Con una partecipazione del 58% (+6,8% rispetto alla tornata del 2021) e più di 3 milioni di voti scrutinati, la Comunidad Autonoma Catalana è tornata nei seggi elettorali domenica scorsa per eleggere il nuovo Parlamento della Comunidad Autonoma.
La campagna elettorale delle scorse settimane ha visto il ritorno in campo di Carles Puidgemont tra le fila del partito indipendentista Junts. Era molta la curiosità rispetto all’esito elettorale soprattutto per poter comprendere la temperatura interna alla Comunidad dopo l’amnistia ai leader indipendentisti promossa da Pedro Sánchez nel mese di marzo.
Le urne hanno premiato il PSC guidato dal ministro della Sanità ai tempi del Covid-19, Salvador Illa. Il Partido Socialista Catalano ha ottenuto 42 seggi, 9 in più di quelli ottenuti nel 2021. Per i socialisti questo è un risultato storico. Ai socialisti era andata meglio solo nel 1999 con la candidatura di Pasquall Maragall. Il risultato di questa elezione offre, dunque, a Salvador Illa delle buone chance per ottenere la Presidenza della Comunità. Ad uscire rafforzato da questo risultato autonomico è il premier Pedro Sánchez, la cui politica di indulto, amnistia e costante dialogo con gli indipendentisti ha ricevuto l’evidente approvazione da parte della grande maggioranza dei catalani.
A crescere è anche il Partido Popular che passa dai 3 ai 15 seggi, triplicando il numero dei consensi. A contribuire a questo risultato è la scomparsa ormai definitiva di Ciudadanos. Il partito di Albert Rivera prima e Ines Arrimadas poi, che solo sei anni fa trionfava nella Comunidad, si ritrova con poco meno di 22.000 voti a certificare la sua scomparsa definitiva. Il PP di Alejandro Fernández torna ad occupare il ruolo di quarta forza nel Parlament.
Vox conferma il risultato delle scorse elezioni guadagnando poco più di 30.000 voti ma mantenendo invariato il numero di seggi, 11.
Altro dato da sottolineare è che per la prima volta dal 1980, El Parlament non avrà una maggioranza indipendentista. Per Jordi Amat, il risultato elettorale racconta della vittoria dello spazio post-convergente e rappresenta la fine della stagione del cosiddetto “procés”. I 59 seggi che rappresentano la somma delle forze indipendentiste rappresentano il peggior risultato di sempre e aprono un largo spazio di revisione e dibattito interno.
Nell’equilibrio tra queste forze, l’elettorato ha punito le opzioni di sinistra e premiato quelle di destra, un dato che segue la linea dell’onda conservatrice che attraversa l’Europa.
Il partito di Carles Puidgemont ha infatti ottenuto il 21,61% delle preferenze conquistando tre seggi in più rispetto al 2021. Il relativo successo di Puidgemont è di peso in gran parte dal cambiamento della sua strategia. Non più lo scontro frontale con Madrid per l’indipendenza, ma piuttosto una guerra di pressione con la Capitale per ottenere ulteriore autonomia. In tale prospettiva, questo cambio di strategia è una ripresa della strategia del “plantar la cara a Madrid” (ovvero, “fare fronte a Madrid”) che aveva contraddistinto la lunga egemonia politica di Jordi Pujol in Catalogna durante il ventennio 1980-2003.
La forza politica che esce maggiormente indebolita dalle urne è certamente Esquerra Republicana de Catalunya. Per queste elezioni, ERC ha scommesso sul superamento dell’indipendentismo unilaterale, intendendo il risultato del 2021 come la conferma che le aspirazioni separatiste non potevano tradursi in realtà politica. Da quando Pere Aragonés ha assunto la presidenza del partito, la scommessa di ERC è stata quella di riprendere la strada della governabilità per far apparire Junts come una forza passatista e nostalgica. Tuttavia, le divisioni interne al partito, la scarsa valutazione dell’operato di Aragones, l’ambiguità della proposta politica e la simpatia verso Puidgemont delle frange più indipendentiste del partito, sono tra le principali ragioni del crollo elettorale e della perdita di 13 seggi nel giro di soli 3 anni.
Nel parlamento catalano entra anche, con due seggi, la formazione di estrema destra indipendentista di Aliança Catalana guidata da Silvia Orriols che ha fatto della battaglia migratoria e antislamista la sua principale ragione d’essere.
Nelle prossime settimane, possiamo e dobbiamo aspettarci l’apertura di un tavolo di trattativa all’interno del quale Salvador Illa dovrà conquistare la fiducia di Comuns ed Esquerra per poter formare un governo solido che possa portare avanti l’agenda dei socialisti nella Comunidad Autonoma de Catalunya. Le dimissioni di Aragonés, la pretesa di “investidura” di Puidgemont, la fiducia nel PSC di Salvador Illa, il ritorno del PP e la permanenza di Vox lasciano aperto lo spazio creativo dell’aritmetica elettorale. Salvador Illa dovrà ora fare i conti con la messa a punto di un governo la cui fisionomia potrà dirci molto del futuro delle relazioni tra Madrid e Barcelona.
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