Ursula Von der Leyen ha annunciato le sue proposte riguardo ai Commissari e ai loro portafogli. Ci sono molte modifiche rispetto alla Commissione precedente, anche nei nomi e nelle attribuzioni dei portafogli, che si comprendono solo leggendo la lettera di incarico inviata a ciascun commissario proposto. Non va infatti dimenticato che queste sono solo proposte. Ciascun aspirante Commissario dovrà sottoporsi alle audizioni e al parere del Parlamento europeo (in gergo dovrà essere «grigliato» dalla commissione competente del Parlamento europeo), che già in passato ha bocciato vari candidati (incluso l’italiano Buttiglione). Si tratta di un importante parere del Parlamento, che ad esempio il Parlamento italiano non ha, dovendo votare la fiducia in blocco su un nuovo governo, senza poter audire e sindacare la scelta dei singoli ministri.
Nel nostro classico provincialismo in Italia il dibattito si è molto concentrato sull’ex premier Gentiloni all’economia (a capo della Direzione generale per gli affari economici e monetari), che includerà anche le dogane, e con il coordinamento del vice-presidente Dombrovskis, esattamente come Moscovici prima di lui. Una scelta fortemente voluta dall’Italia, nell’errata convinzione che un italiano potrà essere più indulgente con l’Italia. Se lo fosse verrebbe accusato di parzialità e da quel punto di vista era meglio una colomba di un altro Paese (com’è stato con Moscovici). Ma per l’Italia può essere decisivo se riuscirà a portare avanti la riforma dell’eurozona, la creazione di risorse proprie e di strumenti di intervento a sostegno dell’economia europea.
Ciò che colpisce sono altre scelte e novità. Alcune infelici: il portafogli per “la protezione dello stile di vita europeo” che include le migrazioni è incomprensibile e un assist ai nazionalisti. Altre poco chiare, come il portafoglio “democrazia e demografia”: cosa c’entrano l’una con l’altra, e siamo certi di aver bisogno di una Commissaria alla demografia? Alcuni temi vengono spacchettati tra tanti commissari rendendo difficile il lavoro. Il digitale è diviso tra le due liberali Goulard e Vestager, che hanno avuto portafogli particolarmente rilevanti. Mentre molti commissari non hanno sotto di sé alcuna direzione generale, la Goulard ne avrà addirittura due, quella al mercato interno e quella nuova alla difesa; mentre la Vestager ha mantenuto la concorrenza diventando anche vice-presidente. Democrazia e stato di diritto addirittura tra 4 commissari: Šuica (vice-presidente, democrazia e demografia), Jourová (vice-presidente, valori e trasparenza), Reynders (giustizia) e Johansson (affari interni). La politica estera dell’UE è stata spacchettata, un po’ commissariando il nuovo Alto Rappresentante Borrell, dal momento che di vari aspetti si occuperanno anche Trócsányi (area di vicinato e allargamento), Lenarčič (gestione delle crisi), Urpilainen (partnership internazionali); quest’ultima forse si intersecherà anche con Hogan (commercio). La scelta di un irlandese al commercio è un chiaro segnale al Regno Unito sul fatto che la questione del confine irlandese e dell’unità del mercato interno dell’UE restano fondamentali per tutta l’Unione. Gabriel (innovazione e giovani) di fatto prende in mano educazione, ricerca, cultura: un portafogli con un bilancio significativo e un alto grado di discrezionalità rispetto alle priorità su cui investire. A differenza di Wojciechowski (agricoltura) che gestisce un grande bilancio ma con pochi margini discrezionali. Resta per ora difficile capire la capacità di ciascun commissario di incidere sulla politica della Commissione nel suo complesso. Alcune vice-presidenze continuano a sembrare titoli onorifici in assenza del controllo su una Direzione generale, mentre alcuni commissari sembrano avere in mano dossier chiave e l’amministrazione responsabile della loro gestione.
Il punto vero però è un altro. Questa Commissione ha dinanzi a sé molte e importanti sfide interne ed esterne. Il completamento dell’unione economica e monetaria per rilanciare l’economia e l’occupazione, la transizione ecologica, le sfide geopolitiche e la creazione di una vera politica europea delle migrazioni e di una politica estera e di difesa uniche sono grandi sfide. Da vincere per recuperare il consenso dei cittadini e prosciugare lo stagno del consenso nazionalista. Ma per farlo è indispensabile dotare l’UE di strumenti decisionali e risorse più efficaci: superamento dell’unanimità in tutto il processo decisionale, risorse proprie, integrazione militare, rappresentanza esterna unitaria dell’UE nelle organizzazioni internazionali. In sostanza il completamento della trasformazione dell’UE in una federazione, in cui la Commissione giochi pienamente il ruolo di governo parlamentare dell’UE responsabile di fronte al Parlamento, con una riforma dei Trattati in tempi brevi.
E ha di fronte di una breve finestra di opportunità per affrontarle di petto e con successo: la presenza contemporanea per circa 2 anni di governi europeisti in Francia e Italia che hanno come opposizione principale delle forze dichiaratamente nazionaliste e anti-UE, e il fatto di avere una presidente tedesca e vicina alla Merkel, cui sarà più difficile per la Germania dire di no. Per coglierla serve che la Conferenza sul futuro dell’Europa si tenga nel 2020 e avvii il processo di riforma dei Trattati, da concludersi nel 2021 e ratificare nel 2022. Per riuscire serviranno virtù e fortuna, come scriveva Machiavelli.
Una fortuna è il fatto che oggi creare delle tasse europee sarebbe estremamente popolare e permetterebbe di rovesciare la narrazione sull’Europa. Le tasse europee sarebbero infatti la tassa sulle transazioni finanziarie speculative, la digital tax, la carbon tax, e una tassa armonizzata sugli utili d’impresa. In sostanza l’Europa non tasserebbe i cittadini ma la finanzia, le multinazionali del web, le industrie inquinanti che avvelenano l’oggi e distruggono il futuro, e le imprese in modo omogeneo, eliminando la concorrenza fiscale, che ha portato ad esempio FCA ad avere sede fiscale in Olanda. Vere risorse proprie europee sono indispensabili per rafforzare il bilancio, finanziare gli investimenti per rilanciare l’occupazione e realizzare la transizione ecologica, rafforzare il pilastro sociale, gestire le migrazioni e lanciare un piano di sviluppo per Africa e Medio Oriente.
E molto dipenderà anche dall’Italia e dalla sua prossima finanziaria. È difficile per gli altri Paesi decidere di condividere ancora più sovranità con un Paese la cui “svolta” europeista si concretizzasse solo in una richiesta di flessibilità, e in cui aleggi il rischio di un ritorno al potere di forze nazionaliste, anti-europee e filo-russe. Gualtieri e Gentiloni hanno dunque un compito difficile, ma fondamentale. Tanto per l’Italia quanto per l’Europa.
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