dei circa 100 miliardi di buste di plastica utilizzate dai cittadini europei ogni anno finiscono nelle acque degli oceani. Nel maggio 2019, gli stati membri dell’UE hanno pertanto deciso che la plastica monouso, della quale, peraltro, esistono delle alternative ecosostenibili, dovrà sparire dal mercato entro il 2021. Questo significa dire addio a cannucce, batuffoli di cotone, piatti di plastica e centinaia di altri oggetti: la plastica, infatti, non si trova solo all’interno di questi prodotti, ma anche nei vestiti in poliestere, nei prodotti cosmetici e negli articoli di igiene personale. Di conseguenza, i cittadini europei dovranno assumere una maggiore consapevolezza e modificare le proprie abitudini: solo in questo modo il cambiamento diventerà possibile. Un buon inizio sarebbe, dopo una giornata in spiaggia, riportare a casa gli infradito e i frisbee, ma anche dedicarsi alla raccolta di piccoli oggetti di plastica come tappi di bottiglia, mozziconi e carte di caramelle.

Insomma, il destino del mar Mediterraneo dipende dall’Unione Europea, dagli Stati membri, ma anche da ognuno di noi. Oltre alla creazione di aree marine protette, anche la costruzione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue nelle regioni costiere potrebbe avere un impatto positivo sulla qualità dell’acqua. Bisogna estendere il monitoraggio e punire chi rilascia illegalmente le zavorre nel mare. Ma è soprattutto necessario, oltre alla riduzione del consumo di plastica, adottare un sistema di riciclaggio ecosostenibile in ogni Stato membro. Forse, un giorno, il Mediterraneo potrà finalmente mostrarsi nella sua bellezza più naturale e autentica, proprio come hanno fatto i canali di Venezia durante l’emergenza Covid-19.

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