Non ho mai creduto nell’imbecillità. Mi è difficile pensare, di qualcuno, “quello è un cretino”. Penso che quasi tutti abbiamo una sufficiente dotazione intellettuale, che ci permette di destreggiarci nelle difficoltà piccole e grandi della vita, svolgere ragionamenti articolati e usare con una certa proprietà il linguaggio, cioè lo strumento più complesso che l’uomo abbia mai ideato. Chi più chi meno, certo; con maggiore o minore successo. Ma difficilmente ci si imbatte in qualcuno del quale possiamo dire in coscienza che non sa usare il proprio cervello.
Sarà per questo che mi vedo costretto a introdurre nel dibattito una categoria inedita: quella dell’imbecillismo. Mi riferisco al fenomeno per cui una persona sensata decide di abbracciare, con determinazione e in apparente buona fede, un sistema di idee completamente, palesemente idiota. Come se volesse fingersi imbecille senza esserlo (intendo senza davvero poterlo essere fino a quel punto, neppure volendolo), o come se avesse deciso, per un qualche perverso piacere intellettuale, di remare contro tutto ciò che sembra ovvio e ragionevole, appunto perché lo è, e di costruire, per questa via, una sorta di anti-ragione. Un’imbecillità, dunque, ma deliberata, partigiana. Militante, se vogliamo.
Può succederci ad esempio di trovarci a discutere con uno stimato opinionista, una persona nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, che svolge un lavoro qualificato e socialmente utile (un avvocato, poniamo), il quale sostiene a spada tratta che l’antidoto ai mali della globalizzazione è l’autarchia economica. Oggi, voglio dire: a un pugno di mesi dal terzo decennio del XXI secolo. Ora, come qualificare l’approccio intellettuale di qualcuno che sostenga un’opinione del genere? Poniamoci seriamente il problema e ci accorgeremo che la risposta non è affatto ovvia. Di costui non diremo che è un imbecille; diremo, semmai, che è un imbecillista: qualcuno che sceglie di avere un’opinione assurda, priva di senso – di essere, per così dire, un portatore sano di imbecillità.
Oppure, può capitare di imbattersi in un economista, magari con un cognome importante, per il quale l’ovvia soluzione di tutti i mali economici è stampare moneta. Scemo io e scemo tu, caro lettore, a non averci pensato prima: ci consoleremo pensando che nel nostro marchiano errore eravamo almeno in compagnia di duemila anni di indagine economica. O ancora, di vedere un neofascista scagliarsi contro l’Unione europea brandendo come arma dialettica la costituzione antifascista dell’Italia repubblicana, della quale si professa strenuo difensore.
Capite che gli esempi sono tanti, e a metterli tutti in fila ci porterebbero fino al terrapiattismo, culmine supremo dell’imbecillismo.
Però attenzione, perché non si tratta di un fenomeno pittoresco e innocuo. Lo sappiamo fin troppo bene. L’imbecillismo dilaga, fa scuola: prolifera. Apre centri di studio, crea reti, tiene convegni. Va al governo. Il punto è che, trasformato in dottrina, convince.
La sua efficacia consiste almeno in parte nel fatto che quando una persona normale si confronta con un imbecillista ne viene completamente disarmata. Torniamo per un momento all’esempio dello stimato conferenziere che professa l’autarchia economica. Davanti a un’opinione simile restiamo per un attimo senza fiato, senza argomenti; ci rotola addosso come un macigno, proprio perché, nella sua imbecillità, è colossale, titanica; la nostra mente prende ad annaspare nel vuoto, in cerca di appigli, finché dal caos cominciano a emergere confuse reminiscenze di autarchie passate, di surrogati del caffè e dell’asfalto (il macadam!... Una parola che avevamo relegato in un limbo di oggetti patetici e dimenticati come le piccole, buone cose di pessimo gusto della nonna gozzaniana), e iniziamo a domandarci come potrebbe essere, poniamo, un surrogato italico dell’iPhone.
Come reagire? Nel solito vecchio modo: allineando fatti, verità incontrovertibili, argomenti. Al fascista che impugna la costituzione italiana come baluardo della sovranità nazionale e argomento anti-europeo ricorderemo – dopo averlo cortesemente invitato a leggerla – che i più illustri fra i nostri padri costituenti erano non solo pro-europei, ma federalisti schietti (Einaudi, De Gasperi, Calamandrei, Parri, La Malfa, più tardi Pertini... devo continuare?); che abbiamo le loro relazioni al primo congresso dei federalisti europei nel 1947; che non a caso nel famigerato articolo 11 vollero la repubblica italiana disposta a limitare la propria sovranità per aderire alle nascenti istituzioni sovranazionali, e così via.
Non facciamoci disarmare dall’imbecillismo! Usiamo la logica. Non siamo affatto disarmati: siamo forti di un patrimonio di conquiste intellettuali da cui possiamo pescare a piene mani. Abbiamo il metodo scientifico, l’illuminismo, Kant, Copernico... Coraggio... Dobbiamo restare fedeli al vecchio adagio: fa ciò che devi, accada quel che può, e proseguire sereni sulla retta via, certi che così facendo non arriveremo ai confini del mondo, con il rischio di precipitare nel vuoto, ma, nel peggiore dei casi, ci ritroveremo al punto di partenza: perché la terra è rotonda, non è vero?
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