La crisi dello Stato di diritto
Lo Stato di diritto è, insieme alla dignità umana, alla libertà, alla democrazia, all’uguaglianza e al rispetto dei diritti umani, un valore fondante dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea (TUE). Questo stabilisce che i poteri pubblici agiscano entro il perimetro della legge e che gli organi giurisdizionali siano imparziali ed indipendenti. La legge deve essere conforme agli standard internazionali dei diritti umani, definiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Come illustrato dal Fundamental Rights Report 2023 dell’Agenzia europea dei diritti fondamentali e dal Rule of Law Report 2023 della Commissione europea, sono però frequenti le violazioni di tali principi da parte degli Stati membri, che nonostante la superiorità del diritto comunitario su quello nazionale, fanno il buono e il cattivo tempo sfruttando le falle dell’attuale struttura intergovernativa dell’UE.
I Trattati vigenti prevedono strumenti per sanzionare gli Stati membri negligenti. Tra questi, uno dei più importanti è senz’altro il meccanismo sanzionatorio, attivabile in caso di violazioni “gravi e persistenti” dei valori fondanti dell’Unione europea e previsto dall’art. 7 TUE. La sua applicazione comporterebbe la sospensione del diritto di voto al Consiglio per il Paese in violazione dello Stato di diritto. A determinare però l’esistenza effettiva della violazione è il Consiglio europeo, che si esprime all’unanimità. Nel corso degli anni, questo meccanismo ha permesso ad alcuni Stati, come Polonia e Ungheria, di ripararsi dalle sanzioni grazie al veto incrociato: metodo con cui due Stati, consapevoli di essere in violazione dello Stato di diritto, pongono il veto sul voto riguardante l’altro Stato, rendendo di fatto inapplicabile la sanzione. La procedura dipende quindi dai Governi e dalle dinamiche del consenso, quando invece sulle questioni giuridiche dovrebbe esprimersi una corte indipendente da pressioni politiche.
Esiste in realtà un’altra strada percorribile: la Commissione può avviare una procedura di infrazione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, la quale può portare a sanzioni finanziarie contro il Paese. Questa misura rischia però di essere inefficace: attualmente, l’Unione europea non dispone di un potere coercitivo diretto per far rispettare le sue norme e le sue sentenze, pertanto essa dipende in larga misura dalla cooperazione degli Stati membri. È possibile che, nonostante i Trattati lo proibiscano, alcuni Stati membri decidano di ignorare la richiesta e di sfruttare la propria posizione di forza all’interno del modello intergovernativo. Più volte in passato i Governi nazionali hanno minacciato di non rispettare gli impegni finanziari nei confronti dell’Unione per esercitare pressione politica sulle decisioni della stessa.
La riforma dell’articolo 7 TUE
Data l’inefficacia dell’attuale art. 7 TUE, lo stesso è stato incluso nel progetto di riforma dei Trattati approvato dal Parlamento europeo il 22 novembre 2023.
L’emendamento 11 della proposta ne prevede la seguente riformulazione: “Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata entro sei mesi dal ricevimento di una proposta di un terzo degli Stati membri, il Parlamento europeo, deliberando a maggioranza dei membri che lo compongono, o la Commissione possono presentare un ricorso alla Corte di giustizia circa l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2”. La procedura prevista dall’art. 7 TUE perderebbe quindi il suo carattere strettamente politico, in quanto verrebbe ad assumere un ruolo dirimente un organo giudiziario imparziale come la Corte di Giustizia dell’UE.
Perché serve riformare i Trattati?
La tutela dello Stato di diritto all’interno dei confini dell’Unione passa necessariamente dalla riforma dei Trattati: le disposizioni vigenti, infatti, pur affermando nobilissimi principi di diritto formale non godono di strumenti giuridici in grado di realizzarli anche dal punto di vista sostanziale. È importante che i Trattati vengano riformati in modo organico e tramite la procedura di revisione ordinaria affinché l’art. 7 TUE divenga non solo formalmente vincolante ma anche sostanzialmente efficace.
La riforma dei Trattati, attraverso l’eliminazione del voto all’unanimità - che stabilisce nei fatti un potere di veto agli Stati, nonché un forte strumento ostruzionistico - renderebbe le Istituzioni europee più efficienti e colmerebbe il deficit democratico che da sempre gli viene contestato. Il passaggio alla maggioranza qualificata risulta ancora più urgente alla luce della prospettiva che si sta sempre più concretizzando di un prossimo allargamento dell’Unione.
La riforma dei Trattati è necessaria anche per dotare il Parlamento europeo dell’iniziativa legislativa e di capacità di bilancio: affermare nell’Unione europea la centralità del Parlamento permetterebbe di realizzare al meglio il principio di democraticità rappresentativa, in virtù del quale i cittadini europei, attraverso il loro voto, partecipano alle decisioni cruciali per il loro futuro. È necessaria una riforma dei Trattati che aumenti le competenze dell’Unione in materia di difesa, di politica fiscale e industriale, in modo tale che l’Unione abbia gli strumenti per rispondere alle sfide che il mondo di oggi ci pone.
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