La strage e la decapitazione della redazione di Charlie Hebdo ad opera del terrorismo islamico ci svela d’improvviso un’Europa debole e indifesa. Debole nella capacità d’integrazione delle masse d’immigrati che varcano le sue porte d’ingresso. Indifesa nella capacità organizzativa di fronteggiare un terrorismo cosmopolita con strutture politiche e di intelligence nazionali.
La lunga crisi economica che colpisce l’Europa da anni sta decomponendo il tessuto sociale che aveva consentito nel passato l’integrazione degli immigrati nelle diverse società nazionali. In particolar modo in Francia dove, un tempo, l’immigrato musulmano nord-africano si sentiva, dopo una generazione, ‘francese’. Oggi i giovani immigrati sbarcano in Paesi europei in crisi - non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto d’identità politica e di valori - e che si sentono spesso soccombenti nella lotta per la sopravvivenza nel mercato mondiale. L’appeal valoriale che i singoli Paesi europei possono esercitare verso i giovani immigrati è dunque debolissimo. Emarginati e senza reali prospettive di crescita sociale e civile questi giovani possono essere facilmente preda di un terrorismo che usa la religione come strumento di potere.
Non basta più condannare l’attacco ai valori della nostra storia e civiltà europea, cosa che va pur espressa con forza. Come non basta dire che i musulmani ‘laici’ devono insorgere contro la barbarie, cosa che pur va fatta con forza. La prima risposta devono darla gli Europei stessi, in quanto cittadini di una Unione che è basata su una serie di valori costitutivi della propria essenza. Lo storico e filosofo francese Marek Halter dice: “Trentamila fanatici stanno terrorizzando sette miliardi di esseri umani , e possono farlo perché questi sette miliardi di individui non si tengono per mano. Quando ciò avverrà, i terroristi scompariranno nel nulla”. In altri termini: gli Europei possono difendere i valori di libertà, di tolleranza, di civiltà giuridica e politica che caratterizzano la propria identità solo se “si tengono per mano”.
La storia insegna che i valori e l’identità culturale e di civiltà di un popolo sopravvivono se c’è un potere che li difende. Oggi i poteri nazionali dei singoli Paesi europei sono in crisi verticale di legittimità storica e politica. L’integrazione europea ha mascherato per cinquant’anni, con il suo successo economico, questa crisi valoriale delle nazioni europee, che diversamente sarebbero precipitate nuovamente verso l’autoritarismo, il fascismo e la guerra. Ma oggi, con la crisi economica e sociale che colpisce da anni l’Europa dell’euro (una moneta senza Stato), gli Europei si ritrovano ‘nudi’, senza un potere europeo capace di difendere la propria storia, la propria civiltà giuridica, la propria identità politica.
È tempo che gli Europei rivendichino un governo europeo ‘per sé stessi’, dotato di poteri anche nel campo della sicurezza civile e militare, se vogliono preservare i valori che caratterizzano l’identità europea, se vogliono offrire agli immigrati un’integrazione di successo e funzionale ad una società multietnica quale è, per definizione, quella europea.
1. su 8 gennaio 2015 a 23:07, di Francesco Maria Mariotti In risposta a: L’11 settembre dell’Europa
Grazie della riflessione. Io non sono del tutto d’accordo nel definirlo «11 settembre dell’Europa». L’attacco dal punto di vista simbolico è pesantissimo, ma non dobbiamo vedere un gigante dove non c’è, come dice la bella frase di Marek Halter. E dobbiamo guardare alla complessità di questo fenomeno con freddezza.
Ho scritto in modo più approfondito qui http://mondiepolitiche.blogspot.it/2015/01/la-guerra-strana-che-non-deve.html
2. su 13 gennaio 2015 a 16:37, di Antonio Longo In risposta a: L’11 settembre dell’Europa
Gli aerei dirottati che colpiscono le Twin Towers simboleggiano l’attacco alla potenza politica-tecnologico-militare americana. La strage di Charlie Hebdo simboleggia l’attacco ai valori che la laicità della civiltà europea esprime. Sono due diversi 11 settembre, ma entrambi opera di un terrorismo della stessa matrice ideologica.
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