Ma queste risposte sono spesso tardive o insufficienti. I governi riuniti a Glasgow per i lavori della Cop26 prendono impegni fin troppo modesti secondo i militanti ambientalisti, che hanno marciato per le strade di numerose città nel mondo a favore della giustizia climatica. La consapevolezza che la lotta per il clima sia una priorità è ormai sotto gli occhi di tutti.
Di fronte a questa sfida l’Unione Europea è stata in grado di riaffermare la sua leadership, ponendosi tra i primi attori internazionali a intraprendere un piano d’azione per contrastare i cambiamenti climatici. Il Green Deal europeo, ovvero l’insieme delle iniziative strategiche adottate in vista della transizione ecologica, dalla neutralità climatica al decoupling, è un piano ambizioso che mira alla trasformazione dell’Unione in una moderna economia di mercato, in una società prospera ed equa, nella quale saranno azzerate le emissioni di gas serra.
L’approccio del Green Deal è onnicomprensivo. Riguarda non solo clima e ambiente, ma anche energia, industria, trasporti, finanza sostenibile e agricoltura. La legge europea sul clima, che mira alla neutralità climatica entro il 2050, intende rendere questo obiettivo politico giuridicamente vincolante. Vi sono poi la nuova strategia industriale, il piano d’azione per l’economia circolare, le strategia dell’UE sulla biodiversità entro il 2030 e quella From Farm to Fork, volta alla sostenibilità del sistema alimentare.
Un piano così significativo presenta effetti altrettanto rilevanti. Le conseguenze del Green Deal si riverseranno tanto sull’Unione europea quanto sui Paesi terzi a essa connessi. Il cambio radicale del sistema energetico riguarderà anche i suoi partner commerciali esportatori di energia. La neutralità climatica a cui l’Unione ambisce implicherà infatti la rinuncia ad importare dalla Russia gran parte di gas e combustibili fossi.
Se l’Unione europea vuole davvero ottenere a livello globale un ruolo guida nella transizione verde, non può non tenere conto delle dinamiche geopolitiche e della rivalità tra potenze in aree cruciali del pianeta. Come l’Artico, la cui stabilità è essenziale per l’autonomia strategica e la leadership dell’Unione. La lotta per il clima ha quindi delle implicazioni enormi, che dallo stile di vita dei singoli individui si riversano sull’intero contesto geopolitico mondiale, ponendo sfide strategiche e diplomatiche.
Viceversa, un’Unione europea climaticamente neutra entro il 2050 presenta essa stessa numerose conseguenze geopolitiche. La complessità della sua politica energetica è messa in luce dalle ripercussioni globali che essa presenta. Inoltre, la speranza del successo dell’Unione nella lotta per il clima non manca neppure al suo interno. L’aumento dei prezzi del gas in Europa ha incentivato molti governi ad affrettarsi nelle strategie per ridurre le emissioni, mentre il successo in Germania dei Verdi manifesta il fatto che in un’economia importante come quella tedesca le azioni per il clima sono sostenute pubblicamente.
Il potenziale dell’Unione europea per incentivare altri Paesi a seguire obiettivi simili è quindi molto alto. Attraverso risposte complesse a problemi altrettanto complessi, l’Unione sembra essere perfettamente in grado di affrontare una sfida che riguarda l’intero pianeta.
Segui i commenti:
|
