Incontrando la comunità ucraina

, di Walter Rapetti

Incontrando la comunità ucraina

Domenica 15 Dicembre 2013, la Gioventù Federalista Europea di Genova ha incontrato la comunità ucraina genovese (che è piuttosto numerosa, contando circa 2 mila residenti), presso la chiesa di Santo Stefano, che è la parrocchia di riferimento per la comunità. Oltre a noi, erano presenti circa 150 cittadini ucraini. L’incontro è avvenuto con traduzione simultanea da parte di un giovane della comunità, sebbene molti parlassero correntemente l’italiano.

Dopo una breve introduzione da parte dei referenti della comunità locale, ho preso la parola cercando di spiegare in poco più di un quarto d’ora l’origine del nostro Movimento, del processo che ha portato alla formazione dell’Unione europea (UE) nei suoi vari passaggi storici, il suo scopo, i nostri principi ispiratori, le modalità di azione, e altre informazioni collegate.

Quindi è seguito un dibattito in cui ci è stato chiesto perché la UE si interessa all’Ucraina, che cosa comporterebbe l’eventuale adesione all’Unione, di cosa parlava il Trattato di Associazione e Libero Scambio, come funziona l’Unione al suo interno, quali sarebbero i vantaggi per i cittadini, e altre domande simili. Dopo l’evento è diventato più informale, con scambi di opinioni, interventi spontanei, proiezioni di video, traduzioni di notiziari (e lettere) dall’Ucraina, con offerta di tè e pasticcini alla fine.

È da notare che la comunità ucraina di Genova è molto unita, caratterizzata da una forte appartenenza religiosa e nazionale. Il sentimento patriottico e l’appartenenza religiosa sono un «collante» molto forte e sentito. Cito tre aneddoti per dare un’idea: 1) i loro eventi (compreso quello a cui abbiamo partecipato) iniziano e si concludono con la recitazione del Padre Nostro, seguito dal loro inno nazionale; 2) quando abbiamo chiesto chi è il capo, il riferimento, della comunità, ci è stato indicato il loro parroco e non il console d’Ucraina, che pure risiede a Genova; 3) fra le accuse che ha ricevuto la precedente premier Julija Tymošenko, che l’hanno portata alla caduta, una delle più sentite è stata quella «di non essere abbastanza religiosa».

Abbiamo avuto conferma di molte delle considerazioni emerse nel dibattito. Riporto quelle che ritengo più importanti.

1) salvo alcuni gruppi marginali (per lo più intellettuali e alcuni studenti universitari, perciò quasi irrilevanti) i manifestanti non sono in piazza per l’Europa, ma contro il governo autoritario di Yanukovich;

2) l’Europa - in senso lato - e la UE (in particolare) vengono vissuti come un simbolo, un esempio di democrazia, libertà e diritti in contrapposizione alla deriva autoritaria sia del presidente Yanukovich, che del «pesante» vicino russo;

3) il movimento di protesta è alquanto eterogeneo, e comprende:
 i manifestanti scesi in piazza contro la corruzione e l’inefficienza dilaganti nella burocrazia del Paese;
 gli studenti e gli intellettuali di cui s’è detto sopra, filo-europei;
 gli autonomisti delle regioni confinanti con la Polonia, che non sono particolarmente filo-europei, ma sono anti-russi (più che altro, temono un rafforzamento del potere centrale e una diminuzione dell’autonomia locale e regionale);
 i sostenitori di Julija Tymošenko e del suo Partito (ormai sbandato), e quel poco che resta dell’eco della «Rivoluzione Arancione» dell’inverno 2004-2005;
 insieme a questi vi sono anche gli attivisti per i diritti umani (la ex-premier, invisa alla Russia, è tutt’ora in carcere dopo essere stata arrestata 3 anni fa nell’aula del Parlamento, e condannata in un processo giudicato «illegale e arbitrario» dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo) che chiedono la rimozione della censura sulla stampa e le comunicazioni (infatti molti ucraìni hanno timore a scrivere lettere o mail, per paura di essere intercettati dalle spie del Presidente), oltre a una limitazione dell’uso della violenza da parte delle forze dell’ordine;
 gruppi locali di cittadini della capitale, alcuni legati ad esponenti politici locali;
 lavoratori salariati, che temono la perdita del potere d’acquisto dovuta al temuto aumento fiscale connesso all’aumento del debito (l’Ucraina importa gas dai suoi vicini, e ha problemi di bilancia commerciale);

4) tutto questo accade in una situazione di frazionamento del Paese, con radici storiche: è palpabile l’egemonia culturale che la cultura e la storia della Russia esercitano sull’Ucraina. Esse sono forti, e incidono sia sui filo-russi (che guardano alla Russia come alla Patria da cui sono stati separati, e a cui sperano di tornare), sia sugli indipendentisti (che hanno lottato per l’indipendenza del Paese, e hanno paura di tornare sotto il potere di Mosca).

La divisione ha radici profonde: tendenzialmente gli abitanti delle regioni nordoccidentali del Paese sono filo-europei, mentre quelli sud-orientali sono filorussi. Di solito, la divisione in questione ripercorre quella degli anni ’80 e ’90 tra indipendentisti e autonomisti (ove quelli che, attualmente, noi chiamiamo «filo-europei» spingevano per un’Ucraina indipendente da Mosca, uno Stato in tutto e per tutto; mentre quelli che, attualmente, chiamiamo «filo-russi», sostenevano un’autonomia regionale nel più ampio quadro della Federazione Russa). Questa distinzione, a sua volta, si innesta sulla precedente frattura (che è stata molto sanguinosa e sofferta) fra «bianchi» e «rossi», dove gli «antenati storici» dei «filo-europei» erano anti-comunisti, mentre gli altri aderirono all’Armata Rossa e fondarono i primi Soviet locali.

Parallelamente a tutto questo c’è, rilevante, la questione religiosa. L’Ucraina ha una propria chiesa nazionale, che segue il Rito Bizantino, ed è detta Chiesa grecocattolica di Ucraìna. Agli occhi di un profano potrebbe sembrare una Chiesa ortodossa in tutto e per tutto (liturgia, tradizione, matrimonio dei sacerdoti, icone, duplice eucarestia, e simili), tuttavia è in comunione con Roma e non con Mosca, e riconosce dal 1595 il vescovo di Roma come proprio primate (al posto di quello di Costantinopoli).

Tale Chiesa raccoglie circa la metà dei fedeli del Paese, ed è stata molto perseguitata durante tutto il periodo della dominazione russa (i greco-cattolici erano visti come avversari della Rivoluzione, prima; come sobillatori secessionisti, dopo; come complottisti filo-europei, adesso). Tutt’ora non vi è mutuo riconoscimento con la Chiesa russa, e i rapporti col Patriarcato di Mosca sono estremamente tesi. Noi potremmo liquidare la questione come secondaria, come una «semplice» lite ecclesiastica. Da loro non è così. È una questione identitaria e politica molto forte, che è stata portata nel loro Parlamento più volte (qualche mese fa, la più recente), ed è stato uno dei temi della visita di Vladimir Putin al Papa il mese scorso (Putin si presenta - in perfetto stile zarista - come il protettore della Chiesa Ortodossa Russa, e dei suoi fedeli sparsi per il mondo);

5) la conoscenza degli Ucraini della storia, del funzionamento, delle istituzioni della UE è mediamente molto bassa. E lo è anche la conoscenza che hanno del trattato con l’Unione che Kiev avrebbe dovuto firmare. Pensate che la propaganda del regime ha dipinto il trattato (un comune accordo di libero scambio commerciale) come una «quasi annessione» dell’Ucraina all’Unione, cavalcando così il sentimento nazionalista (che, come dicevo, è ancora straordinariamente forte).

Questa diceria, ovviamente assurda per noi, non lo è stata per il popolo ucraino, che teme di passare «da un padrone all’altro». Il presidente Yanukovich si è servito, in un primo tempo, di questa propaganda per compattare la fedeltà degli ambienti militari, e nel reclutamento di «provocatori» (in maniera sostanzialmente simile a quanto accade anche nelle democrazie occidentali non pienamente compiute. Gli agenti del governo pagano delle persone che si infiltrano nella testa della manifestazione, provocano le forze dell’ordine, e poi si dileguano appena questi caricano i manifestanti - lo scopo, ovviamente, rimane quello di screditare i manifestanti e impaurirli).

È importante quindi contattare le comunità ucraine sparse sul territorio, usando cautela perché – data l’eterogeneità e la mutevolezza del fenomeno – non è detto che condividano la nostra visione, e anche se la condividono, non è facile intuire subito a quale delle fazioni fanno riferimento, e qual’è la loro sensibilità specifica.

Come scritto sopra, vi sono diversi collanti, che si mescolano in diverso grado: ostilità alla Russia, voglia di cambiamento, nazionalismo, religione, paura economica, desiderio di democrazia e diritti, e altri ancora.

È importante comprendere l’impatto, anche emotivo, che questi eventi hanno sui cittadini ucraini ed approcciarsi gradualmente a loro, offrendo la nostra solidarietà e la nostra disponibilità senza spaventarli. Dobbiamo ricordarci che, purtroppo, l’Ucraina non è ancora una democrazia, e che non è sempre facile esprimere contenuti politici pubblicamente (specie se critici, e in contrasto con l’opinione del governo...). Proprio per questo è importante non avvalorare, indirettamente, la propaganda di regime: per noi l’essenziale è il rispetto della democrazia, della libertà e dei diritti dei cittadini dell’Ucraina (come di qualsiasi altro Paese). Questo è il requisito fondamentale. Quando l’Ucraina sarà una democrazia autonoma e compiuta, sceglierà da sola e spontaneamente se avviare il graduale processo di integrazione europea.

In conclusione, ritengo che queste persone abbiano un disperato bisogno dell’attenzione e della solidarietà degli europei. La chiedono, la cercano. Penso che sia nostro dovere dargliela, incontrarli, conoscerli, sostenere i loro sit-in di solidarietà. Facciamo in modo che se ne parli. Credo sia un nostro dovere sia dal punto di vista umano (manifestano per il rispetto dei principi basilari di democrazia e libertà del loro Paese), che politico (l’Europa, pur con tutti i suoi limiti, viene presa a modello. Quale credibilità avrebbe se voltasse loro le spalle nel momento del bisogno?).

Se ci riusciremo, questo avrà anche una ricaduta positiva sulla percezione dell’Unione da parte dei nostri (sempre più disaffezionati) concittadini. I cittadini si affezionano alle cose utili: noi sappiamo che, tra i molti motivi per cui l’Unione Europea è utile, vi è anche il suo ruolo di baluardo della democrazia, della libertà e del rispetto dei diritti delle persone. Aiutiamo l’Unione ha dimostrare che non ci sbagliamo.

Fonte immagine Flickr

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