Una memoria socio-operativa

Per la solidarietà federale europea

, di Francesco Introzzi

Per la solidarietà federale europea
Fonte: vapourtrails, Flags of European Union member countries outside the Strasbourg train station, Flickr, https://www.flickr.com/photos/vapourtrails/6986735186

Ho compiuto da qualche giorno i 90 anni, ma è una vita (dal1953) che sono impegnato sul terreno del federalismo europeo (in dissenso, dal 1967, con il MFE), devo dire senza arrivare al dunque (anche se non posso dire “senza costrutto”). In principio abbiamo potuto contare sulla solidarietà americana – almeno in funzione anti-sovietica - fino alla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989).

Da quel momento, alla precedente solidarietà atlantica, è subentrata una larvata (ma non troppo dissimulata) situazione di marcata subalternità europea rispetto ad un progressivo atteggiamento di distaccato disimpegno americano verso l’Unione (nel solco di un ormai recondito “Piano Marshall”) e di subentrante, pesante, invasiva, egemonia finanziario-militare (nucleare) transatlantica.

Il risultato è quello di un’Europa politica in frantumi (la “Brexit” ne è la manifestazione più eclatante ma altri fenomeni che toccano i singoli paesi dell’Unione ne sono la multiforme dimostrazione).

Adesso siamo arrivati addirittura al suicidio dichiarato della democrazia ungherese con il parlamento di Budapest che – con una votazione democratica (la storia del fascismo italiano si sta ripetendo nell’Ungheria del 2020) - attribuisce i pieni poteri al “dittatore magiaro” Viktor Orban. L’area democratica europea sta quindi progressivamente riducendosi. Avevamo già perso per strada la Turchia di Erdogan (alleato NATO) e ora anche la Spagna monarchica di Felipe II è sulla strada di allontanarsi dalla democrazia europea: nostalgica dell’esperienza franchista mantiene infatti in carcere – e senza che il parlamento europeo denunci questo inammissibile misfatto - gli esponenti politici catalani, colpevoli di esercitare il loro sacrosanto diritto di esprimere – civilmente - delle idee che il parlamento nazionale spagnolo, il governo nazionale e la relativa magistratura, non condividono!

La nostra frantumazione – a favore della progressiva egemonia statunitense – è un obiettivo pervicacemente perseguito dei nostri ambigui amici (?!) d’Oltre-Atlantico, ma siamo prima di tutto noi europei i veri responsabili delle nostre stesse incongruenze!

Nonostante le grandi difficoltà che come europei abbiamo dovuto affrontare nel durissimo processo di integrazione, abbiamo costruito un insieme di istituzioni – e di relazioni sociali – infra-europee che ormai possiamo dire prefigurino un vero e proprio “Commonwealth federale europeo”.

Abbiamo una “magistratura europea” che è decisamente la struttura portante di una normativa unificante - certe volte addirittura strabordante – che supplisce, in mancanza di meglio, alle deficienze della politica.

Abbiamo una “Commissione esecutiva europea” che costituisce, all’atto pratico, una specie di “governo-ombra”, quello attualmente presieduto da Ursula Von Der Leyen.

Abbiamo il Parlamento europeo che, in realtà, è solo un “parlamento-ombra” con poteri legislativi estremamente limitati, rispetto ai parlamenti nazionali.

Ora, non possiamo permetterci di concedere ulteriore tempo alle politiche nazionaliste: è giunto il momento che gli organismi-ombra dell’Unione Europea, si accingano – e urgentemente – ad assumere le piene funzioni per le quali sono state create. Non devono aspettare oltre che arrivino dei lasciapassare dai responsabili politici dei paesi membri. I responsabili dell’Unione devono assumere nella loro pienezza le proprie responsabilità sovra-nazionali e le proprie funzioni di carattere federale non rinunciando alla grande occasione della “Conferenza sul Futuro dell’Europa”. Saranno i responsabili politici dei diversi paesi facenti parte dell’Unione ad allinearsi o a dissociarsi dalle decisioni politiche di livello comunitario cui hanno partecipato anche i cittadini e delle loro scelte ne risponderanno ai loro elettorati nazionali.

Approvato al termine del processo un eventuale nuovo trattato costituente, i paesi i cui parlamenti nazionali avranno avallato le decisioni adottate dai responsabili politici di livello europeo saranno – a tutti gli effetti – membri della struttura politica federale. Ogni altro paese, da quel momento, automaticamente si dovrebbe considerare escluso dagli organi, sia del “Commonwealth federale europeo” che della “Ex-Unione europea”.

Credo che poi il nostro “European Federal Commonweath" - di fronte al catastrofico fenomeno planetario della pandemia da Corona-virus si trovi comunque a dover intervenire – con la massima urgenza e determinazione - con azioni inserite, appunto, in un quadro globale che penserei di dover articolare in almeno tre questioni-base:

(1) la funzione sociale della moneta;

(2) la gestione politico-planetaria del clima;

(3) l’integrazione planetaria da riformulare in termini di “federalismo civile” (a base localistico-comunitaria, contro il sedicente “federalismo” di ispirazione “super-nazionalista” e sostanzialmente “centralistico-endocolonialista”).

La funzione - etico-economica - della moneta

La funzione positiva della moneta, quale strumento di scambio merceologico – professionale si accompagna, in modo patologico, con un “effetto socio-ricattatorio”. Se il lavoratore subordinato non accetta la condizione di “asservimento morale” imposta dal “datore monetario” rischia il “licenziamento e la “morte socio-fisiologica”.

A quella condizione deve ovviare la strutturazione politico-giuridica di una “società civile” in grado di ristabilire una situazione di “bilanciamento equitativo” tra la condizione etico-sociale del “datore monetario” e quella del gruppo comunitario” dei “datori di capacità socio-operativa”; l’elemento giuridico di base deve diventare quello del ribaltamento della funzione imprenditoriale.

Questa “funzione imprenditoriale” che dev’essere giuridicamente riconosciuta – invece che alla proprietà finanziario-produttiva (propria del sistema capitalista) – al fattore umano (che in termini capitalistici si concreta nel “lavoro sub-ordinato” a fronte di un “lavoro sovra-ordinato” socialmente associato alla classe dei “proprietari dei mezzi di produzione” (burocrati pubblici o di partito ivi ricompresi).

La gestione politico-planetaria del clima

È stato provato che, a sovrapporre due carte geografiche rappresentanti le aree di maggiore densità di inquinamento atmosferico e le aree di maggiore esposizione ai rischi di infezione virale, queste due aree coincidono. Anche se tali aree non coincidessero, in ogni caso, rimane il fatto che l’aridità progressiva dei territori del pianeta si accompagna al suo progressivo riscaldamento con una devastazione totale – vegetale e animale - dei territori vittime di incendi incontenibili.

Viceversa, dobbiamo rilevare che l’unico aspetto positivo della quarantena imposta per contenere prima, ed azzerare poi, l’espansione del “corona virus”, è stato un consistente miglioramento della qualità atmosferica. Ma ci vuole ben altro per recuperare l’intensità – meno violenta – del flusso stagionale delle piogge, delle nevicate e delle glaciazioni (a cominciare dal ghiaccio dei poli terrestri).

Una verità che giorno per giorno diventa sempre più evidente è l’inadeguatezza dell’ONU (“Organizzazione delle Nazioni Unite”, alias “UNO /United Nations Organization”) rispetto alla complessità e all’urgenza quotidiana delle questioni relative alla governabilità generale del pianeta.

Al rischio climatico e agro-zoo-biologico – dal nostro punto di vista euro-occidentale e atlantico - si aggiunge la precarietà di una civiltà ancora fondata sulla fiducia tra “persone civili” e sul reciproco supporto delle nostre libertà: e delle nostre libere differenziazioni, psico-biologiche ed etico-comportamentali.

L’integrazione planetaria sulla base del “federalismo civile”

Il discorso generale sul “federalismo” richiede una premessa di carattere “semantico” (mi sembra che l’uso di questa “aggettivizzazione” della nostra analisi sia abbastanza appropriata).

Se è vero che la concezione federalista di Carlo Cattaneo sia abbastanza elastica da prendere per buone tutte le applicazioni politiche che territorialmente siano, di fatto, realizzate nelle diverse realtà storiche è anche vero che, per lo stesso Cattaneo, non esisteva una perfetta sintonia intellettuale (e politica) tra il suo “federalismo” e il “federalismo elvetico” e, in particolare, il “federalismo ticinese”.

A questo proposito sarebbe imprescindibile lo studio fornitoci da Jonathan Steinberg intitolato “Carlo Cattaneo and the Swiss Idea of Liberty” al quale rimando il cultore interessato. [1].

Quel che entusiasma Cattaneo della Confederazione Elvetica è la sua struttura a base localistico-indipendentista che riesce a salvare insieme, la sovranità della comunità territoriale federata (ogni cantone, in seno alla Confederazione, costituisce “una repubblica indipendente”) e il trasferimento – non in termini di “titolarità politica” – ma solo in termini di “attribuzione funzionale” – di tutte le materie di cui gli organi federali – “organi federali” con i quali si rende operativa la “Confederazione” – vengono operativamente (e non politicamente) caricati. In questo modo gli svizzeri evitano in modo inequivocabile il rischio di diventare “territorio egemonizzato” di Berna, capitale federale. È la Confederazione – costituita dal complesso politico dei Cantoni – a controllare Berna, non è Berna – non sono gli organi federali – a controllare i Cantoni. La Svizzera insegna quello che forse neanche gli americani hanno mai posseduto: la libertà – l’indipendenza anti-autarchica - delle comunità politiche locali!

L’imperdonabile ignoranza politica della Spagna – che ancora rivela di essere allieva della scuola franchista – è responsabile delle inammissibili carcerazioni dei politici catalani accusati di indipendentismo: l’indipendentismo è la base del “federalismo civile” di ispirazione cattaneana. Ma è una scuola – quella cattaneana – che ancora oggi la stessa Italia fatica a studiare e a tradurre in un sistema coerente di articoli costituzionali!

Mai come dopo l’avvento tecnologico della globalizzazione abbiamo bisogno di una strutturazione politica planetaria che metta definitivamente al banco un sistema internazionale come quello delle Nazioni Unite.

I rapporti inter-nazionali sono ancora ispirati a un bilanciamento precario di forze sociali che si confrontano in modo violento, tra eserciti armati, invece di concorrere in modo civile – disarmato – a un riparto equitativo delle risorse del pianeta facendo attenzione a recuperare una salvaguardia responsabile del clima e del patrimonio - umano, animale, vegetale e idrico – del nostro piccolo e preziosissimo – indispensabile-pianeta Terra.

Bene, non un federalismo qualunque, può salvarci ed istituzionalizzare i conflitti, ma solo un “federalismo civile” di ispirazione cattaneana!

Last but non-least

Un’integrazione essenziale - La “linea Draghi”, una deliberata “forzatura federale” della funzione di “Presidente della BCE

Tutta l’analisi sopra esposta, a prima vista può apparire come l’elaborazione di una “forzatura” rispetto all’attuale strutturazione pre-federale dell’Unione Europea (esattamente un insieme di strutture-ombra in attesa spasmodica di una mancata operazione di ratifica che i (latitanti) governi nazionali europei non si decidono mai (insieme) di tradurre in pratica. Dobbiamo invece riconoscere una fondamentale realtà che è sotto gli occhi di tutto il popolo europeo. Quando tutti hanno applaudito alla determinazione di Mario Draghi nel varare i suoi programmi di “quantitative easing” (QE), in realtà, era uscito dal puro ambito di un’autorità monetaria per esercitare, di fatto, la funzione politica di “Presidente del governo federale europeo”, e questo con il tacito consenso di tutti gli organi UE e – fatto essenziale – di tutti i parlamenti nazionali dell’area euro.

Quando Christine Lagard - ormai subentrata a Mario Draghi nella presidenza BCE – aveva preso, inizialmente, posizione contro la politica del QE - attirandosi, in Italia, una caterva di improperi – in realtà aveva esplicitato una linea semplicemente ortodossa – quindi assolutamente legittima - rispetto all’incarico alla quale era stata chiamata. Quando si è allineata alla “linea Draghi” ha, di fatto, anche lei adottato una linea politica “fuori schema”.

Ci troviamo quindi, in Europa, in uno stallo dal quale è urgente uscire portando al suo logico perfezionamento “l’azione politica - più “federale” che “federalista” - di Mario Draghi. A lui il merito storico - acquisito ma incompleto - di aver forzato l’esercizio delle funzioni federali al di là dei contenuti politici dei trattati dell’Unione.

Note

[1Un capitolo che è parte del volume collettaneo: “Giuseppe Mazzini and the globalization of democratic nationalism 1830-1920”, Oxford University Press, 2008

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