Sono da pochi giorni rientrata a Ravenna, dopo una non breve permanenza a Parigi.
Mi sono trovata a due passi dall’occhio del ciclone. Perché tale è stato in quei giorni, un ciclone. Tale, almeno, per il nostro metro europeo. Uscita da un Museo vicino alla redazione di Charlie Hebdo, ho subito avvertito che l’atmosfera era mutata. Volti esterrefatti e increduli, i primi commenti, sirene della polizia e delle autoambulanze che da quel momento - tarda mattinata di mercoledì 7 gennaio - fino a venerdì notte 9 gennaio non si sono mai interrotte.
Poi, uno strano silenzio.
Una Parigi inedita e stravolta. Eppure, scambiando addolorate parole con conoscenti parigini ed una amica italiana da anni residente a Parigi, ho avvertito - aiutata anche dai quotidiani di diverso orientamento - che il dolore e l’indignazione erano affrontati con una particolare forza. Una forza non improvvisata, che sembra avere sue proprie e profonde radici. Una forza che viene da lontano, da molto lontano. Le parole più ascoltate e lette, con un orgoglio inusuale per noi italiani, erano “libertà repubblicana”.
Moltissime le immagini disegnate in risposta alla tragedia che contenevano questo spirito. I quotidiani ne erano pieni. Intanto, una immediata e diretta assunzione di responsabilità, quasi che con Je suis Charlie ci fosse l’adesione ad una cittadinanza ideale, come dire sono culturalmente francese. Potete considerare anche me un bersaglio. Un patriottismo culturale più forte di quello dovuto alla nascita, un patriottismo culturale che ha visto vicine persone di diversa religione e origine. Due immagini di due giorni dopo mi hanno colpito per l’efficacia. Una contiene tre matite. Quelle intera, ieri. Quella spezzata, oggi. La matita spezzata che diventa due matite, dopo che un temperino ha fatto il suo lavoro,domani. La forza della penna, una delle poche armi non improprie nelle umane e spesso difficili relazioni.
Inoltre, “Le Monde” ha ripubblicato una vignetta quasi profetica di Cabu, del 2006. C’è Maometto, disperato,con le mani sul volto, che dice “È dura essere amati da teste di…”. Una immagine nella quale i musulmani ragionevoli che – ne sono convinta – in Europa e non solo sono la maggioranza, si sono immediatamente riconosciuti. Ma la sintesi dell’impressione di forza psicologica e culturale che ho avvertito a Parigi è nella immagine/antologia - l’ultima pagina de L’ Humanité dell’11 gennaio -, un montaggio degli artisti Ernest Pignon-Ernest e Nelly Maurel.
Il titolo Tous Charlie indica che Charlie ha dietro di sé - o si fonda su - una lunga storia di idee, di intellettuali francesi e non solo, i cui volti sono avvicinati fra loro e fanno corona a Cabu, uno degli autori più amati di Charlie Hebdo. Ne riconosco alcuni. Rousseau, il filosofo dell’uguaglianza, fra Voltaire – mi pare – il filosofo della libertà e Louise Michel, eroina anarchica della Comune, sempre indomita di fronte alla repressione. Il giovane ed enigmatico Rimbaud non lontano da Picasso, il pittore che disegnò la colomba della pace, e Prevert, il poeta della ironia leggera e fine. Forse riconosco anche madame de Sevignè, che ha insegnato ai francesi a scrivere in modo “prezioso”, attorniata da donne che hanno avuto molta importanza nella storia della libertà femminile, George Sand, Rosa Luxemburg, Marguerite Duras, Simone de Beauvoir. Tous Charlie, tutti i Charlie che ci hanno preceduto, che formano un coro non indistinto che dà sostanza a una storia e a una tradizione.
Parigi è forte di questa storia, che è diventata storia europea. La dignità con cui la città di Parigi ha affrontato la tragedia, con forte passione civile e senza paura, ha avuto ampia risonanza in tante città di Francia, prima e durante la grande e internazionale manifestazione di domenica 11 gennaio. Per una volta, almeno, Istituzioni e popolo insieme.
Credo che l’Europa debba darsi la stessa forza. Passione civile intelligente, in una robusta relazione fra intellettuali e popolo, con una riflessione critica sulla imperfetta attuazione dei principi di libertà, non sempre coerentemente connessi con uguaglianza e fraternità, come ben sanno sulla loro pelle gli emarginati delle banlieus. La libertà è un albero bello, ma non ha forza sufficiente in terreni dove la disuguaglianza divide e favorisce illusorie ma potenti e distruttive passioni. L’Europa ha una storica responsabilità. Ha dato vita a idee molto alte e inclusive fin dall’antichità - in alcuni casi - passando per il cristianesimo e l’illuminismo, fino al socialismo e alle nostre Costituzioni. È- la nostra odierna cultura e politica - all’altezza di quanto è stato teorizzato? Parigi in questi giorni lo è stata. Non si è barricata in illusorie fortezze. È un cammino facile quello che ci aspetta? Credo sia il più difficile perché non esistono strade già tracciate. Ma la bussola c’è.
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