Caro Josep,
Voglio farti i miei più sinceri auguri in occasione del tuo 75° compleanno. La tua attuale posizione di Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza corona un coerente itinerario politico trascorso al servizio dell’unificazione Europea, testimoniato dalla Presidenza del Parlamento Europeo e dall’Istituto Universitario Europeo.
Approfitto di questa occasione per sottoporre alla tua attenzione una riflessione sullo status internazionale dell’Ucraina, che è una delle questioni più preoccupanti che l’Europa deve affrontare oggi.
L’Ucraina che abbiamo ereditato dalla storia è un Paese profondamente diviso: diviso tra un’anima europea e un’anima russa. Nel mondo esistono molti stati multinazionali dove convivono differenze etniche e linguistiche senza generare tensioni e violenze e senza mettere in discussione la coesione delle istituzioni statali. Ciò che distingue l’Ucraina è che essa è attraversata dalla linea di faglia tra due grandi regioni del mondo, cioè quella europea e quella russa.
L’oscillazione dell’Ucraina tra Est e Ovest mostra come stia diventando la pedina di una disputa che sembra riportarci al ritorno della politica di potere che tu denunci nel tuo rapporto sulla Bussola Strategica. Il rischio più grave per il Paese in questo momento drammatico è il suo smembramento. Se la situazione sfugge al controllo delle forze politiche in lizza per governare il Paese, e degli attori esterni da cui dipende l’ordine mondiale, ciò potrebbe innescare la più pericolosa crisi internazionale dalla fine della Guerra Fredda. Il Paese è diviso: mentre la metà occidentale dell’Ucraina tende verso l’Europa, la metà orientale tende verso la Russia. Tuttavia, la decisione sul futuro del Paese sarà presa altrove. Quello che va assolutamente evitato è che la decisione venga presentata come una scelta tra Oriente e Occidente. Purtroppo, l’annessione della Crimea alla Russia è un passo irreversibile verso una spirale di ritorsioni reciproche che rischia di mettere in discussione i risultati positivi raggiunti dalla collaborazione dell’Occidente con la Russia, primo fra tutti il visionario piano di Gorbaciov per una Casa Comune Europea.
È un dato di fatto che Putin ha violato il diritto internazionale e, sebbene la legittimità del referendum sull’annessione della Crimea sia stata minata dall’occupazione militare russa, sul piano politico rispecchia comunque – secondo gli osservatori più accreditati – la volontà della maggioranza degli abitanti di quella regione. Resta comunque il fatto che in Crimea esistono minoranze etniche e linguistiche (in primis i tartari) che hanno diritto alla protezione. In termini militari, la Russia ha una superiorità indiscutibile. La base navale russa in Crimea a Sebastopoli svolge un ruolo molto strategico, poiché fornisce uno sbocco per la flotta russa nel Mar Mediterraneo. L’Ucraina è di fatto assediata dalla Russia, che controlla la maggior parte dei suoi confini terrestri e marittimi. È nell’interesse dell’Occidente, in particolare dell’UE, scongiurare l’opzione militare, che potrebbe scuotere dalle fondamenta l’ordine mondiale e farci precipitare in un conflitto di proporzioni catastrofiche. È da riconoscere che la proposta di associare l’Ucraina alla UE ha contribuito ad innescare la crisi: questo Paese, che per secoli ha fatto parte della Russia, rappresenta un aspetto strategico del progetto di Putin di istituire l’Unione Eurasiatica e, più in generale, del tentativo della Russia di recuperare il suo status di grande potenza.
L’UE deve chiarire quali sono i suoi confini e dove deve fermarsi il processo di allargamento ad Est, allargamento che sta interessando attualmente anche i Balcani occidentali. Nelle lingue slave, Ucraina significa «il confine» e, in pratica, è qui che si trova il confine dell’Europa. L’Europa deve riconoscere il diritto dei paesi situati ai suoi confini orientali di costruire un’organizzazione regionale. In questa regione è nato un processo di integrazione chiamato Unione Economica Eurasiatica (EAEU), che consente di realizzare le economie di scala e le dimensioni politiche necessarie per garantire lo sviluppo economico. Ma la strada principale che porterebbe alla crescita economica della regione eurasiatica sembra essere un’unione doganale con l’UE. Condizione per la soluzione della crisi è però che l’Ucraina decida di non aderire a organizzazioni internazionali di cui la Russia non sia membro, come la UE e la NATO. Zbigniew Brzezinski e Henry Kissinger hanno evocato per l’Ucraina il modello della Finlandia, ovvero la scelta di un posizionamento internazionale che non sia né anti-europeo né anti-russo. Tale proposta è attraente perché invita ad evitare piani che possano portare allo scontro tra posizioni inconciliabili e allo smembramento. Tuttavia questo modello appartiene al mondo della Guerra Fredda, un mondo che era diviso in due e che non esiste più e non può tornare. Non c’è più l’Unione Sovietica né c’è il conflitto tra comunismo e capitalismo.
Il sistema politico internazionale si sta evolvendo irreversibilmente verso una struttura multipolare. Ma la novità è che le relazioni internazionali sono invischiate in una fitta rete di organizzazioni internazionali che sono l’espressione della necessità di co-gestire un numero crescente di problemi che non possono essere risolti separatamente dai singoli paesi. In questi giorni, rispetto alle vecchie formule neutraliste, è possibile progettare e sperimentare nuove forme di organizzazione internazionale che possano aprire la strada a un’Ucraina che sviluppi rapporti di cooperazione sia con la Russia che con l’UE. Devono iniziare subito dei negoziati tra USA, Russia e UE che coinvolgano tutte le forze politiche ucraine e le impegnino a costruire un accordo che mantenga l’unità del Paese e sviluppi nuove forme di cooperazione tra UE e EAEU. Inoltre, esistono diverse istituzioni interregionali in cui siedono tutti gli attori interessati ai negoziati, ovvero Stati Uniti, Russia e UE: in primis l’OSCE, ma anche il Consiglio NATO-Russia e il Consiglio d’Europa (dove gli Stati Uniti sono un osservatore). Invece di applicare le modalità tradizionali del “qui o là” dell’era del nazionalismo, perché non adottare quella del “e qua e là” del modello federalista? Un nuovo tipo di federalismo potrebbe aprire la strada alla sperimentazione di una formula istituzionale che consenta l’associazione dell’Ucraina sia all’UE che all’EAEU: una formula che consenta di attutire la minaccia della guerra civile e salvaguardare l’integrità territoriale della Paese.
L’Ucraina non è un caso isolato. Esistono esempi simili di paesi che fungono da cardini tra due grandi regioni del mondo (ad esempio, la Turchia, al confine tra Europa e Medio Oriente, o il Messico, al confine tra Nord America e America Latina) e che possono fungere da ponte e veicolo di nuove forme di solidarietà tra le maggiori regioni del mondo. Come l’UE, l’Ucraina dipende dalle forniture di petrolio e gas dalla Russia. Da un lato, quindi, poiché l’Europa dipenderà ancora dalla Russia per le risorse energetiche per alcuni anni a venire, è urgente che l’UE adotti una politica energetica unica per ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, e si unisca agli sforzi per accelerare la transizione verso le energie rinnovabili. D’altra parte, la Russia non è attualmente in grado di far fronte alla concorrenza dell’UE, ma ha bisogno del suo mercato. È consapevole delle debolezze strutturali del suo sistema produttivo, basato sull’esportazione di gas e petrolio – che le ha fornito il temporaneo beneficio di una notevole solidità finanziaria –, e punta a modernizzare il proprio sistema produttivo attraverso l’EAEU. Un accordo economico che assicura la cooperazione tra Europa e Russia per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico (dalla Russia) e le tecnologie più avanzate (dall’UE), e che vincola l’accordo all’affermazione nell’EAEU dei principi della democrazia rappresentativa e dello stato di diritto, rappresenta la condizione per iniziare a risolvere la crisi ucraina in un quadro di stabilità e cooperazione tra comunità regionali contigue.
Inoltre, al fine di preservare l’unità politica dell’Ucraina, la convivenza tra le diverse componenti etniche, linguistiche e religiose del Paese potrebbe essere assicurata da una riforma delle sue istituzioni in senso federale, e più precisamente applicando una forma di federalismo asimmetrico, che prevede di concedere alle regioni orientali, in gran parte di lingua russa, maggiori margini di autogoverno nei settori dell’istruzione, della cultura e della gestione delle forze di polizia. La flessibilità del federalismo asimmetrico è tale da consentire di concedere uno status speciale di autonomia alla Crimea, rendendo compatibili il suo inserimento nel sistema di difesa russo e la sua appartenenza allo Stato ucraino. Questa riforma costituzionale comporterebbe la trasformazione dell’Ucraina da stato unitario a stato federale: mentre i governatori regionali sono ora nominati dal Presidente dell’Ucraina, in base alla riforma sarebbero in futuro eletti dai cittadini.
La debolezza politica dell’UE in questa drammatica circostanza mostra che, come tu spesso affermi, il soft power da solo non basta più, e rivela che l’anello mancante per costruire un nuovo ordine politico ed economico internazionale è un’Europa che sappia parlare con una voce sola. Contenendo l’aggressività degli Stati Uniti nei confronti della Russia, un’UE più forte e coesa acquisirebbe l’autorità per correggere il disegno imperialista e nazionalista di Putin, volto a riorganizzare la regione eurasiatica facendo appello alla grande Madre Russia. Creando un clima più favorevole alla cooperazione internazionale nei settori della sicurezza e dell’economia, l’UE potrebbe disinnescare i fattori che hanno indotto la Russia a scegliere il nazionalismo e l’autoritarismo, e potrebbe incoraggiare il paese ad evolversi verso la riorganizzazione sia delle proprie istituzioni che dei suoi rapporti con le ex-Repubbliche sovietiche in direzione federale. Promuovere e consolidare la costruzione di istituzioni democratiche in Ucraina, creare le condizioni per coinvolgere la Russia e le ex-repubbliche sovietiche in questo progetto è un obiettivo importante che deve diventare una priorità nella politica estera europea. Siamo tutti d’accordo sul fatto che lo sviluppo economico e la stabilità internazionale siano le condizioni per rafforzare le istituzioni democratiche. Pertanto, l’Europa può offrire un contributo decisivo al raggiungimento di questi obiettivi, a condizione che migliori il suo potere di dissuasione. Questo è l’obiettivo perseguito dalla “Bussola Strategica”. Inoltre, portare a compimento la rivoluzione democratica, per la quale il “popolo di Majdan”, a Kiev, ha dimostrato di essere disposto a sacrificare la propria vita, è un compito a cui l’Europa deve dedicare tutte le sue energie.
1. su 24 aprile 2022 a 18:38, di Fabio Pietribiasi In risposta a: Per i 75 anni di Josep Borrell
Condivido la proposta del federalismo differenziato dove assomiglia al regionalismo differenziato italiano. L’autonomia speciale concessa all’Alto Adige ha evitato molti guai e, a parte qualche traliccio abbattuto in Val Passiria negli anni ’60, tedeschi e italiani hanno convissuto pacificamente. Mi è difficile capire come la Crimea potrebbe appartenere all’Ucraina e nello stesso tempo essere inserita nel sistema di difesa russo
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