Sulla questione degli F-35: l’intervista all’esperto

, di Armando Armando, Claudia Muttin

Sulla questione degli F-35: l'intervista all'esperto

Proliferano opinioni, dibattiti e prese di posizioni su uno dei “temi caldi” della politica italiana ed europea. Un “insider” ci offre uno sguardo alternativo sui fatti e ci invita a scoprire un progetto alternativo, tutto europeo.

CM: Ing. Armando, qual è l’attuale situazione della dotazione di velivoli di Aeronautica e Marina?

AA: L’Aeronautica Militare dovrà sostituire nel prossimo decennio i cacciabombardieri Tornado ed AMX che vedranno la fine della loro vita operativa. Tornado ed AMX sono velivoli di progettazione e costruzione rispettivamente Europea ed Italiana.

La Marina dovrebbe sostituire i suoi 16 velivoli V/STOL (significa decollo corto e atterraggio verticale) che si chiamano AV8-B (o Harrier II) acquistati dagli Stati Uniti alla metà degli anni novanta, quindi ancora relativamente moderni, visto che la vita operativa di un velivolo da combattimento dura 30-40 anni (i Tornado e gli AMX hanno circa dieci anni più degli AV8 ed anche la loro sostituzione non è urgentissima). Il compito dei velivoli della Marina Militare, imbarcati sulle navi portaerei Garibaldi e Cavour, è la protezione della flotta fuori dei porti italiani e l’appoggio alle operazioni aero-navali tattiche fuori area. I 90 F-35 (detti anche JSF, Joint Strike Fighter) di cui si parla dovrebbero dunque subentrare a queste tre linee di velivoli.

CM: Che tipo di velivolo è un F 35? Che criticità sta rivelando il suo acquisto?

AA: F-35 è un velivolo (meglio: sistema d’arma) di progettazione interamente americana di elevatissime pretese tecnologiche ed operative. Si tratta cioè di un sistema altamente sofisticato il cui sviluppo tecnico è tutt’altro che congelato ed anzi continuamente soggetto a revisioni e modifiche.

L’esperienza ci insegna che quando programmi di quel tipo si trovano in questa fase i tempi di realizzazione e di consegna sono soggetti a ritardi enormi ed i costi sono conseguentemente soggetti a crescite incontrollabili. Già, perchè - si dice via via - ormai abbiamo speso tanto, non possiamo lasciar morire il programma e perdere tutto. E su questo un po’ l’industria ci gioca, continuando ad aggiungere funzionalità e modifiche necessarie per rendere il prodotto utilizzabile secondo i requisiti.

CM: Esistono alternative?

AA: Esiste un velivolo (anche qui, meglio chiamarlo sistema d’arma) modernissimo ed ormai maturo, di progettazione e costruzione completamente Europea, le cui linee di produzione sono tuttora in funzione e lo rimarranno per alcuni anni ancora. Si chiama Eurofighter 2000 “Typhoon” e ne sono dotate le Aeronautiche Militari di Gran Bretagna, Germania, Spagna ed Italia come Paesi partner del programma ed Austria ed Arabia Saudita come Paesi clienti.

Il programma Eurofighter (ancora più del suo predecessore Tornado) nacque col preciso scopo di affrancare l’Europa dalla dipendenza dagli Stati Uniti quanto a tecnologie militari, ed infatti tutto il velivolo e tutti i suoi sistemi utilizzano esclusivamente componenti di fabbricazione europea. Il ruolo primario per cui il sistema Eurofighter è stato specificato e progettato è quello di conquistare la “superiorità aerea”, ovvero interdire all’avversario l’uso dello spazio aereo, integrando le proprie risorse aeromeccaniche (velocità, manovrabilità etc.), sensoristiche (radar, IR, comunicazioni etc.) e di armamento nella rete difensiva alleata.

Eurofighter con opportuni adattamenti potrebbe benissimo svolgere i ruoli previsti per F-35 in tutti gli scenari operativi ipotizzabili, anche senza disporre della caratteristica più tipica (e più costosa) di F-35 e cioè la presunta invisibilità ai radar (ma questa caratteristica potrebbe rivelarsi inutile nei prossimi anni con lo sviluppo di sistemi radar più “attenti”, e poi pare che le caratteristiche di invisibilità che sarebbero consentite ai velivoli venduti all’Italia non sarebbero le stesse di quelli usati dagli americani, ma questa è un’altra storia).

CM: Quali sarebbero i vantaggi del programma Eurofighter?

AA: Il programma Eurofighter è costato caro, ma ha dato e dà lavoro a migliaia di tecnici ed operai in tutta Europa, ed ha consentito alle nostre industrie di fare un enorme salto di qualità in termini di ricerca, progettazione, test e tecnologie di produzione con le ovvie ricadute tecnologiche anche in tutti i settori civili più avanzati dell’elettronica, della meccanica e della logistica internazionale.

Al contrario il programma F-35 darà minime ricadute occupazionali in Italia (costruzione di qualche parte di struttura e montaggio finale dei velivoli) e praticamente nessuna ricaduta in termini di know-how, in quanto gli Stati Uniti hanno già ampiamente dimostrato di non voler trasferire nessuna conoscenza sulle tecnologie avanzate coinvolte (tutti i “joint project group” messi in piedi si sono rivelati una grossa delusione per gli ingegneri delle società non americane che vi hanno partecipato)

CM: Oggi, come affronterebbe la questione?

AA: La proposta è quella di rinunciare del tutto al programma F-35, destinare la metà del suo budget residuo di 19 miliardi a scopi socio-culturali e dedicare l’altra metà a sviluppare per l’Aeronautica Militare una versione di Eurofighter che possa coprire i ruoli di attacco al suolo ed interdizione previsti per F-35.

La proposta è tutt’altro che pellegrina, ad esempio la Germania ha fin dall’inizio escluso di partecipare al programma F-35 e sta sviluppando configurazioni aria-superficie di Eurofighter proprio per questo scopo. Basterebbe agganciarsi ai suoi programmi.

I vantaggi di questa scelta, al di là del diretto risparmio di cassa di 9,5 miliardi di Euro sarebbero molti ed importanti. Innanzi tutto gli altri 9,5 miliardi investiti nel programma rimarrebbero in Italia ed in Europa, creando ulteriori possibilità di lavoro nell’industria aeronautica e nell’indotto. L’industria italiana svilupperebbe ulteriormente il proprio know-how in settori avanzati. Avere una sola linea di velivoli da combattimento per l’Aeronautica Militare sarebbe un grandissimo risparmio nei costi di esercizio contro i costi esorbitanti che si avrebbero per mantenere la linea F-35.

Il sistema Eurofighter ormai non ha più rischi tecnici e sarebbe garantita un’altissima efficienza di linea, contro il rischio di avere gli F-35 perennemente fermi per manutenzione, aggiornamento e incognite tecniche, oltre che per motivi di costi (il velivolo USA da superiorità aerea F-22, che solo l’aviazione degli Stati Uniti ha in linea e che è nato con pretese di sofisticazione analoghe al F-35 è quasi sempre a terra per motivi tecnici o per gli enormi costi dell’ora di volo) Dal punto di vista politico-militare le operazioni della forza aerea italiana non sarebbero soggette all’approvazione degli Stati Uniti, che invece avrebbero tutte le leve tecnico-informatiche per consentire l’uso degli F-35 solo per operazioni di loro gradimento.

Per contro, gli svantaggi della cancellazione del programma F-35 sarebbero minimi, elenchiamoli brevemente. Lo stabilimento costruito a Cameri (Novara) per il programma F-35 e che pare sia costato circa 900 milioni dovrebbe essere riconvertito ad altro uso. I circa 600 milioni pagati finora agli americani andrebbero perduti e forse (ma non è detto) ci sarebbero delle penali da pagare per uscire dal programma. Il velivolo EF è meno invisibile ai radar del F-35, ma non di molto, se confrontato con quella che sarà la versione italiana di quest’ultimo.

I piloti italiani sarebbero privati di un bel “giocattolo”, ma sarebbero comunque dotati di Eurofighter, che è tutt’altro che un “chiodo”. Le lobbies americane dell’industria degli armamenti non sarebbero tanto contente. Appare dunque con tanta evidenza la convenienza grandissima di optare per la proposta descritta, che nessun politico e nessun generale dovrebbe avere argomenti per opporvisi.

CM: E per quanto riguarda il «nodo» della Marina, come potrebbe essere sciolto?

AA: La Marina sicuramente ambisce ad una dotazione di F-35 per ragioni di prestigio, ma è anche – probabilmente - meno prona alle pressioni americane di quanto lo siano certi ambienti dell’Aeronautica.

La Marina è dotata di due “portaerei” (il virgolettato è dovuto al fatto che sono adatte solo a velivoli V/STOL e non ai classici velivoli imbarcati come quelle americane, inglesi o francesi): nave Garibaldi e nave Cavour. La prima è probabilmente destinata al disarmo, mentre la seconda svolgerà il ruolo cui è destinata per molti anni ancora.

Come dicevamo all’inizio, gli AV8-B imbarcati sono relativamente giovani rispetto ai velivoli da combattimento dell’Aeronautica (tranne l’Eurofighter) e sono dotati di sistemi di bordo di tutto rispetto. I Marines americani ne dismetteranno una quantità notevole al ricevimento degli F-35 a loro destinati e, conoscendo i criteri della logistica militare statunitense, molti di quelli saranno ancora assolutamente “nuovi di pacca”.

La politica dovrebbe a questo punto chiedere alla Marina di fare un piccolo sacrificio d’immagine ed accettare di continuare ad operare con i suoi Harrier II (è il nome dell’AV8-B) garantendo il finanziamento delle campagne di aggiornamento del sistema d’arma che si renderanno necessarie e l’eventuale acquisto di una ulteriore limitata quantità di Harrier dagli Stati Uniti ove ciò si rendesse necessario per far fronte agli impegni operativi della Forza Armata. C’è da augurarsi che il buon senso prevalga. Siamo ancora in tempo.

Fonte immagine Flickr

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