Reescribir la nación a martillazos

Javier Milei e il difficile rapporto con la storiografia argentina

, di Nicola Riccardi

Reescribir la nación a martillazos
Vista Aerea di Buenos Aires Foto di Gabriel Ramos, Fonte Pexels.

L’abbattimento della statua dello storico Osvaldo Bayer in una cittadina della Patagonia meridionale riapre il dibattito sulla preoccupante azione demolitrice del governo argentino.

Dall’elezione alla presidenza nel dicembre 2023, Javier Milei ha dato corpo a un esperimento politico che non ha precedenti nella storia democratica argentina: la sua furia ideologica continua a dinamitare lo Stato e rifondare l’economia nazionale sulla base di un liberismo estremo, privo di mediazioni, giustificato in toto dalla lotta senza quartiere contro l’inflazione dilagante. Dall’abolizione di ministeri chiave alla sospensione di diritti sociali storicamente acquisiti, il suo programma, consolidatosi nel massiccio Decreto d’Urgenza e nella cosiddetta Ley Ómnibus, non ha avuto solo implicazioni economiche. Il suo é anche un progetto culturale: simbolico, sistematicamente revisionista. La riforma del sistema pensionistico, la criminalizzazione delle manifestazioni di protesta e una lunga serie di privatizzazioni rappresentano, al momento, gli elementi centrali dell’azione legislativa. Dentro la cornice di questo progetto politico va letta la decisione del suo governo, di demolire il monumento dedicato a Osvaldo Bayer, situato all’ingresso della cittadina Río Gallegos nella provincia di Santa Cruz nella Patagonia meridionale. L’atto demolitore, eseguito da Vialidad Nacional (l’ente pubblico argentino incaricato della costruzione, manutenzione e gestione delle strade nazionali) con l’ausilio di macchinari pesanti nella giornata di ieri, ha suscitato un’ondata di indignazione tra storici, intellettuali e cittadini, interpretato come un tentativo deliberato di cancellare una parte significativa della memoria storica nazionale.

  • Osvaldo Bayer (1927–2018) è stato un eminente storico, giornalista e attivista per i diritti umani, noto soprattutto per la sua opera “La Patagonia Rebelde”, che documenta le sanguinose repressioni delle rivolte operaie nella Patagonia tra il 1920 e il 1921. Grazie alle sue ricerche, Bayer ha riportato alla luce episodi che erano stati intenzionalmente rimossi dalla storiografia ufficiale, dando voce alle vittime di una delle pagine più oscure della storia argentina. Il monumento a lui dedicato, inaugurato il 24 marzo 2023, recava la scritta inclusiva: “Bienvenidx, usted está ingresando a la tierra de la Patagonia Rebelde”, sottolineando l’importanza di una memoria collettiva inclusiva e consapevole. La decisione di demolire il monumento è stata giustificata da settori vicini all’amministrazione Milei come parte di una “pulizia ideologica” volta a eliminare simboli associati alle precedenti amministrazioni. Secondo fonti governative, la struttura rappresentava un’imposizione simbolica del kirchnerismo e l’uso del linguaggio inclusivo nel cartello era visto come un’esplicita manifestazione di tale ideologia.

Numerose sono state le voci di protesta contro questo provvedimento. Il sindaco di Río Gallegos, Pablo Grasso, ha annunciato l’intenzione di restaurare il monumento, affermando che "di fronte a questo tentativo del Governo Nazionale di cancellare la storia dei santacruceños e dei patagonici, abbiamo deciso di ripristinare il monumento a Osvaldo Bayer e alla Patagonia Rebelde. Perché siamo ribelli per natura”. La Commissione per la Memoria delle Huelgas del 1920-1921 di Río Gallegos ha espresso il proprio sdegno, sottolineando che “grazie al grande contributo di Bayer e alle sue ricerche si è potuto sottrarre all’oblio quanto accaduto in Santa Cruz tra il 1920 e il 1921” con la repressione sistematica delle proteste che portarono all’assassinio di piú di 1.500 lavoratori per volontá dell’allora governo guidato da Hipólito Yrigoyen e per mano dell’esercito guidato dal colonnello Héctor Benigno Varela.

Un ulteriore elemento da segnalare rispetto a questa decisione di Milei, sta nella tempistica altamente simbolica: l’azione è avvenuta, infatti, a ridosso del 24 marzo, data in cui l’Argentina commemora il colpo di Stato militare del 1976 e rende omaggio alle vittime della dittatura. Ogni anno, in questa ricorrenza, il Paese si confronta con la propria memoria più dolorosa: desaparecidos, torture, esili forzati, censura (Si segnala a tal proposito l’ultimo lavoro dello storico Carlo Greppi sul tema. Rimuovere un simbolo come Bayer, figura centrale nel recupero delle storie taciute dalla storia ufficiale e della violenza di Stato (seppur in un arco cronologico differente), ribadisce lo stile provocatorio dell’uomo della “motosierra”.

Un attacco deliberato e non isolato La rimozione del monumento a Osvaldo Bayer si inserisce in un contesto più ampio di revisione e cancellazione della memoria storica da parte dell’attuale amministrazione. Questo atto non solo rappresenta un affronto alla figura di Bayer e al suo lavoro, ma simboleggia anche un tentativo di riscrivere la storia, eliminando le tracce delle lotte sociali e delle repressioni che hanno segnato il passato argentino. In un’epoca in cui la memoria storica è fondamentale per comprendere e affrontare le sfide del presente, azioni come questa sollevano preoccupazioni sulla direzione che il governo intende intraprendere riguardo alla preservazione e al riconoscimento delle vicende che hanno plasmato l’identità nazionale. Non si tratta, però, di un caso isolato né esclusivamente argentino. Dalla Polonia di Andrzej Duda, dove sono stati rimossi monumenti e simboli legati alla resistenza comunista sotto il pretesto della “decomunistizzazione”, fino all’Ungheria di Viktor Orbán, dove il governo ha sistematicamente riscritto i manuali scolastici per minimizzare le responsabilità locali durante l’Olocausto e glorificare il passato monarchico, assistiamo a un ritorno di fiamma del nazionalismo memoriale. Negli Stati Uniti, durante il primo mandato di Donald Trump, è stato alimentato un clima culturale ostile, amplificatosi in questa seconda legislatura, verso l’insegnamento della critical race theory e delle narrazioni che mettono in discussione la mitologia fondatrice della «White Nation». In Brasile, Jair Bolsonaro ha tentato di riabilitare la dittatura militare del 1964-1985, definendola come una “rivoluzione necessaria” contro il comunismo. In tutti questi casi, la storia viene distillata in funzione del mito nazionale, depurata dal conflitto sociale, dalla lotta di classe, dalle voci marginali. La figura di Bayer, con la sua instancabile opera di recupero delle insurrezioni operaie e delle repressioni statali, rappresenta l’esatto contrario: una storiografia che non teme di mostrare le fratture, le contraddizioni e le ferite della nazione. La sua cancellazione materiale, a colpi di bulldozer, non è solo una provocazione: è l’espressione di un progetto politico che vuole silenziare la complessità del dibattito storiografico per imporre una narrazione pacificata, unitaria, ma fondamentalmente falsa in cui il conflitto di classe viene occultato sotto la retorica di una nazione indivisibile.

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