Negli ultimi anni, la gestione dei flussi migratori è diventata uno dei temi centrali nelle agende politiche dei governi europei. Mentre a Bruxelles si intensificano i dibattiti su come affrontare le sfide legate all’immigrazione, emergono modelli molto differenti tra loro. Da una parte, la Spagna, con una politica che cerca di facilitare l’integrazione dei migranti, dall’altra l’Italia di Giorgia Meloni, che propone un approccio fortemente restrittivo, esemplificato dalla recente decisione di aprire centri per migranti in Albania. I due approcci rappresentano visioni diametralmente opposte sul futuro delle migrazioni in Europa.
Il governo spagnolo, guidato da Pedro Sánchez, sta puntando su una riforma della normativa sull’immigrazione che mira a semplificare i processi di regolarizzazione e favorire l’integrazione dei migranti nel mercato del lavoro. Secondo un articolo pubblicato, in esclusiva, su El País in data 21 ottobre, il nuovo regolamento, che dovrebbe essere approvato a metà novembre, aprirà le porte alla regolarizzazione di migliaia di persone che vivono in Spagna in condizioni di irregolarità, permettendo loro di ottenere un permesso di soggiorno e di lavoro. Si tratta di un cambiamento radicale rispetto all’approccio tradizionale, che richiedeva ai migranti di vivere in clandestinità per almeno tre anni prima di poter accedere a una regolarizzazione.
Il regolamento mira a ridurre i tempi di attesa per i permessi di soggiorno, semplificare le procedure burocratiche e ampliare le opportunità lavorative per i migranti. Saranno particolarmente avvantaggiati studenti, lavoratori in cerca di occupazione e richiedenti asilo. Questo approccio, secondo il governo spagnolo, contribuirà non solo a migliorare l’integrazione dei migranti, ma anche a rafforzare l’economia del Paese, rispondendo alla crescente domanda di manodopera in settori cruciali come la ristorazione, la costruzione e i servizi di assistenza.
Pedro Sánchez ha difeso pubblicamente questa visione, sostenendo che l’immigrazione legale è una forma per finanziare le nostre economie, in contrasto con il clima sempre più ostile nei confronti dei migranti in molti Paesi europei-> https://elpais.com/espana/2024-10-21/el-plan-fiscal-enviado-por-el-gobierno-a-bruselas-confia-en-la-incorporacion-de-migrantes-al-mercado.html]. La Spagna, dunque, cerca di posizionarsi come un esempio di politica migratoria inclusiva e sostenibile, basata sulla necessità di garantire i diritti dei migranti e sulla consapevolezza del loro contributo positivo all’economia e al benessere sociale.
All’opposto, il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha scelto una strada molto più severa, adottando misure volte a limitare i flussi migratori e scoraggiare l’arrivo di nuovi migranti. L’accordo recente tra Italia e Albania per la creazione di centri di detenzione per migranti sul suolo albanese rappresenta un esempio lampante di questa strategia. L’obiettivo è chiaro: spostare il problema dell’immigrazione fuori dai confini europei, esternalizzando la gestione dei richiedenti asilo e dei migranti irregolari.
Questo approccio, che riprende il modello australiano dei centri di detenzione offshore, si basa su una logica di deterrenza, mirata a scoraggiare i migranti dall’intraprendere il viaggio verso l’Europa. Secondo Meloni, solo con politiche dure e restrittive si può controllare efficacemente l’immigrazione, evitando che l’Italia diventi ‘il campo profughi d’Europa’. Tuttavia, questa visione ha sollevato molte critiche, sia a livello nazionale che internazionale, per le sue implicazioni etiche e per i dubbi sull’efficacia a lungo termine di misure basate sulla repressione.
Il confronto tra le politiche migratorie della Spagna e dell’Italia evidenzia due approcci radicalmente diversi. Da una parte, la Spagna cerca di gestire l’immigrazione come un’opportunità, facilitando l’integrazione dei migranti e riconoscendone il valore economico e sociale. L’idea che la presenza di migranti possa contribuire alla crescita economica è supportata anche da studi che dimostrano come, in settori chiave, la manodopera straniera sia essenziale per mantenere la competitività delle aziende e garantire il benessere sociale.
Dall’altra, l’Italia adotta una strategia di chiusura e deterrenza, puntando su politiche restrittive che mirano a limitare al massimo i nuovi arrivi. Tuttavia, questo approccio non solo ignora la realtà della domanda di manodopera in settori dove la popolazione locale non è sufficiente, ma rischia anche di isolare l’Italia sul piano europeo, proprio mentre Bruxelles cerca soluzioni comuni per la gestione dei flussi migratori.
Le scelte politiche di Spagna e Italia riflettono due visioni opposte dell’immigrazione in Europa. Mentre la Spagna vede nei migranti una risorsa da valorizzare per il futuro del Paese, l’Italia preferisce un modello basato su chiusure e deterrenza. Sebbene ogni Paese abbia le proprie peculiarità e necessità, l’approccio spagnolo sembra essere più lungimirante e sostenibile, soprattutto in un contesto in cui l’invecchiamento della popolazione e la carenza di manodopera rappresentano sfide cruciali per il futuro dell’Europa. Un governo che esclude ed un governo che apre, un governo che respinge ed un altro che accoglie, un governo che teme ed un governo che incoraggia. Non si tratta solo di due modelli di policies ma di una prospettiva sui problemi che ci interroga, oggi più che mai, nell’età della confusione e del malinteso, sul senso ultimo di una politica di destra ed una politica di sinistra. Un tema e due modelli da cui ricostruire le differenze di due mondi che mai come oggi battagliano per la propria affermazione e che contribuiranno a disegnare l’Europa dei prossimi anni.
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