Durante il Rinascimento gli stati Italiani erano primi in tutto: nelle arti, nelle scienze ma anche nei commerci, nell’organizzazione bancaria, nella finanza e nelle tecniche militari. Con le scoperte geografiche, si è avviata la prima fase della globalizzazione. I piccoli Stati italiani lasciano spazio ai grandi imperi come la Francia, la Spagna e l’Inghilterra e l’Italia scompare dal gruppo di paesi che contano nel mondo. La prima rivoluzione industriale avrà luogo, non a caso, in Inghilterra.
La prima e la seconda guerra mondiale segnano poi il passaggio dal sistema europeo al sistema mondiale degli stati, basato sull’ordine bipolare Usa-Urss. Gli Stati Uniti si consolidano come prima potenza mondiale ed è proprio negli USA che prende forma la seconda rivoluzione industriale. Gli stati europei, nella seconda metà del XX secolo si uniscono e si sviluppano al riparo dell’ombrello americano.
Tuttavia, con la caduta del muro di Berlino e l’accelerazione del processo di globalizzazione, l’ordine bipolare del mondo viene meno. Oggi le nazioni europee si trovano nella stessa situazione dei piccoli stati rinascimentali italiani di fronte al formarsi di un nuovo ordine multipolare. L’Italia, la Francia, ma anche la Germania, sono troppo piccole e troppo deboli di fronte alla forza e alla dimensione che oggi posseggono Stati Uniti e Cina. Gli stati europei sono esposti ai venti della globalizzazione senza nessuna rete di protezione.
Se agissimo insieme, saremmo certamente protagonisti nel mondo. Il PIL europeo è della stessa misura di quello cinese e americano. Siamo i primi nella produzione industriale e nelle esportazioni. L’Europa è inoltre maggior partner commerciale di più di ottanta paesi nel mondo, tra cui la Cina; gli usa lo sono per circa 20 paesi. Le divisioni tra gli stati europei ci impediscono invece di mettere a frutto le forze, che pure abbiamo, e ci condannano ad un ruolo subalterno.
La stabilità del nuovo ordine multipolare richiede oggi un ruolo nuovo per l’Europa. La nostra assenza lascia cinesi e americani sempre più soli gli uni di fronte agli altri e questo non è in fondo nell’interesse di nessuno. Il confronto a due USA-Cina sta facendo crescere una reciproca diffidenza, evidente nei tentativi di guerra commerciale in atto, e sta svuotando il ruolo delle istituzioni multilaterali nate per affrontare i problemi globali in modo collaborativo.
Nelle analisi strategiche americane c’è un forte consenso, trasversale ai partiti, che la Cina sia l’avversario strategico degli Stati Uniti e da chiunque occuperà la Casa Bianca possiamo aspettarci una linea abbastanza comune nei confronti della potenza asiatica. Gli Stati Uniti, sfruttando la debolezza europea, stanno inoltre aumentando la pressione sugli stati dell’UE affinché adottino una posizione altrettanto conflittuale. Questo livello di opposizione strategica e di diffidenza reciproca non permette lo sviluppo auspicato delle istituzioni multilaterali mondiali che, invece di riflettere il diverso peso assunto dai paesi nell’ultimo secolo, rimangono sostanzialmente legate alla distribuzione di potere che si era configurata alla fine della seconda guerra mondiale. L’ONU è così sempre meno presente sui teatri di tensione mondiale mentre FMI e Banca Mondiale osservano la Cina promuovere la AIIB che ha l’obiettivo di diventare punto di riferimento degli investimenti nell’area del Pacifico. Il WTO è sempre meno il luogo dove discutere e trovare una sintesi delle esigenze del commercio mondiale.
In questo gioco a due, tra USA e Cina, l’Europa rischia di soccombere anche dal punto di vista economico. In ogni grande settore delle nuove tecnologie mondiali abbiamo un protagonista americano ed uno cinese: Google e Baidu nelle ricerche sul web, Amazon e Alibaba nel commercio on line, You Tube e Youku, Facebook e WeChat nei contenuti generati dagli utenti.
Quando vogliamo abbonarci a un giornale, comprare un libro, compiere ricerche sul web, prenotare un Hotel o le nostre vacanze dobbiamo ormai passare per San Francisco o per Shanghai, lasciando a queste piattaforme enormi profitti. Tali proventi hanno rilevanza tale che stanno oggi aiutando a conquistare il primato anche in altri settori industriali, a partire dall’automobile elettrica e senza conduttore fino alle scienze della vita e alla genomica.
La guerra commerciale a cui assistiamo fra gli Stati Uniti e la Cina è dunque anche una guerra per la supremazia tecnologica e scientifica. Pensiamo al caso Qualcomm, venuto alla cronache qualche mese fa, che evidenzia la gara per la supremazia nella produzione dei semiconduttori di ultima generazione, fondamentali per tutte le tecnologie del futuro, dalle reti 5G all’Intelligenza Artificiale. O al caso Huawei, azienda che oggi primeggia per dimensione, imponenza delle spese in R&D e brevetti nel campo delle comunicazioni mobili 5G. Le reti mobili 5G non sono una semplice evoluzione delle reti esistenti. Ciò che rende importate la discontinuità è la scarsissima latenza (ritardo nel tempo di risposta di un sistema) che le rende particolarmente adatte a tutte quelle applicazioni che si basano sull’Intelligenza Artificiale e sulle comunicazioni Machine to Machine: gli ambiti principali del nuovo sviluppo industriale.
I paesi europei non sembrano accorgersi di essere ormai in una trappola dalla quale possono uscire solo con uno sforzo enorme e concorde: dotarsi di un Governo Federale Europeo e di vere iniziative europee. È emblematica l’ultima visita del Presidente Xi Jimping in Europa. I giornali si sono affannati a capire se i migliori affari fossero stati italiani o francesi e ampio risalto è stato dato all’ordine di 30 MLD di Euro per Airbus. Airbus è tuttavia un successo europeo non francese. È solo grazie alla collaborazione di Francia, Germania, Inghilterra e Spagna che Airbus è riuscita a competere alla pari con Boing. Airbus è oggi uno dei due leader indiscussi nella produzione aeromobili e questo ordine sta lì a dimostrare che laddove l’Europa è unità può sviluppare tecnologie in grado di competere a livello mondiale. La visita del Presidente cinese ha evidenziato però anche la debolezza europea, con l’Italia che ha deciso di giocare da sola, in maniera azzardata, una partita importantissima per le future relazioni con la Cina. Tuttavia, gli Stati membri che perseguono unilateralmente relazioni con la Cina mettono in pericolo se stessi e il resto d’Europa. Il punto di partenza una strategia Europea dovrebbe essere quello di unire e difendere la nostra sovranità contro tutti i tentativi stranieri di intromissione, nella sfera politica, economica o militare. L’obiettivo dovrebbe essere quello di rendere l’UE abbastanza forte, non per affrontare la Cina o gli USA, ma per coinvolgere la Cina e gli USA: respingendo i tentativi di divisione ogni qualvolta si presentassero ma spingendo alla cooperazione ogni volta che fosse possibile. Le singole strategie nazionali, oltre a contrastare con l’interesse generale Europeo, sono invece quasi sempre di allineamento, se non di subalternità, a volte dell’una ed a volte dell’altra potenza mondiale.
Solo un’Europa Federale può davvero cambiare il rapporto con cui gli stati Europei si relazionano con la Cina e con gli USA e solo un rinnovato ruolo europeo può evitare quel conflitto fra Stati Uniti e Cina che molti ritengono inevitabile ma che sarebbe una catastrofe per il mondo intero.
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