La nostra interdipendenza nell’Unione europea non è solo economica, ma politica e culturale.
Con l’aumento delle sfide transnazionali, l’interesse europeo si interseca da tempo con gli interessi nazionali e quando un Governo compie scelte che non coincidono con quelle europee dovrebbe essere chiamato a giustificare di fronte ai propri elettori le ragioni che lo hanno portato a creare una frattura con il sistema europeo.
Secondo questa logica, le elezioni che avvengono in un Paese e il risultato che da esse emerge per la formazione del Governo nazionale nella dimensione della sua legittimità “in entrata” sono destinati ad avere un’influenza quotidiana sul processo di decisione europeo. Non solo nel Consiglio europeo e nel Consiglio, dove siedono i rappresentanti degli esecutivi nazionali, ma anche nella Commissione europea – a torto o a ragione sensibile agli orientamenti di quegli esecutivi – e nello stesso Parlamento europeo dove è crescente il peso delle delegazioni nazionali.
In questo quadro noi riteniamo che debba essere rilanciato e rafforzato il ruolo dei partiti politici europei – che dovrebbero “contribuire alla formazione della coscienza politica europea e all’espressione della volontà dei cittadini dell’UE” (art. 10 TUE) – i cui leader nazionali di maggioranza e di opposizione si incontrano regolarmente nell’ambito di ogni singolo partito europeo alla vigilia dei vertici del Consiglio europeo consentendo di far giungere al Vertice anche la voce e gli orientamenti di chi non sta al Governo nel proprio Paese.
L’influenza delle elezioni nazionali sul decision making europeo è tanto maggiore quanto è ampia l’area di potere del Consiglio e del Consiglio europeo o l’area di interdizione (diritto di veto) delle decisioni europee da parte di un Governo nazionale.
Pur considerando la formale uguaglianza degli Stati davanti ai trattati (art. 4 TUE), è evidente che le elezioni legislative in un Paese fondatore come l’Italia – considerato uno dei tre grandi, dopo la Brexit, che intrattengono fra di loro relazioni speciali – sono destinate a incidere sul processo decisionale europeo anche se esso ha sviluppato nel tempo capacità politiche per frenare le pulsioni nazionaliste dei Paesi che tendono a deviare dalla “retta via europea”.
Come ha affermato il presidente del Consiglio Mario Draghi nella sua ultima conferenza stampa prima delle elezioni legislative del 25 settembre, il futuro Governo italiano - che trarrà la sua legittimità “in entrata” dalle urne - dovrà riflettere attentamente sulle scelte europee quotidiane, sulla interdipendenza fra interessi nazionali e interesse europeo, sull’influenza delle alleanze per giungere ad accordi o per impedire la formazione di accordi che contrasterebbero con l’interesse nazionale (che non sempre coincide con l’interesse di tutti).
Nel rispetto della natura plurale del Movimento europeo – la cui ragion d’essere ha le sue radici nella Resistenza al fascismo e che si è sviluppato con il contributo delle culture politiche dell’universalismo popolare, dell’internazionalismo socialista e del cosmopolitismo liberale arricchite dalla cultura ambientalista – non daremo indicazioni di voto, fatta salva la sollecitazione a esercitare il diritto elettorale che è anche un dovere civico.
Vogliamo però constatare che, anche per questa tornata elettorale, 5 milioni di potenziali elettori rischiano di finire involontariamente tra gli astenuti e che risultano residenti nella loro città di origine ma domiciliati temporaneamente in altri luoghi. Per votare dovranno rientrare nel comune in cui sono iscritti alle liste elettorali ma moltissimi saranno costretti a rinunciare al loro diritto per difficoltà logistiche o economiche che rendono difficili se non impossibili gli spostamenti. Basterebbe applicare il voto a distanza come per i cittadini all’estero, che è infatti previsto in tutti i Paesi europei tranne per l’Italia, Malta e Cipro.
Attiriamo ora l’attenzione delle elettrici e degli elettori sulle priorità che dovrebbero emergere dal voto e nel programma del nuovo Governo, prendendo l’impegno di promuovere rapidamente alla Camera e al Senato ma anche nei poteri regionali e locali la costituzione di una rete parlamentare di ispirazione federalista ed europeista che si impegni a dare un seguito concreto alle priorità da noi indicate.
Pensiamo in primo luogo alla ripresa economica e sociale per garantire beni pubblici e una prosperità condivisa da tutti coloro che vivono nell’UE affinché nessuno resti indietro (no is left behind).
L’obiettivo da raggiungere entro il 2024, difendendo il valore aggiunto e le regole che sono state adottate per creare il piano europeo Next Generation EU, è quello di gettare le basi di un bilancio genuinamente federale come bene europeo che si preservi nel tempo (si potrebbe chiamare un safe asset europeo) finanziato da vere risorse proprie e da titoli di debito pubblico o bond europei per sviluppare politiche comuni a dimensione transnazionale evitando fenomeni come il tax dumping.
Per far questo occorre andare al di là dell’attuale modesto quadro finanziario europeo 2021-2027 e autorizzare con una decisione dei Capi di Stato e di Governo il Consiglio ad adottare un nuovo quadro finanziario 2025-2029 di comune accordo con il nuovo Parlamento europeo eletto a cui riconoscere contestualmente il potere di codecidere sulle entrate.
Occorre poi creare le condizioni di una “unione dell’energia” e una “unione della politica industriale” con particolare riferimento alle PMI secondo le linee direttrici che sono state indicate nel discorso sullo stato dell’Unione da Ursula von der Leyen, anche nell’attuazione di quelle promesse misure di sostegno in chiave solidaristica con la tassazione degli extraprofitti realizzati in questi mesi di crisi da parte dell’Unione da erogarsi immediatamente ai cittadini e alle imprese in difficoltà.
Rientra in questo quadro il tema della autonomia strategica dell’Unione europea e l’obiettivo di una vera e unica politica estera e di sicurezza che includa una difesa comune, rafforzando la linea europea adottata dal 24 febbraio dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina, la politica delle sanzioni e l’indipendenza energetica a cui si unisca la ricerca di una pace duratura con l’intervento dell’UE in quanto tale al tavolo del negoziato e la prospettiva di un accordo Helsinki-2 nel quadro di una Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa.
È necessario e urgente dare piena attuazione al piano di azione sociale adottato a Porto nel maggio 2021 come follow up del Pilastro Sociale di Göteborg del 2017, nel quadro di un Social Progressive Protocol, che diventi parte integrante del Trattato di Lisbona e che comprenda una politica di inclusione dei migranti da Paesi terzi al fine di superare la logica dei muri e costruire un’Europa che accoglie e che sia all’altezza dei suoi valori che devono essere rispettati da tutti.
La quarta priorità è quella della transizione ecologica a partire dagli orientamenti del Green Deal europeo e dalle proposte legislative Fit for 55 per giungere alla carbon neutrality, accelerando i tempi inizialmente previsti al decennio 2030-2040, mettendo l’accento sull’economia circolare e includendo una politica agricola e alimentare sostenibili.
Last but not least, la quinta priorità riguarda la difesa dello Stato di diritto e del primato del diritto europeo senza la quale l’azione esterna dell’UE e la lotta alle autocrazie nel mondo perderebbero ogni credibilità.
La piena applicazione dell’art. 7 del Trattato di Lisbona appare in questo spirito essenziale e sarà il segnale inequivocabile della volontà dell’Italia di voler sostenere sul continente europeo i valori di una comunità di destino con i Paesi candidati all’adesione e con gli altri Stati europei.
Noi riteniamo infine che la rete federalista delle elette e degli eletti dovrà agire per cercare in Europa le alleanze necessarie affinché l’obiettivo di un’Europa democratica e solidale, rispettosa dell’ambiente e impegnata alla ricerca e al mantenimento della pace nel mondo passi attraverso l’impegno costituente del prossimo Parlamento europeo eletto per andare al di là del Trattato di Lisbona firmato nel 2007 dando spazio agli strumenti innovativi di democrazia partecipativa della Conferenza sul futuro dell’Europa.
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