La guerra non cambia mai

, di Edoardo Pecene

La guerra non cambia mai
7th Army Training Command, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/license...> , via Wikimedia Commons

Un famoso videogioco recita che la guerra non cambia mai. É vero? In questo articolo, Edoardo Pecene, attraverso un’analisi di ciò che sta accadendo nel conflitto russo-ucraino e un paragone con le guerre che hanno caratterizzato la storia moderna, proverà a rispondere a questa difficile domanda.

Con l’esplosione del conflitto russo-ucraino, cominciato il 24 Febbraio 2022, vediamo risorgere nel continente uno spettro ritenuto svanito, quello della guerra, o almeno, della guerra convenzionale, combattuta fra due Stati, entrambi importanti attori politici della scena europea e globale, entrambi appartenenti alla sfera dei Paesi “sviluppati”.

Il fantasma di questo tipo di guerra risveglia in noi europei ricordi di tempi bui. Sentir parlare di combattimenti a Kyiv riporta alla memoria un’altra battaglia, tenutasi in un’altra guerra, ma sempre nella stessa città: quella del 1941, nella quale i nazisti riuscirono a chiudere una sacca enorme intorno alla città prendendo più di 500.000 uomini.

Pare quasi, citando una famosa frase di un videogioco, che la guerra, la guerra non cambia mai. É vero?

Sinceramente non mi trovo d’accordo con questa affermazione e per quanto si possano vedere analogie nelle tattiche e nel dispiegamento di mezzi e uomini - che tra poco passeremo in rassegna - sono proprio queste a determinare quella che per ora si sta materializzando come una difficile campagna, se non disfatta, russa sul campo militare.

Per cercare di limitare la lunghezza di questo articolo tenterò di passare in rassegna solo due o tre punti secondo me fondamentali a esplicare le difficoltà incontrate dai russi durante l’invasione. Inizierei sottolineando il primo grande errore russo in questo conflitto: la tempistica della campagna aerea.

Quando parliamo di guerra, dai primi del ‘900 in poi, sappiamo che questa è vinta in larga parte dalla superiorità e dall’utilizzo dell’arma aeronautica e ci sono chiari esempi lungo la storia di un buon utilizzo di questa forza armata e di un cattivo utilizzo della stessa. Credo di trovare tutti d’accordo sul fatto che il picco del virtuosismo strategico aeronautico sia stato raggiunto negli anni ’90 con l’operazione Desert Storm, un’operazione a tre fasi mirata prima a rendere cieche le forze armate irachene, prendendo di mira le postazioni di comando, poi, a colpire tutto quello che è il settore logistico del Paese, dalle infrastrutture ai depositi di armi, per infine ingaggiare testa a testa l’aeronautica irachena allo scopo di assicurarsi la libertà di operazione nel cielo. Questa campagna aerea, così ben svolta e sviluppata, ha permesso ai soldati della coalizione di chiudere una guerra contro un esercito comunque formidabile (si parla dell’esercito iracheno di Saddam Hussein, che per numero di effettivi si trovava fra le prime cinque forze armate nel mondo) in poco tempo e con un numero di perdite ridotto.

Parlando di scarso utilizzo dell’arma aerea, credo si possa senza dubbio guardare ai vari Paesi dell’Asse dal 1940 in poi, corrotti dall’eccessiva competizione per i fondi da destinare alle varie forze armate che non le facevano collaborare in teatro operativo, o le portavano ad affossarsi fra di loro. L’impossibilità di intercettare i bombardieri angloamericani o di dare supporto a terra alle proprie truppe, ad esempio in Normandia o nelle Ardenne o di contrastare la flotta americana nel Pacifico furono fra le cause principali della loro sconfitta.

Ciò che ha fatto la Federazione Russa nel conflitto odierno è stato portare avanti in Ucraina una campagna aerea discontinua e lacunosa. L’aeronautica russa non avrebbe dovuto incontrare difficoltà insormontabili contro la infinitamente più piccola aeronautica ucraina, ma così non è stato e ne sono testimoni le perdite di aerei, ma anche di personale a terra, fatto a pezzi dai droni ucraini di importazione turca.

Questo perché? Le risposte sono diverse, ma tengo a sottolinearne una in particolare, tenendo a mente Desert Storm.

La fase di annichilimento delle strutture di comando ucraine, delle infrastrutture e degli aeroporti da parte russa è durata troppo poco. Questa fase di invasione è stata costituita da una preparazione e indebolimento del nemico troppo corta; il nemico, oltretutto, dal 2014 stava aspettando una mossa. Siamo quasi tornati al periodo del primo conflitto mondiale, quando si decise che per cogliere impreparato il nemico, non si dovesse più bombardarlo per giorni, ma solo per poche ore, così da farlo scappare nei rifugi e attaccare immediatamente dopo, prendendolo alla sprovvista. Solo che - ripeto - gli ucraini si stavano preparando da anni, e probabilmente sapevano da mesi della decisione russa, vanificando anche questo effetto sorpresa.

Il secondo punto che vorrei discutere è la logistica: le code chilometriche di convogli russi in giro per l’Ucraina.

Tutti avremo visto le immagini dei convogli russi in fila a causa di una congestione della viabilità, fermi, ad aspettare che l’ingorgo si risolva. Come mai si creano? Una delle varie risposte possibili che posso dare è che i russi stanno utilizzando le stesse strade, autostrade e stazioni ferroviarie (queste ultime come afflusso di approvvigionamenti) ucraine e utilizzano le stesse rotte di rifornimento dove magari poco prima c’è stata un’imboscata delle forze di opposizione, ripetendo in loop lo stesso tratto e cadendo in trappola nuovamente, generando ingorghi di carcasse di mezzi che devono essere poi pulite per permettere la circolazione.

Generalmente, per rifornire le truppe al fronte, vengono create della FOB (Forward Operative Base) capaci di bonificare e rendere sicure le zone di passaggio, ma anche di svolgere un ruolo di magazzino per lo stoccaggio, basi che, al momento, ancora non sono sorte, portando al problema di dover fare arrivare i mezzi di rifornimento alle prime linee. Così si genera quello sopra descritto. Menzione degna di nota va ai paracadutisti russi, lanciati su punti chiave dell’Ucraina e poi lasciati a morire senza alcun supporto logistico, oppure abbattuti ancora prima che si lancino, perché gli aerei da trasporto volano senza scorta e senza spegnere neanche il transponder dell’aereo, rendendolo visibile anche su normali applicazioni per il telefono come Fly Radar. I fallimenti dei paracadutisti sono, di fatto la sintesi dei due punti sottolineati fino ad ora.

Ultimo punto che voglio brevemente considerare è l’assedio alle città. Parlando di assedi la nostra mente va al Medioevo e al Rinascimento, alla battaglia per Costantinopoli e a Vienna accerchiata dagli Ottomani. In realtà, l’assediare le città è una cosa che è rimasta nel tempo e nelle strategie di guerra, necessaria in epoca moderna e contemporanea per prendere, oltre ai prigionieri, anche centri di comando (se la città è abbastanza importante) e a indebolire il morale nemico.

I russi hanno tentato di correre a Kyiv proprio per tagliare la testa allo Stato e chiudere velocemente la guerra. Facendolo, però, hanno formato un cuneo a uno dei lati della città senza abbracciarla interamente, quindi senza soffocare l’arrivo di approvvigionamenti nella capitale ucraina e permettendole di resistere, inscenando quello che forse è l’ambiente peggiore in cui combattere, l’ambiente urbano. Anche qui, la storia recente è piena di città assediate a metà decretando il fallimento del tentativo di presa della città stessa o comunque di un importante allungamento delle tempistiche di conquista, tre esempi possono essere dati da Stalingrado, Leningrado e Tobruk nel secondo conflitto mondiale.

La conclusione che possiamo individuare da queste osservazioni è che la guerra è un fattore in continua evoluzione e cambiamento. Anche se presenta dei tratti di continuità con il suo passato, essa delinea dei sentieri da seguire e da non seguire, sta alla politica strategica decidere quali essi siano.

Ad oggi i russi hanno scelto probabilmente i sentieri sbagliati portando a perdere più soldati di quanti ne abbia persi la NATO in venti anni di guerra in Afghanistan e trascinando il Paese in una guerra che forse non si aspettavano di dover combattere con così tanta difficoltà.

É troppo presto comunque per dire chi stia vincendo in questo conflitto, dato che anche le guerre più veloci durano ben più di una manciata di giorni, e nulla toglie che gli strateghi russi stiano già prendendo le misure per dare una svolta drastica al conflitto. Non ci resta che vedere cosa accadrà nel prossimo futuro, sperando che gli ucraini riescano a continuare a lottare in questa guerra, con l’aiuto di “San Javelin” e di “San Bayraktar” per difendere il loro Paese e la nostra Europa.

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