La grande incognita della Turchia

, di Antonio Caso

La grande incognita della Turchia

Secondo articolo della nostra serie di approfondimenti sulla Politica Estera Europea. Continuiamo con l’allargamento prendendo in considerazione un altro Paese candidato: la Turchia. Sempre grazie al contributo di Antonio Caso, si inizierà questa volta con gli aspetti geografici e culturali per poi passare a quelli politici.

Geografia e cultura della Turchia

La Turchia è un paese transcontinentale, che si trova a cavallo tra Europa e Asia: la regione dell’Egeo del paese e la parte occidentale di Istanbul sono geograficamente in Europa, mentre l’intera Anatolia si trova nell’Asia occidentale. La Turchia confina con la Grecia e la Bulgaria a nord-ovest; Georgia, Armenia, Azerbaigian e Iran a est; e la Siria e l’Iraq a sud. Il paese ha un’area totale di 783.356 kmq. con una popolazione di 80.810.525 cittadini.

La Turchia ha mantenuto la ricca diversità culturale del precedente Impero Ottomano ed è attualmente la patria di molte lingue antiche, come l’ittita, la prima lingua indoeuropea di cui abbiamo prove scritte. A differenza degli ottomani, però la Turchia moderna è stata plasmata dal suo fondatore, Mustafa Kemal “Atatürk”, teorico del Kemalismo e padre della Turchia “occidentalizzata”. La lingua ufficiale della repubblica è il turco, parlato dall’85,54% della popolazione. Una consistente minoranza (11,97% della popolazione) parla il kurmanji, dialetto curdo, ed è concentrata soprattutto nell’Anatolia orientale.

La diversità culturale turca si riflette nella sua cucina; diffusa in tutti gli ex territori ottomani, è rinomata, infatti per kebab, pilav e musakka. Il caffè turco è una delle bevande preferite nei Balcani e nel Maghreb. Dolci come il baklava, il kadayıf, il künefe e il lokum (noto anche come turkish delight) sono diffusi praticamente in tutta la penisola balcanica.

Anche il cinema turco mantiene un valore culturale importante. Nel 2008, il regista Nuri Bilge Ceylan ha vinto il premio come miglior regista al Festival di Cannes, con il film Üç Maymu. Un altro famoso regista turco, soprattutto in Italia, è Ferzan Özpetek, vincitore del Premio Miglior Film e Scholars Juri ai David di Donatello 2003, nonché del Crystal Globe e del Miglior Regista nel 2003 con il film La finestra di fronte.

Anche gli sport hanno un ruolo di primo piano nella cultura popolare turca. Anche se lo sport nazionale tradizionale è il wrestling oliato (Yağlı güreş), l’occidentalizzazione del paese ha portato anche alla diffusione del calcio e, soprattutto, del basket. Le società più rinomate includono Galatasaray, Fenerbahçe e Beşiktaş.

Società e religione

Proprio come la cultura turca, anche la società è composta da gruppi diversi dai turchi. La minoranza principale sono senza dubbio i curdi, maggioranza assoluta in diversi distretti orientali e sudorientali del paese. Anche le persone di origine albanese sono comuni in tutto il paese. Come simbolo di questa convivenza, uno dei quartieri storici di Istanbul si chiama Arnavutköy, un nome turco che si traduce in “villaggio albanese”.

Da citare anche i levantini: si tratta di italiani, soprattutto di origine genovese e veneziana, che nonostante la loro bassa popolazione (circa 35.000) hanno avuto un ruolo decisamente influente nella storia turca. La loro influenza è ancora visibile nell’architettura, soprattutto con la costruzione della Torre di Galata nell’ex quartiere genovese di Istanbul. I levantini vivono ancora nei distretti di Galata, Beyoğlu e Nişantaşı, così come nella città di Izmir.

Altri gruppi etnici sono bulgari, greci (soprattutto vicino al confine), tedeschi o turco-tedeschi e popoli dell’Asia centrale come kazaki, kirghisi e turkmeni. In termini di religione, il 98% della popolazione è musulmana (80,5% sunnita, 16,5% aleviti e 1% coranista), con lo 0,5% ebrei e lo 0,2% cristiani. Gli ultimi due culti sono particolarmente popolari tra le minoranze.

Contesto economico

La Turchia ha il 13° PIL al mondo per PPA e il 17° PIL nominale più grande, con un’economia nazionale diversificata. Il paese beneficia di un settore automobilistico considerevole: nel 2015, la Turchia ha prodotto oltre 1,3 milioni di veicoli nel 2015, classificandosi come il 14° più grande produttore di autoveicoli al mondo. Allo stesso modo, la produzione di elettronica è un settore importante, con Beko e Vestal che si collocano tra i più importanti produttori europei di elettronica di consumo.

Un altro settore fondamentale per l’economia turca è l’energia. Nel 2008, 7.555 km di gasdotti naturali e 3.636 km di oleodotti hanno attraversato il paese, prima del boom edilizio iniziato negli ultimi anni. Il famoso gasdotto Trans-Adriatico passa anche attraverso la Turchia. L’importanza del settore energetico ha portato il paese sull’orlo di un conflitto con la Grecia, e verso notevoli tensioni con Cipro, ma anche con paesi europei come la Francia e l’Unione Europea stessa schieratesi al fianco della Grecia. Vedremo in seguito i dettagli.

Il settore dei trasporti è altrettanto ben sviluppato, in particolare il settore aereo. La Turchia conta 98 ​​aeroporti, 22 dei quali internazionali. Il nuovo hub aereo internazionale di Istanbul è il più grande aeroporto del mondo, con una capacità di 150 milioni di passeggeri all’anno. Turkish Airlines è stata la più grande compagnia aerea al mondo per numero di paesi serviti nel 2016. Il turismo è salito alle stelle nel corso degli ultimi vent’anni e in Turchia si trovano diciassette siti del patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Tuttavia, la Turchia è stata duramente colpita dalla grande recessione nel 2008 e da allora ha subito ulteriori sconvolgimenti economici. Gli ultimi sei mesi del 2018 hanno visto un’elevata volatilità del mercato e un pericoloso deprezzamento della lira, sceso al 50% in meno rispetto all’inizio del 2018.

In quest’ottica, le previsioni di crescita sono state tagliate: la Turchia è cresciuta del 7,4% nel 2017 e del 3,7% nel 2018. L’incertezza politica e, soprattutto, il rischioso contesto di politica estera si sta rivelando un deterrente per gli investimenti esteri diretti. Il 2020 doveva essere l’anno di una parziale ripresa, ma la disoccupazione, l’inflazione galoppante, la pandemia e soprattutto la caduta libera del valore della lira dovrebbero portare a ben altri scenari.

Stato dei colloqui e capitoli di adesione

La Turchia è stato uno dei primi paesi a diventare membro del Consiglio d’Europa nel 1949. Il paese ha firmato un accordo di unione doganale con l’UE nel 1995, a seguito della sua precedente domanda alla Comunità economica europea nel 1987. Nel 1999, la Turchia è stata ufficialmente riconosciuta come candidato alla piena adesione. I negoziati sono iniziati anche piuttosto bene nel 2005, ma i progressi sono stati lenti e il crollo del 2008, con i suoi successivi sconvolgimenti politici, ha peggiorato le cose. Sono stati aperti sedici capitoli (e uno chiuso a maggio 2016), sui trentacinque necessari.

Nel 2016 la Turchia e l’UE hanno negoziato un accordo sulla gestione della crisi dei rifugiati, in cui la prima ha accettato di ospitare un gran numero di rifugiati siriani. Nelle intenzioni del governo di Ankara, ciò avrebbe dovuto accelerare l’abolizione del regime dei visti, un’intenzione ripetuta, in verità, in occasione di diversi accordi con la Turchia, ma disattesa. La presenza al confine dei rifugiati si è rivelata una potenziale e talvolta effettiva ragione di crisi per le isole greche lasciate sostanzialmente da sole a dover gestire un flusso che viene fatto attivare a corrente alternata, spesso a seconda delle esigenze politiche.

Il rallentamento dei colloqui si è trasformato in una battuta d’arresto quasi totale nel 2016 e, soprattutto, dopo il fallito colpo di stato. L’UE ha accusato la Turchia di violazioni dei diritti umani e i funzionari dell’UE hanno espresso l’opinione molto chiara che le politiche turche in risposta al colpo di stato violano i criteri di adesione di Copenaghen.

I capitoli più problematici attualmente in discussione sono la libertà di movimento dei lavoratori, la pesca e la magistratura e i diritti fondamentali. Oltre a questi, sono stati congelati quattordici capitoli non aperti. È importante sottolineare che un ulteriore ostacolo all’adesione turca è la continua opposizione, per oltre un decennio, da parte degli Stati membri che non considerano la Turchia un paese europeo. La promessa apertura di altri cinque capitoli è stata ritardata a tempo indeterminato dopo la crisi dei rifugiati.

La questione della risposta al colpo di stato incombe su ogni trattativa: molti accademici e giornalisti sono stati incarcerati dopo il fallito colpo di stato e le condizioni della loro detenzione, così come lo svolgimento dei processi stessi, sono state criticate da persone organizzazioni per i diritti umani e dall’UE. Nel 2018, il Consiglio Affari generali dell’UE ha affermato che: “Il Consiglio rileva che la Turchia si è allontanata ulteriormente dall’Unione europea. I negoziati di adesione della Turchia si sono quindi effettivamente arrestati e non si possono prendere in considerazione ulteriori capitoli per l’apertura o la chiusura e non sono previsti ulteriori lavori per la modernizzazione dell’unione doganale UE-Turchia“.

Ad inasprire la situazione vi è sicuramente anche l’irrisolta questione di Cipro Nord ed il conseguente sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi adiacenti, oltre al recente accordo sulla sovranità marittima con la Libia di Al-Sarraj, motivo di preoccupazione per la Grecia e di tensione con paesi le cui compagnie estrattive avevano già contratti conclusi nell’Egeo come Francia e Italia.

La strada davanti

La politica neo-ottomana, la questione di Cipro, la distanza da paesi come Grecia e Francia fanno pensare ad una Turchia praticamente fuori dai giochi per l’entrata in UE. Ciò nonostante, si tratta di un partner fondamentale per i paesi europei.

L’influenza culturale ed economica turca nei Balcani occidentali, peraltro, non riguarda solo stati musulmani come Bosnia, Albania e Kosovo, ma si è fatta negli ultimi anni portatrice di importanti investimenti anche in Serbia e in Macedonia del Nord.

La crisi del gas pone indubbiamente un’ipoteca non di poco conto sul futuro delle relazioni euro-turche seppur affrontata con sfumature diverse dai singoli paesi europei. Una de-escalation ed un accordo con i paesi maggiormente impegnati in mantenere rapporti positivi con la Turchia (in primis Italia e Germania) potrebbero portare anche alla stipula di accordi di partenariato privilegiati.

L’articolo è una traduzione (aggiornata) dell’originale in inglese (sempre di Antonio Caso) su My Country? Europe, apparsa in italiano già sul “Il Bradipo Federalista” al seguente link.

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