La ricerca
La ricerca è durata oltre 20 anni, fra il 1994 e il 2017 ed è risultato che la quantità di rifiuti è più che duplicata. Da quanto riporta Olivia Gérigny, ricercatrice dell’Ifremer, negli anni 90 si trovavano 100 rifiuti ogni chilometro quadrato, nel 2012 la quantità è aumentata del doppio, fino a raggiungere i 300 prodotti nel 2015. La maggior parte dei rifiuti è rappresentata dalla plastica, che occupa il 60%. è stato calcolato che ogni anni vengono gettate nel mar Mediterraneo 200mila tonnellate di plastica e le provenienze sono molteplici: dalla navigazione commerciale a quella turistica, dalla pesca alle discariche, dalle zone industriali a quelle urbane. Tra i paesi europei è la Francia la più grande produttrice di plastica. Secondo l’organizzazione non governativa WWF infatti, la Francia conta circa 11,200 tonnellate di plastica scaricata in mare nel 2016 e ciò costa al Paese circa 73 milioni di euro ogni anno. Questo è visibile anche ad occhio nudo lungo le coste francesi: nelle aree di Marsiglia, Nizza e la Corsica si trovano centinaia di plastica ogni chilometro quadrato. La Francia è inoltre il Paese più ricco fra i 22 confinanti con il mar Mediterraneo ed è la più grande produttrice di plastica.
Impatto sulle specie marine
Più di 800 specie marine e costali sono colpite dall’inquinamento artificiale delle acque. Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), almeno 800 specie risentono degli effetto dell’inquinamento marittimo, il 17% delle quali è a rischio estinzione. I rischi sono dovuti – oltre alla pesca – all’ingestione della plastica, alla contaminazione degli elementi inquinanti e al contatto con specie esotiche trasportate dalle particelle di plastica. Le ricerche portate avanti dall’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) di Torino rivelano che nel mar Mediterraneo il 50% dei pesci analizzati e il 70% di alcuni squali avevano ingerito plastica. Inoltre i rifiuti pesanti come gli attrezzi da pesca rovinano i fondali, intrappolando spugne e coralli.
Come sta lavorando l’UE
Nel 2017 il 98.5% degli europei ha affermato la necessità di prendere provvedimenti riguardo le plastiche monouso. Perciò dal 2018 l’Unione Europea si impegna a limitare l’uso dei prodotti monouso più trovati nelle spiagge del Mediterraneo, incoraggiando la produzione e l’impiego di alternative, tra cui cotton fioc, cannucce, piatti, bicchieri e palloncini. La Commissione Europea coinvolge le industrie perla ricerca, lo sviluppo e l’impiego di materiali alternativi e meno inquinanti per i prodotti monouso più utilizzando, dando incentivi alle aziende. Un obiettivo della campagna dell’Unione Europea è quello di togliere dal commercio il 90% delle bottiglie di plastica monouso entro il 2025, incentivando i cittadini a ridurre l’uso dei contenitori di plastica per cibi e bevande. Nel 2015 fu chiesto ai paesi dell’UE di attuare misure per ridurre l’utilizzo dei sacchetti di plastica monouso dell’80% entro il 2019. Ciò è avvenuto per il 72%, che risulta comunque una buona percentuale per completare l’obiettivo concretamente. Per quanto riguarda l’inquinamento dei materiali da pesca dispersi nei fondali, sarebbe opportuno marcare le attrezzature in modo tale da risalire al proprietario per poterle riciclare o recuperarle, oltre ad applicare una multa. L’Unione Europea è dunque la prima economia ad aver trasformato gli obiettivi promossi dall’accordo di Parigi in fatti veri e propri.
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