In ogni caso, l’attività umana, guidata dai processi di industrializzazione, modernizzazione, urbanizzazione, di crescita demografica e di progresso tecnologico, ha avuto un impatto drammatico sugli ecosistemi, sulla sostenibilità del nostro modello economico e sulla vita sulla Terra. Da un punto di vista sia politico che regolamentativo, l’umanità è semplicemente impreparata per questo tipo di crisi. Lo sviluppo dei nostri sistemi a livello globale influenza sempre di più il raggiungimento di obiettivi sociali fondamentali come la libertà politica, la sicurezza, la prosperità, la stabilità ecologica e la sostenibilità.
Nel riflettere sul nostro futuro e sulle possibili soluzioni in nostro possesso per superare le problematiche odierne, non possiamo ignorare i dibattiti riguardanti l’organizzazione della nostra civiltà, su chi rappresenta i nostri interessi e su chi dovrebbe difendere noi tutti, cittadini del mondo, dai rischi incontro ai quali stiamo andando insieme. Gli stati affrontano un gran numero di problemi che prescindono dai confini nazionali e responsabilità politiche a cui non possono rispondere da soli. Spesso si scontrano su importanti questioni di policy, le quali, in assenza di anche solo il minimo coordinamento o gestione a livello internazionale, dimostrano tutta la loro inefficacia.
È dunque giusto annoverare l’organizzazione della nostra civiltà così come la conosciamo tra le maggiori sfide per l’umanità stessa: pandemie, crisi climatiche, conflitti, migrazioni, discriminazioni e ineguaglianza. La governance globale fino ad oggi è stata niente di più che una linea politica tracciata dagli stati più “potenti”. Nelle ultime decadi, questo ruolo è stato ricoperto dagli Stati Uniti, a ragione della loro potenza economica e militare e dell’influenza che esercitano sul mondo. La gara per aggiudicarsi la leadership dell’ordine mondiale è ben lontana dal concludersi e questo non dovrebbe sorprenderci. Non dovrebbe sorprenderci, e neanche farci sospettare, nemmeno la totale assenza di attori internazionali diversi dagli stati, come ad esempio le organizzazioni internazionali.
Dovremmo porci delle domande su chi è investito del compito di difendere i nostri diritti e garantirci una vita sana, sicura e prosperosa. Dovremmo chiederci perché negli ultimi anni le democrazie nel mondo abbiano raggiunto un punto morto e perché persino in paesi che sono sempre stati democratici si registra una tendenza opposta. Poi c’è il concetto di rappresentanza, che va a braccetto con quello di democrazia. Non solo politica, quindi tramite un processo democratico, trasparente e stabile nel tempo, ma anche degli interessi della società. L’interconnessione globale non ha portato la democrazia su un livello sovranazionale, ma ha creato quasi l’effetto l’opposto: un insieme di istanze portate avanti dalle forze populiste e dalla retorica secondo la quale sono gli stati-nazione i soggetti maggiormente idonei a difendere gli interessi dei propri cittadini.
È paradossale constatare che nel mondo di oggi non vi sia un luogo in cui i cittadini del mondo, indipendentemente da nazionalità, religione e cultura, possano essere rappresentati e affrontare tematiche di interesse globale. In fin dei conti la democrazia multilivello non ha lo scopo di reprimere tutti gli altri sistemi democratici, bensì quello di applicare un principio che è molto familiare a noi europei: il principio di sussidiarietà.
Ecco perché è arrivato il momento di chiederci come le organizzazioni internazionali, in particolar modo l’ONU, potrebbero rappresentare tutti i cittadini del mondo; come costruire le basi per una federazione mondiale, l’unico modo per far sì che l’ordine mondiale non resti un concetto limitato all’ambito della guerra e che questo possa allargarsi all’idea kantiana di pace perpetua, nota a noi federalisti. Per questa ragione, in occasione della Giornata del Multilateralismo e della Diplomazia per la Pace del 24 aprile, un gruppo di 80 organizzazioni della società civile (OSC), compresi i Giovani Federalisti Europei, ha approvato una dichiarazione congiunta “per una governance globale più inclusiva”, facendo appello a un’ONU più inclusiva e democratica.
Nello specifico, si chiede che vengano implementati tre cambiamenti istituzionali per rafforzare il carattere inclusivo e democratico dell’ONU:
- La creazione dello strumento di iniziativa dei cittadini nel mondo delle Nazioni Unite, World Citizens’ Initiative (UNWCI), che consente alle persone di portare avanti proposte riguardanti tematiche prioritarie e di interesse globale affinché siano discusse e vengano ulteriormente considerate ad un alto livello politico. Le proposte aventi sostegno popolare significativo dovrebbero poi essere inserite all’interno dell’agenda dell’Assemblea Generale o del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;
- La creazione di un’assemblea parlamentare delle Nazioni Unite, UN Parliamentary Assembly (UNPA), a garanzia dell’inclusione di rappresentanti eletti nell’organizzazione dell’agenda e nel processo decisionale dell’ONU. L’assemblea agirà in qualità di corpo di rappresentanza e di guardiano delle relazioni tra l’ONU e i cittadini, e si farà portavoce di una vasta pluralità di prospettive globali;
- L’istituzione di un ruolo di delegato della società civile, UN Civil Society Envoy, per garantire una maggiore partecipazione, promuovere momenti di riunione inclusivi e veicolare il raggio d’azione delle Nazioni unite verso il pubblico e le organizzazioni della società civile. Il delegato sosterrà l’implementazione di una più ampia strategia volta all’apertura dell’ONU alla partecipazione delle persone e all’ascolto delle voci della società civile.
La JFE-Europe ha sostenuto le campagne UNPA e UNWCI sin dall’inizio. Infatti, la proposta della World Citizens’ Initiative è in linea con il concetto di cooperazione multilaterale incentrata sulle persone, che riflette perfettamente il lavoro dei federalisti nell’Unione europea e oltre, in uno spirito di cittadinanza globale. Necessitiamo di rappresentanti degli stati membri dell’ONU che abbiano interesse nell’attuare questo cambiamento e che siano pronti a far partire un processo preparatorio aperto e inclusivo per l’insediamento di un’assemblea parlamentare (UNPA).
I gruppi della società civile e gli individui potranno inoltre unirsi alla campagna internazionale per un’iniziativa dei cittadini del mondo dell’ONU (Campaign for a UN World Citizens’ Initiative) per commentare o condividere i propri pensieri sulle raccomandazioni e le riflessioni presentate in questa relazione. Una risoluzione adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU in occasione del 75esimo anniversario delle Nazioni Unite nel 2020 ha incaricato il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, di redigere una relazione atta a promuovere un’”agenda comune” che includesse il miglioramento dell’ONU e il rilancio delle partnership.
È di importanza strategica che l’OSC colga questa opportunità per rendere l’ONU all’altezza di questi obiettivi e inviti il Segretario Generale ad accompagnare l’ONU verso una nuova epoca più partecipativa. Andreas Bummel, direttore esecutivo di Democracy Without Borders, ha affermato che: “Per rafforzare e rivitalizzare il multilateralismo bisogna dare più spazio agli input e alla partecipazione di soggetti diversi dagli stati membri. È questo l’obiettivo delle nostre tre proposte.”
La speranza è che i cambiamenti proposti incrementino la legittimità della governance globale e che questi strumenti consentono all’ONU di agire in modo più efficace davanti alle sfide globali, superando gli ostacoli che attualmente mettono alla prova il sistema delle Nazioni Unite e l’ordine mondiale.
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