Le parti sociali chiedono gli Stati Uniti d’Europa

, di Roberto Castaldi

Le parti sociali chiedono gli Stati Uniti d'Europa

Dopo le elezioni del 4 marzo, ma prima della formazione dell’attuale governo, un grande investitore - a margine di un mio intervento allo European Business Summit - mi disse che stava disinvestendo massicciamente dall’Italia. Non per l’instabilità politica, cui era abituato, ma perché non c’era più in Italia una classe dirigente consapevole che l’ancoraggio europeo era essenziale per lo sviluppo del Paese. Da questo punto di vista il fatto che Confindustria, CGIL, CISL e UIL abbiano lanciato insieme un Appello per l’Europa mostra che le parti sociali hanno quella consapevolezza. Si rendono conto che l’Unione Europea è il principale strumento per promuovere la crescita economica e sociale, per difendere i nostri interessi e valori di fronte alle potenze mondiali, tutte Stati di dimensioni continentali, come USA e Cina. L’Italia non ha alcun futuro fuori dal contesto dell’Unione Europea e del suo rafforzamento.

Non è poco in un Paese in cui esponenti della maggioranza periodicamente rilanciano l’uscita dall’Euro o dall’UE, e i vice-premier attaccano continuamente l’Unione, obbligando il Presidente della Commissione Juncker a denunciare all’opinione pubblica che mentono. Usare l’Europa come capro espiatorio è ormai una prassi normale per le classi politiche nazionali, specialmente, ma non solo, in Italia. Ma la realtà è l’opposto. Il debito pubblico italiano è un fardello immenso, il cui costo sarebbe molto più gravoso senza l’euro e l’azione della Banca Centrale Europea. Nell’ultima legislatura l’UE - attraverso il Piano Juncker, cioè il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (EFSI), che è gestito centralmente a livello europeo e di cui l’Italia è il secondo beneficiario pur essendo la 4° economia - ha mobilitato oltre 63 miliardi di investimenti in Italia. Molto più degli investimenti pubblici nazionali nello stesso periodo. E mentre l’Italia è riuscita ad usare solo il 15% dei fondi europei che deve gestire da sé. Lungi dall’essere un freno alla crescita e agli investimenti, l’UE è il salvagente che ci ha evitato una crisi ancora peggiore.

L’Appello di Sindacati e Confindustria è un documento approfondito ed articolato. Offre una vasta serie di proposte specifiche e costruttive sulle politiche europee: rilancio degli investimenti, da finanziarie con imposte e debito pubblico europei; completamento del mercato unico; politica industriale europea; armonizzazione fiscale; politica estera; politica delle migrazioni; rafforzamento delle politiche sociali e di coesione, del pilastro sociale e dei diritti sociali. E sottolinea che ciò comporta un rafforzamento istituzionale, auspicando un vero “trasferimento di sovranità” verso l’UE. Così, implicitamente, l’Appello ci dice che per ridare sovranità ai cittadini va costruita una vera sovranità democratica a livello europeo, l’unica efficace nel XXI secolo; non tornare alle sovranità nazionali ottocentesche, come vorrebbero i nazionalisti. È chiaro che si chiede che l’UE si doti di un governo federale, con un bilancio e un Tesoro europeo, e una capacità d’azione internazionale adeguate. Perciò l’Appello chiede l’avvio di “un percorso costituente”, per completare l’unione economica e monetaria, realizzare l’unione politica e rendere l’UE responsabile di una vera politica economica e sociale, estera e di sicurezza, delle migrazioni, per poter far fronte alle grandi sfide sul tappeto, che nessuno Stato membro può affrontare con successo. Sono in gioco e a rischio le grandi conquiste della civiltà europea moderna. E serve un colpo d’ala per completare il processo di unificazione europea e costruire “gli Stati Uniti d’Europa”, l’obiettivo esplicito del documento.

Non può essere sottovalutata l’importanza politica di questo documento. Non era affatto scontata una presa di posizione comune delle parti sociali sull’Europa. E soprattutto va sottolineata la qualità del documento. Non un minimo comun denominatore al ribasso, ma una visione coerente e coraggiosa, che indica con chiarezza la via da seguire e chiama quindi in causa direttamente la responsabilità delle forze politiche che si presentano alle elezioni europee, e dei cittadini-elettori invitati esplicitamente ad andare a votare per dare un segnale forte sull’Europa che vorrebbero e che serve, che il documento descrive con efficacia. Leggendo il documento saltano agli occhi le similitudini e la vicinanza con l’Appello alle forze politiche europee lanciato in tutta l’UE dall’Unione Europea dei Federalisti e in Italia dal Movimento Federalista Europeo, o con il Decalogo proposto in Italia dal Movimento Europeo. Ma idee simili erano alla base della mobilitazione promossa da Prodi e da molti enti locali e associazioni europeiste il 21 marzo, la Primavera d’Europa con le bandiere europee, o nelle prese di posizioni degli ambienti cattolici, come ad esempio nella dichiarazione dei Vescovi europei, o nel manifesto per le elezioni europee di Pax Christi International. Si fa largo nella società civile europea una consapevolezza europea sempre maggiore, che è l’unica risposta efficace alle pulsioni nazionaliste, xenofobe e di chiusura, che anche sono presenti e sempre più visibili nella nostra società.

Sarebbe dunque importante che le parti sociali diano seguito a questo documento. Chiedendo un confronto sulla politica europea al governo, per attenuarne le velleità nazionaliste; e alle opposizioni, per svilupparne l’europeismo in una visione coraggiosa e coerente (e sarebbe auspicabile che le forze politiche che si dichiarano europeiste si esprimessero e facessero proprio questo documento). Inoltre, dovrebbero organizzare iniziative sul territorio che promuovano l’Appello e la consapevolezza europea – e certo troverebbero il sostegno e la collaborazione delle organizzazioni europeiste – che andrebbe rilanciato in tutte le iniziative promosse in occasione del 1 maggio, Festa del lavoro, e del 9 maggio, Festa dell’Europa.

Articolo pubblicato sul blog L’Espresso «Noi, europei» curato dall’autore.

Fonte immagine: GFE Roma.

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