La regia italiana per l’attuazione del Next generation EU

, di Mario Leone

La regia italiana per l'attuazione del Next generation EU

Il 6 ottobre all’assemblea di Confcooperative e riferendosi al Recovery Plan italiano il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, ha affermato: “Creeremo una struttura ad hoc con poteri chiari e incisivi per garantire la realizzazione puntuale dei progetti”.

Ieri sera, a domanda diretta, in sede di presentazione del nuovo DPCM in materia di restrizioni dovute alla pandemia di Covid19, ha risposto nello stesso modo, ma ha anche aggiunto che presumibilmente lunedì 7 dicembre ci sarà una riunione dei ministri nel merito delle decisioni. Un paio di giorni prima lo aveva anticipato il ministro agli Affari europei Enzo Amendola che, parlando con il vicedirettore del Corriere della Sera, Daniele Manca, all’Economy Talk organizzato dalla della Rcs Academy Business School, aveva affermato: “Nei prossimi giorni con il presidente del Consiglio invieremo una nota di aggiornamento sulle linee guida del piano (nazionale di ripresa, ndr): linee guida, piani, priorità perché vogliamo che il Parlamento segua passo passo questo questa elaborazione” per accedere alle risorse di Next Generation UE.

Null’altro però, anzi con una differenza sostanziale, il tempo, che passa inesorabile. E mai come questa volta “Il tempo è danaro”.

Di cosa parliamo? Parliamo del Piano nazionale di ripresa e resilienza che è fondamentale per poter accedere ai trasferimenti (quasi 209 miliardi di euro, tra prestiti e sovvenzioni) dell’UE nell’ambito del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) del Next Generation EU complementare (e transitoriamente a sostegno) del Quadro finanziario pluriennale (2021-2027) dell’UE che in corso di definizione.

All’indomani della presentazione alle Camere da parte del Governo delle Linee guida elaborate dopo le “indagini” del Comitato Tecnico di Valutazione (CTV), sin dalla fine dello scorso mese di luglio, dopo la riunione del Comitato interministeriale per gli Affari Europei (CIAE) del 28 luglio, all’inizio di ottobre, Sergio Fabbrini (ne Il Sole 24 ore, 4 ottobre 2020) ha evidenziato come l’Italia, pur avendo un governo che probabilmente arriverà alla scadenza naturale della legislatura (2023), ha però la difficoltà di gestire una “maggioranza parlamentare […] risicata (in particolare al Senato), su questioni europee (come l’utilizzo dei fondi del MES) è divisa e, soprattutto, è minoritaria nel Paese” stando ad alcuni sondaggi.

Bisogna, quindi, convenire con Fabbrini: visti i tempi delle schede progetto da presentare a Bruxelles e la possibilità di strutturare un Piano definitivo entro aprile 2021, è “ragionevole ipotizzare che, nel 2023, una diversa maggioranza potrebbe andare al governo” e gestire i fondi che arriveranno non sarà un argomento legato all’attuale legislatura e, di conseguenza, a questo governo.

Come è stato osservato recentemente da Giovanni Tria (ne Il Sole 24 Ore, 28 febbraio 2020) il Piano nazionale di ripresa e resilienza, più noto come Recovery plan, implica “scelte che ipotecano il futuro” e “non possono essere condizionate da interessi politici contingenti e di parte” e ha evocato una “Unità nazionale sul Recovery plan” che “significa condivisione nel processo di elaborazione, nelle scelte relative alle strutture chiamate a gestirlo tecnicamente e nelle decisioni finali”. “Il motivo – ha affermato Tria - per cui non si può accettare un’altra strada non sta nell’osservazione più o meno polemica sui ritardi di presentazione, ma nel fatto che si tratta di impegnare il Paese su un piano di investimenti strutturali che si dovrà svolgere in un arco di tempo che supera la competenza del governo attuale.”

Paolo Gualtieri, dell’Università cattolica di Milano (sempre ne il Sole 24 ore, del 1° dicembre) ha sottolineato come per profittare con successo del programma Next Generation EU sia “una capacità di esecuzione dei progetti di investimento che, come insegna l’economia aziendale , dipende strettamente dalla qualità della governance. Quest’ultima vuol dire strutture organizzative e procedure operative, implica cioè stabilire con precisione funzioni, ruoli e responsabilità, ben distinguendo quelli esecutivi da quelli di controllo.” Inoltre, Gualtieri lancia un monito: “L’esecuzione, a differenza dell’indirizzo strategico, non può essere demandata alla politica perché non può sottostare alla volubilità delle opinioni e dei consensi, anzi da questa deve essere difesa e protetta mediante procedure da applicarsi rigorosamente che devono avere come unico faro l’effettiva esecuzione del programma d’investimento nei tempi e nei modi stabiliti con la Ue. Il tema della governance dei progetti di investimento che devono essere finanziati con i fondi Ue è centrale e non è prematuro affrontarlo perché, come sanno coloro che si occupano professionalmente di selezionare investimenti da finanziarie, la valutazione delle effettive capacità di realizzare il progetto proposto è un fattore determinante per la decisione di finanziarlo: poca chiarezza sulla governance esecutiva penalizza anche la fase di approvazione per l’ottenimento dei fondi.”

Come fare per dare “continuità di condotta” tra programmazione dei progetti, gestione degli stanziamenti, realizzazione delle opere e monitoraggio? Ne ho già parlato [1] ma giova riprendere alcuni passaggi.

Se si riprendono le indicazioni che la Commissione europea ha presentato il 17 settembre scorso come strumento d’ausilio ai Piani nazionali per la ripresa e la resilienza, troviamo scritto (a pag. 35) che “per garantire un’attuazione efficace, è necessario stabilire chiare responsabilità” con “un ministero/autorità” nominato con responsabilità generale per lo strumento di ripresa e di resilienza, un unico punto di contatto per la Commissione. Tale “coordinatore” nazionale è il responsabile dell’attuazione del Piano nazionale, per garantire il coordinamento con altri ministeri competenti a livello nazionale (compresa la garanzia sull’uso di altri fondi dell’UE), per il monitoraggio dei progressi sulle “milestones”, per la supervisione e, in caso, l’attuazione delle misure di controllo e di audit e la comunicazione (Articolo 20 della proposta di accordo tra Parlamento UE e Consiglio) e le richieste di pagamento del contributo finanziario e, se del caso, della tranche di prestito (Articolo 19 della proposta).

Bisogna inoltre sottolineare che le linee guida della Commissione indicano anche una disponibilità preventiva agli Stati membri che possono richiedere un sostegno tecnico nell’ambito del meccanismo di supporto tecnico per attuare i loro piani di ripresa e resilienza o parte di essi, anche per il sostegno a soddisfare, appunto, “milestones” e obiettivi. Le richieste di supporto tecnico devono essere indirizzate alla Commissione europea attraverso l’Autorità nazionale di coordinamento di cui sopra. Questa “autorità” è essenziale, evidentemente, per assicurare una certa autonomia dalla “variabile” politica di governo.

Parti di questo articolo sono state pubblicate anche su europainmovimento.ue

Note

[1Mario Leone, “Next generation EU: necessaria un’autorità indipendente anche per il Recovery Plan italiano”, 19 ottobre 2020: https://www.eurobull.it/next-generation-eu-necessaria-un-autorita-indipendente-anche-per-il?lang=fr

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