Sospensione del New START: più vicini al Doomsday clock?

, di Francesca Bergeretti

Sospensione del New START: più vicini al Doomsday clock?
Foto di Robert Waghorn da Pixabay

Eurobull.it, in partnership con il Centro Einstein di Studi Internazionali, pubblica di seguito un articolo realizzato come attività di ricerca all’interno del CESI Internship Research Project, http://www.centroeinstein.eu/.

Con l’annuncio della sospensione della partecipazione della Russia al trattato New START, si aggravano le tensioni del contesto internazionale. Non solo quelle tra Russia e USA, ma anche quelle tra altre potenze nucleari coinvolte in conflitti, come Iran, Israele, India e Pakistan. L’orologio dell’apocalisse ticchetta sempre più forte.

Nella giornata di martedì 21 febbraio il suono delle lancette del Doomsday clock - ovvero l’orologio dell’apocalisse degli scienziati atomici - si è fatto più cupo. L’annuncio della sospensione della partecipazione della Russia al trattato New START (Strategic Arms Reduction Treaty) è avvenuto in occasione del discorso alla nazione tenuto dal Presidente Vladimir Putin. A pochi giorni di distanza dall’anniversario dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina, questo ulteriore provvedimento non sembra far sorgere indizi di un’eventuale distensione tra le parti.

Il trattato New START, entrato in vigore nel 2011 e rinnovato per l’ultima volta nel 2021, era stato firmato dagli allora Presidenti Barack Obama e Dmitrij Medvedev e richiedeva l’impegno di USA e Russia a ridurre le testate nucleari strategiche, e prescriveva inoltre un monitoraggio reciproco dei siti di armi nucleari. L’osservanza di tale accordo si era però attenuata e, considerata l’emergenza sanitaria in corso, le ispezioni erano già state precedentemente interrotte nel 2019.

La sospensione formale di New START rappresenta un ulteriore atto simbolico di rottura nei confronti dell’Occidente, poiché questo trattato costituiva ormai l’ultimo documento bilaterale in vigore, tra Washington e Mosca, relativamente al controllo e alla limitazione delle armi nucleari.

Nel corso degli anni, in particolar modo in seguito alla crisi di Cuba del 1961, le due potenze nucleari, USA e URSS si erano dimostrate disponibili a inaugurare un clima di cooperazione tramite i cosiddetti SALT (Strategic Arms Limitation Talks), poiché, essendo consapevoli della capacità distruttiva di questi nuovi armamenti, si ponevano l’obiettivo di arginare il rischio di una guerra nucleare. Tuttavia, un primo sintomo dell’incrinarsi dei rapporti tra le due potenze in questo ambito era stato il ritiro degli USA dal trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), il quale aveva generato una spirale negativa coinvolgendo altri programmi di non proliferazione, ad esempio il JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) concluso con l’Iran.

Il rischio di una nuova corsa agli armamenti, come molti studiosi sottolineano, sembra pertanto riemergere e scagliare il panorama politico in un contesto contraddistinto da un equilibrio del terrore. Tale equilibrio riporta in vigore le logiche caratterizzanti il contesto della Guerra Fredda, riproponendo dunque l’argomentazione del dilemma della sicurezza, il quale concepisce un sistema internazionale in cui ogni incremento di potenza di un attore viene percepito come una minaccia alla sicurezza delle altre parti.

Applicando tale dialettica ai recenti avvenimenti, si delinea un ragionamento che induce a domandarsi come si possa contrastare il realizzarsi di un’escalation violenta se non riponendo fiducia nella lungimiranza delle potenze coinvolte, la cui volontà, si auspica, sia quella di discostarsi dall’esito conflittuale e di recuperare, invece, relazioni costruttive. Ad oggi, questo percorso appare decisamente complicato se non addirittura impraticabile.

Risulta, perciò, necessario evidenziare le implicazioni successive alla sospensione della partecipazione russa al trattato e non del definitivo ritiro di essa. Nonostante siano pochi i casi in cui da una sospensione ad un trattato si rimargini l’accordo preesistente, la decisione intrapresa da Mosca, seppur intimidatoria, non è ancora definitiva e si assiste a tentativi che cercano di rallentare l’allarmante corso degli eventi. Estremamente rilevante è l’intervento dell’ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) il quale giudica la decisione del Cremlino come pericolosa e sconsiderata ed intima a ritrattare quanto dichiarato.

Tuttavia, indagando sulle motivazioni che hanno indotto la Russia a sospendere l’impegno in materia nucleare sembrerebbe sorgere un’accusa da parte di Mosca, di non collaborazione degli USA all’attuazione del trattato. La scelta russa non sarebbe del tutto irreversibile, se si assistesse, come afferma Putin, ad una de-esclation e a un’effettiva volontà di ripresa del trattato da parte di Washington. Anche in questo caso, se ci si affida agli studi di analisi strategica, è possibile trascrivere il comportamento di Putin rifacendosi alla teoria dei giochi ed evidenziando come il presidente russo faccia ricadere l’onere della scelta sull’avversario, raccomandando gli USA di dimostrare una volontà politica di collaborazione, e nel frattempo, astenendosi dal negare un ipotetico dispiegamento delle armi nucleari per difendere l’integrità del Paese.

Una battuta d’arresto del trattato bilaterale non ha indubbiamente conseguenze limitate ai due Paesi ma, considerati i progressi tecnologici, una distensione dei controlli in materia nucleare, incontra l’approvazione di altre potenze nucleari regionali, ad esempio l’Iran, Israele, la Corea del Nord, l’India e il Pakistan che auspicano ampliare il proprio arsenale mosse dal desiderio di ridurre il gap con Mosca e Washington. Considerata la non adesione di queste sopracitate potenze regionali, escluso l’Iran, al trattato di non proliferazione, la minaccia nucleare non è da sottovalutare, e, considerata l’impossibilità di razionalizzazione di un tale conflitto, i danni potrebbero essere irreversibili.

Gli interrogativi sorgono, perciò, in merito a quali possano essere gli atteggiamenti prevalenti nella società verso la minaccia di una guerra nucleare e se si ci si debba aspettare un clima contraddistinto da ottimisti semplificatori, razionalisti che minimizzano gli effetti dell’arma atomica, oppure, come li definirebbe Norberto Bobbio, da “fatalisti” e “nichilisti”.

In un sistema caratterizzato da un clima di deterrenza by punishment, la quale affida l’esito pacifico delle relazioni internazionali alla reciproca consapevolezza della mutua distruzione assicurata, le preoccupazioni che il mondo ricada in un clima di incertezza nel settore delle armi nucleari riaffiorano. Sembrerebbe, dunque, che il Doomsday Clock, abbia ripreso a correre ad un ritmo più accelerato.

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